lunedì 27 settembre 2010

Un orsacchiotto mi protegge, VII

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Sono seduto. Sembra una sedia piuttosto ordinaria, di quelle che troveresti in una qualsiasi cucina di fascia media o medio-bassa.
Ma sono seduto sul marciapiede. Siamo sul ciglio della strada. Un po' come quello che avviene nelle serate dei paesi siculi, in cui si cerca un minimo di refrigerio anche in questo modo, ma un po', anche perché dall'illuminazione sembra piuttosto pomeriggio inoltrato (ma non quasi al tramonto).
C'è qualcuno sulla mia destra. Quasi accanto a me, una figura irreale della quale percepisco l'ombra. Non sto guardando questa persona: guardo per strada le sparute auto che passano dalla strada, o uno sparuto gruppetto di ragazzini (12-14 anni) che su questa strada così poco trafficata stanno giocando.
Li osservo perché qualcosa di strano sta avvenendo: non riesco ad identificare il loro gioco (sembrerebbe che stiano tirando quattro calci a un pallone, ma sono lì che urlano e si inseguono senza che ci sia nessun pallone fra di loro).
Chi mi sta accanto (lo "SConosciuto") mi rivolge la parola, e cominciamo questa lunga dissertazione.
SC: "Cosa c'è che ti lascia così perplesso?"
Io: "Loro, ovviamente"
SC: "Non hai mai visto dei ragazzini che giocano? Ma scusa, non sei tu quello che dice sempre di essere un gran giocherellone?"
Io: "Sì, ma se dovessi gestire una cosa del genere, sarebbe probabilmente una scenetta di meno di un minuto per far impazzire qualche amico: 'ehi, che c'è: non vuoi dare anche tu due calci al pallone?', 'Ma quale cazzo di pallone? Ma siete scemi voi o sono orbo io?'"
SC: "Adesso che c'entra il pallone? Non vedi che cosa fanno?"
Mi giro verso il mio lato destro, ma non appena comincio a farlo ne ottengo una sensazione molto sgradevole, e subito provo una paura incontenibile di ciò che ci può essere sulla mia destra. Abbasso lo sguardo e cerco di ritornare a guardare avanti a me, ma ormai ho intravisto un paio di gambe e piedi vicino a me, sulla destra. Anzi no, non sono delle gambe o dei piedi, ma piuttosto delle gigantesche zampe. Brutte, nere, pelose, sporche, storte, inquietanti. Qualcosa di mostruoso è accanto a me: adesso ne ho il sentore, ma non ho il coraggio di guardarlo e ora, che ne ho visto solo un breve tratto, non so se ho il coraggio di scappare. Sento il cuore che comincia a battere più forte. Cerco di concentrarmi sui ragazzini che giocano. L'immagine appare sfocata per qualche istante (ma l'impressione che ho è che sia stata la scarica di adrenalina per la vista di quella mostruosità ad annebbiarmi per qualche istante la vista), ed in quel frangente mi rendo conto che non riesco a delineare bene la figura di ciascuno di quei bambini. L'impressione è che ogni volta che provo a guardarne uno in faccia, la mia vista venga deviata da qualcosa di più importante, non riuscendo a focalizzarsi su un punto comune. Gli stessi vestiti: quando cerco di guardarne un singolo ragazzino, appare vestito con una felpa verde, jeans, sneakers bianche e nere. Gli altri mi danno l'impressione di abiti diversi (anzi, ho anche l'impressione che siano maschi e femmine), ma quando provo a soffermare la mia concentrazione su qualcun altro dei ragazzini, gli abiti che vedo sono sempre la medesima felpa, i medesimi jeans e le medesime sneakers.
Cerco di rilassarmi, e di lasciare che il cuore mi ritorni a un regime di battito normale. Tutto questo credo che sia durato pochi secondi, perché chi mi è accanto ricomincia a parlare subito, mentre io stendo le braccia in alto, poi mi porto le mani al collo e mi gratto la nuca.
SC: "Tu sei troppo nervoso. Rilassati. Pensi che succederà qualcosa di brutto?"
Io: "Non posso saperlo, ma ovviamente ritengo che no, non succederà niente di particolare. Perché me lo chiedi? C'è forse qualcosa che fa paura a te?"
