martedì 18 novembre 2008

Un orsacchiotto mi protegge, II

Sono in balcone, nel balcone-terrazzino dello studio. In piedi, che guardo il panorama; sto fumando una sigaretta. Con me c'e' un ragazzo. Giovane, sui venti anni, lunghi capelli castani lisci, occhi azzurri chiarissimi, porta il pizzetto. Mi guarda, in silenzio. Do l'ultima boccata alla sigaretta e la schiaccio nel posacenere sul tavolo, poi rientro nello studio, seguito da questo ragazzo.
Non so chi sia, ma mi da un'impressione familiare. Sul divano c'e' mio padre, seduto, che guarda la televisione. Non mi guarda nemmeno, mentre mi avvicino al tavolino, dove c'e' il mio pc portatile aperto ed acceso, pero' scambia uno sguardo d'intesa con il ragazzo dietro di me.
Interrompo il salvaschermo del portatile e metto la mia password, riaprendo la sessione; da quello che vedo davanti a me c'e' Firefox aperto, con l'homepage del blog aperta, ma non appena ho questa fugace visione, giro il desktop virtuale e comincio a digitare tasti su un terminale ssh aperto sul server dell'ufficio. Comincio, ma subito il ragazzo mi interrompe.
Ragazzo: "Ma c'e' copertura bluetooth in questa zona? Si puo' fare qualcosa?"
Lo guardo.
Ragazzo: "Prima ho provato a cercare delle periferiche, ma non trovo nulla a cui agganciarmi..."
Io: "No, scusa. Aspetta, in che senso?"
Ragazzo: "Copertura bluetooth, per allacciarsi ad altri telefoni cellulari, auricolari, computer..."
Io: "Si, ho capito cosa intendi, ma per fare cosa?"
Ragazzo: "Ma poi scusa, c'e' il bluetooth integrato sul tuo portatile?"
Io: "Ho un dongle usb, ma per farci cosa, non ti capisco?"
Si avvicina, guardando lo schermo del portatile.
Ragazzo: "E poi perche' non ti sei installato la Nokia PC Suite? Cosi' magari ti..."
Io: "Ma di che cosa stai parlando, scusa? E che ti frega del mio computer..."
Ragazzo: "Ma che razza di versione di Windows c'e' installata? Non hai Vista?"
Sto per dargli una rispostaccia, ma il portatile, come se avesse sentito e deciso ad agire di sua iniziativa ruota ancora lo schermo virtuale con l'effetto di compiz e mostra uno sfondo nero con un pinguino e la scritta "Linux". Il ragazzo guarda esterrefatto e un tantinello nauseato, pronto a partire per darmi una qualche lezione di informatica di serie Z che non ho richiesto, quando giunge la voce di mio padre dal divano:
Padre: "Lascialo stare, che ne sa molto piu' di te."
E' rivolto al ragazzo, che si allontana da me come se fossi improvvisamente divenuto radioattivo, poi sorride e si avvicina alla libreria.
Chiudo il coperchio del portatile con uno scatto, provocandone l'ibernazione, ed esco nuovamente in balcone perche' ho bisogno di respirare, prima di sbottare in un commentaccio. Sento mio padre che spegne la televisione e si alza. Mi raggiunge in balcone, assieme al ragazzo (che gli si avvicina) e si siede al tavolo, mentre io guardo in direzione della saracinesca del mio ufficio. Sembra mezzogiorno inoltrato: il sole e' alto, ma non c'e' molto caldo, anche se sono vestito in maniche corte.
Mi giro, e guardo mio padre, che mi sorride. Sembra piu' giovane di quanto mi ricordi.
Padre: "E' quasi ora di pranzo, fra poco sara' il caso di preparare qualcosa."
Ragazzo: "Se volete ci penso io a fare un po' di pasta..."
Io: "No. Siamo in casa mia: ci pensiamo noi."
Mentre dicevo quel no, appaiono altri due ragazzetti al balcone. Uno e' alto quasi due metri, e mi guarda con profondi occhi neri; l'altro e' basso, e sorride impercettibilmente. E' a loro due che mi riferisco quando ho detto "noi". Mio padre li guarda con circospezione.
Padre: "E questi due chi sono?"
Ragazzo Basso: "Siamo i cugini di Mirko"
Padre: "Cugini?"
Non rispondono. Il ragazzo basso continua a guardare mio padre e il ragazzo, che li osserva incuriosito, mentre il ragazzo alto mi guarda e mi offre una specie di occhiata d'intesa. E' come se mi avesse fatto l'occhiolino, ma non mi ha schiacciato l'occhio. Sono io che riprendo, indicando anzitutto il ragazzo basso piu' vicino a mio padre, mentre quello alto si avvicina a me.
Io: "Quello e' Lucky, e questo invece e' Peter... Comunque dicevo quando volete prepariamo un piatto di pasta, e vediamo che cosa c'e' in frigo per organizzare un po' di pranzo."