Ho sentito un tono di voce strano in quest'ultima domanda del tizio, ed ho cercato di approfondire. Soprattutto perché grattandomi la nuca ho sentito la catenina al collo, ma poi nel tirare giù le mani ho intrecciato le dita e mi sono stiracchiato le braccia, accorgendomi sin da subito di una cosa.
SC: "A me? Nulla. E a te? Quali sono le tue paure intrinseche?"
Io: "Perché dovrei dirle a te?" Stendo il collo verso l'alto. Intravedo a malapena il tetto dell'edificio che c'è alle mie spalle (deve essere praticamente alto solo quanto il primo piano e finisce subito) e sopra di noi il cielo appare molto nuvoloso e con degli strani riflessi giallo-rossicci molto lontani.
Io: "Non mi hai risposto. Perché dovrei dirti quali sono le mie paure intrinseche? Perché vuoi sentire che io magari ho paura di morire, oppure di essere un pessimo genitore, o più semplicemente..." riporto gli occhi al cielo "... che magari ho paura del buio?". Il cielo sembra essersi portato su un maggior numero di riflessi giallo-rossicci, come se si avvicinasse il tramonto. Faccio un respiro profondo, cerco di rilassare il mio corpo e la mia mente, stendo il mio braccio destro sul torace, e succede. I ragazzini che giocano fanno molto rumore, e anche quando si fanno un po' di lato e passa una macchina c'è molto rumore, ma io lo stesso in lontananza sento, come un suono di sottofondo, quello che c'è veramente, e sotto la mano destra non c'è nessuna sensazione finché non faccio un altro respiro profondo e mi alzo di colpo dalla sedia. Ora qualcosa c'è. (-:
SC: "Che minchia stai facendo?"
Io: "O magari pensi forse che io possa avere paura di te, non è vero?"
Mi giro di scatto, e guardo fisso sulla mia destra. La sensazione di paura, di disagio, di cuore in gola ritorna fino in fondo, ma io guardo lo stesso. C'è una persona, un uomo che appare quasi normalissimo. Indossa un paio di pantaloni a frange nere e capisco che l'immagine delle brutte zampacce pelose era stata solo un'impressione. Il tizio mi guarda con stizza, dall'alto in basso.
SC: "Qual è la cosa che più ti mette a disagio? Non vuoi dirmelo?"
Io: "Perché tu ci faccia qualcosa per rendermi più nervoso, più preoccupato, magari più impaurito? Scoprila."
In questa fase il vociare dei ragazzini si è interrotto. Faccio di nuovo un respiro profondo, ma sbuffo via l'aria dalle narici con un'espressione minacciosa. Poi mi giro di nuovo verso la strada. Verso i ragazzini che giocavano.
Tutto avviene in un attimo: sto ancora ruotando la testa e il busto in direzione di quel punto della strada, quando lo vedo.
Uno dei ragazzini ha in mano un grosso revolver. Lo punta in alto e spara un colpo. Un rumore secco molto forte scuote l'aria: tutti gli altri ragazzini sobbalzano, poi fanno in coro un urlo di giubilo. Osservo la scena surgelato: molti altri ragazzi stanno tirando fuori delle pistole, e nel giro di pochi istanti cominciano anche loro a sparare in aria.
Io: "Beh, sì. Trovarmi di fronte a delle armi da fuoco mi fa sentire un po' a disagio, ma non credo che dei ragazzini che sparano a salve dovrebbero inquietarmi..."
Quasi come a risposta, il ragazzino che ha sparato il primo colpo di pistola abbassa il revolver e spara un altro colpo in direzione di una ragazzina che ha alla sua sinistra. La ragazzina, colpita in pieno volto, si accascia a terra in una pozza di sangue. Tutti gli altri ragazzi stanno continuando a sparare con diverse armi. Il rumore sembra quello di un inquietante uscita di santo, anzi, comincia a crescere di intensità. Una ragazzina punta nella nostra direzione una Desert Eagle cromata, la sua pistolettata risuona così violenta da farmi sobbalzare, e inoltre ho sentito chiaramente il proiettile sibilarmi a pochi centimetri dall'orecchio sinistro. Mi giro di nuovo in direzione dello sconosciuto.
Io: "E questo cosa significa?"