Lucky rientra nello studio, e si mette ad osservare i quadri, come se fosse in attesa di qualcosa, mentre Peter mi si avvicina e mi mormora quasi all'orecchio senza farsi sentire le parole "mano destra".
Guardo distrattamente la mia mano destra: mancano sia l'orologio che l'anello del nonno, repentinamente alzo la mano e mi gratto la testa, sentendo la pelata particolarmente liscia, come se mi fossi rasato quella stessa mattina. Mi rendo conto che manca anche la catenina d'argento al collo, tuttavia noto che dai bottoni aperti della polo che indossa mio padre, appare la croce bianca e azzurra attaccata alla catenina d'argento che ha sempre portato.
Il ragazzo "con" mio padre rientra nello studio, e mio padre si alza e lo segue. Guardo Peter, che sorride, e gli sussurro che ho capito.
Nello studio guardo mio padre, che si e' avvicinato anche lui alla libreria: all'improvviso si avvicina dietro il televisore, si inginocchia e apre lo sportello dello stipo dietro la tv, cominciando a tirare fuori videocassette e scatoloni pieni di lampadine, doppie spine e boiate varie.
Prima ancora che possa chiedergli che sta facendo, e' lui che mi dice:
Padre: "Questa libreria e' sempre in disordine..."
Io: "Hai intenzione di metterla a posto adesso? E' quasi ora di pranzo... Anzi, perche' non andate a vedere in cucina che cosa si puo' preparare?"
Lucky e Peter (mi ero rivolto a loro) escono dalla stanza senza battere ciglio, mentre il ragazzo con gli occhi azzurri si avvicina a mio padre.
Ragazzo: "Perche'? Cosa c'e' di male? Ogni tanto bisogna mettere in ordine..."
Io: "Non mi interessa: non sei piu' in casa tua."
Padre: "Come? Non ti permettere!"
Mio padre gira la testa, mi guarda con un misto di odio e stizza, poi apre una scatola con una serie di pezzi di filo elettrico, prolunghe varie, portalampada e lampadine di ricambio, da cui comincia sistematicamente a togliere tutto il contenuto. Noto che all'interno della scatola c'e' molta polvere, addirittura delle scaglie bianche che sembrano calcinacci.
Io: "Tu non sei mio padre."
Ragazzo: "Non far precipitare le..."
Io: "(Lo interrompo) Tu non sei mio padre, ti ho detto. Tu sei morto dieci anni fa. Ne hai fatti di sbagli, anche con me forse, ma questo non e' ne' il luogo ne' il momento per rimediare. Se fossi veramente mio padre, cercheresti di mettere in ordine le cose storte che ci sono state fra di noi, anziche' questa libreria..."
Sono calmo, ma estremamente risoluto. Mio padre s'interrompe. Mi guarda, seduto per terra e circondato da fili elettrici, lampadine, carte e ciarpame vario. Mi guarda sempre con stizza, e poi parla anche lui con tono risoluto.
Padre: "Tu non sei come ti volevo"
Io: "Oh, gia'. E come mi volevi? E' forse questo ragazzo il figlio che non hai avuto? Studioso, giudizioso, posato, gentile e servizievole... era questo che mi volevi mostrare? Certo, certo..."
Padre: "Ma smettila, lui non c'entra..."
Io: "Chi e' lui? Chi siete voi?"
Padre: "Io sono tuo padre!"
Io: "Smettila. Ti ho detto che sei morto da dieci anni. Morto, non partito per un altro viaggio in Argentina. Un tumore ti ha portato via. E' tutto quello che mi sai dire dopo dieci anni? 'Io sono tuo padre'... mi hai preso per scemo? Bella idea che ti sei fatta di tuo figlio. E chi e' questo ragazzo. Voglio la verita'!"
Mio padre si ammutolisce, e piega la testa verso il basso. Il ragazzo ora comincia a guardarmi dall'alto in basso, e sfodera un tono di sfida eccezionale.
Ragazzo: "Io sono il tuo Angelo Custode."
Io: "Il mio? Forse vorrai dire il *suo*..."
Indico mio padre, a terra in silenzio. Il ragazzo alza le spalle.
Ragazzo: "E se anche fosse? Che cosa puoi farci?"
Io: "Peter, Lucky..."
Ho pronunciato quei due nomi con tono di voce normale (come se parlassi tra me e me, anziche' chiamarli) ma i due ragazzi caracollano dentro lo studio come se avessi messo loro il pepe al cu%o. Mi allontano da mio padre, in direzione del centro della libreria. Lucky si avvicina a mio padre, mentre Peter blocca la porta dello studio che il ragazzo ha appena cercato di raggiungere in un moto di paura.
Io: "Che posso farci? Se tu sei il suo angelo custode, e dato che questo non e' mio padre, lascia che io ti presenti i miei spiriti guida."
Indico i due ragazzi, che sono fermi entrambi a braccia conserte, sorridenti e rilassati come se niente fosse.
Mio padre alza la testa, e' pallido, sembra invecchiato di almeno dieci anni.
Padre: "Per favore, Mirkuccio"
Io: "Piantala, Enzo: sei patetico"
Comincia a singhiozzare.
Padre: "Non mi chiami... papa'?"
Io: "Se fossi veramente mio padre, sapresti appunto che ho sempre chiamato mio padre per nome. Enzo, e non papa'... sei un bugiardo."
Diventa bianco, e comincia a guardarmi con gli occhi spiritati di sangue.
Io: "Non mi fai paura."
Sono calmo, e molto tranquillo. Sto per chiamare Peter, per chiedergli di intervenire, quando noto lo sguardo carico d'odio anche del ragazzo vicino alla porta.
Ma e' una frazione di secondo, poi lo sguardo diventa di sgomento: una possente zampa bianca lo colpisce al centro dello stomaco e lo sbatte con violenza contro la parete a sinistra del divano. Colpisce la parete e rimbalza come un bambolotto finendo per terra. La parete e' macchiata di sangue ed ammaccata vistosamente per la botta tremenda che ha ricevuto. Accanto a me, alla mia sinistra, dove c'era il ragazzo alto, appare un maestoso e gigantesco orso polare, bianco, lungo almeno tre metri ed alto piu' di un metro e mezzo. Sta sulle quattro zampe e mi guarda con una certa soddisfazione.
Mi giro di nuovo verso mio padre, il cui corpo sembra vivere un degrado non dissimile alla malattia che lo ha portato via, ma che avviene ad una velocita' mostruosa. Diventa sempre piu' bianco, sempre piu' emaciato e calvo, ma gli occhi iniettati di sangue continuano a fissarmi, sebbene sembra che delle lacrime cerchino di solcare le sue guance.
Io: "Ti ho detto che non mi fai paura!"
In uno spettacolo mostruoso vedo il volto e le braccia di mio padre consumarsi fino all'osso. Nel giro di una decina di secondi sono davanti ad un teschio con un lembo di carne, e due occhi sorcini iniettati di sangue che mi puntano.
Io: "Non mi credi, eh? Lucky, ci pensi tu?"
A sinistra, accanto al televisore, al posto del ragazzetto basso e sorridente c'e' un orso bruno che deve pesare almeno 200kg, ma che mi guarda sorridente. Poi mi parla.
Lucky: "Si, certo che ci penso io..."
Di mio padre sparisce la pelle e gli occhi sgocciolano via come in una scena splatter da film horror di serie D. Uno scheletro riempie un paio di pantaloni ed una maglietta polo, e muove improvvisamente la mascella rivolgendomi la parola. In realta' piu' che parlarmi, sento una voce nella mia testa, come se fosse telepatia:
Padre: "Come lo hai capito?"
Io: "L'anello del nonno... di tuo padre, se fossi stato il mio vero padre. E se fossi stato il mio vero padre sapresti anche perche' la nonna me lo ha regalato, dato che glielo chiedesti tu. Io non sto portando l'anello del nonno, sebbene non lo tolga neppure per dormire... Ma lo ammetto: non l'ho capito subito. Lo devo ai miei due spiriti guida, che vegliano sempre su di me come molti altri. Questo e' un sogno, e tu e quell'altro s%%%onzo siete lo spirito di un incubo, che i miei orsetti hanno voluto far passare per farci divertire tutti un po'."
Lucky: "Ma forse abbiamo sbagliato: non ci aspettavamo che avrebbe puntato ad attaccare la famiglia per renderti piu' vulnerabile, comunque adesso ci pensiamo noi. Tu svegliati che e' tardi e fra poco devi andare a lavorare."
Una zampa marrone scuro ben fornita di unghie afferra e sbriciola lo scheletro, mentre l'orso polare si avvicina inesorabilmente al ragazzo che sembra dare ancora qualche minimo segno di vita. Mi guardo intorno soddisfatto e poi chiudo gli occhi.

Apro gli occhi. Sono le sei meno venti di mattina, e sono nella mia camera da letto. Sotto il mio braccio sinistro c'e' la calda e morbida figura di Lucky. Accendo la luce, poi mi siedo sul letto.
Guardo Lucky, gli solletico il pancino, mi alzo e infine gratto il mento di Peter, che mi guarda pacioso, seduto sul comodino.
Io: "Questa volta, parola mia, vi siete meritati un premio. Ma roba da lasciare qui un barattolo di miele tutto per voi! Grazie, ragazzi: siete stati semplicemente mitici!" (-:
Ditemi quello che volete: che sono pazzo, che sono infantile, che ho serie carenze affettive... non mi interessa niente. (((-:
Io mi sento tranquillo solo se un orsacchiotto dorme insieme a me, e questa e' l'ennesima prova che ho bisogno di tenere certi spiriti maligni lontani dai miei sogni: ci sono volte che non basta evitare la peperonata con ripieno di bagnacauda a cena per evitare sogni del genere...

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