I colpi di pistola che risuonano nella strada diventano insopportabili. Ogni volta che una pistola tira un colpo, risuona come una cannonata: i timpani mi saltano ad ogni colpo, sento le orecchie che mi fischiano fastidiosamente. Cerco di tapparmi le orecchie, ma non riesco a muovere le braccia. Adesso la strada risuona di colpi sempre più forti e vicini. Appare come un lungo tuono. Guardo ancora lo sconosciuto.
Io: "Smettetela, altrimenti dovrò fare qualcosa che non ti piacerà."
I colpi si interrompono per qualche secondo, mentre lo sconosciuto mi dice solo una frase:
SC: "E che cosa vorresti fare?"
Ricomincia la sparatoria. Ogni colpo è sempre più forte. Le orecchie mi fanno male, e sento un fischio costante e molto fastidioso. Quasi mi gira la testa, ma punto un piede in avanti.
Io: "E se tutte le armi improvvisamente si inceppassero?"
Sto guardando lo sconosciuto con un'espressione di puro odio, e dopo una frazione di secondo improvvisamente il rumore delle pistolettate diventa un debole ticchettio di armi scariche. Poi sento le voci di alcuni dei ragazzini, e mi giro verso di loro.
Quattro di loro giacciono a terra, c'è molto sangue. Tutti i ragazzi in piedi (alcuni sanguinano dalle braccia) stanno guardando le loro pistole come se fossero delle sculture di arte moderna.
Io: "Oppure quelle armi potrebbero diventare qualcosa di più interessante!"
Stendo il braccio sinistro in avanti, indicando il gruppetto di ragazzini che adesso comincia a scappare verso sinistra, raggiungendo il fondo della strada. I ragazzi a terra e il sangue sono spariti. Anche le pistole sono sparite, e al loro posto adesso ci sono dei serpenti che inseguono il gruppetto.
SC: "Ma come hai...?"
Io: "Fatto? Semplice. Già da un pezzo sapevo che questo era solo un sogno. E come tale, so che mi basta poco per riprenderne il controllo. Perché voi spiriti degli incubi continuate a fare sempre gli stessi errori."
SC: "Ma tu non eri..."
Io: "So che dovrei crescere, ma per ora mi rilassa molto dormire con un bell'acchiappasogni. Anche se talvolta mi scappa via. Perché voi incubi ne avete una fifa fottuta, e pur di non rischiare l'aggressione fate ogni genere di cazzata. Questa però è stata proprio stupida, lasciatelo dire."
Stendo il mio braccio destro davanti a lui, lo giro e oscillo le dita.
Io: "E poi che spacchio sei? Non lo vedi? Niente orologio, e niente anello del nonno. Ma che cosa ti sei messo in mente quando sei venuto a trovarmi nel mio subconscio? Non me li tolgo mai: in questo momento sto dormendo indossandoli entrambi! E dire che quando ho sentito la catenina al collo ancora ancora stavo per convincermi che questo non fosse un sogno."
Lo sconosciuto sembra assumere un'espressione contrita, nervosa.
SC: "Non finisce qui, anche io ho il controllo..."
Io: "Sì, il controllo di questi ciufoli in carriola!"
Punto di colpo le mani in avanti, lo spostamento d'aria che ho generato con questo gesto è così amplificato che fa cadere a terra lo sconosciuto, ma sbilancia anche me, che faccio due passi e mi sento cadere in avanti.
E così che mi sveglio. Mi ritrovo sul lettone della camera di Cadine. Sono in una posizione molto scoordinata: prono, impastato fra le coperte, con le gambe storte e il braccio destro steso verso il lato opposto del letto. Apro gli occhi, ma l'oscurità è ovviamente totale. Il rumore della pioggia battente mi colpisce le orecchie dopo qualche istante, mentre i sensi si riprendono. E dopo qualche altro istante un tuono basso, lungo e profondo scuote la notte. Nonostante l'oscurità mi rendo conto che la mano destra è andata a riprendere la zampina di Rafael: durante la notte sono riuscito ad allontanarlo (ma non a buttarlo giù dal letto: semplicemente lo ho spinto sull'altra "piazza" del lettone) ma quando sognavo e cercavo di trovare un punto d'appoggio, dovevo essere in uno stato di dormiveglia sufficiente per stendere il braccio e ravanare cercandolo.
Stendo a sinistra la mano e trovo il comodino, con l'interruttore della abat-jour. Poi guardo sulla mia destra il "piccolo" (ehm, si fa per dire) orsetto cui tengo ancora la zampa destra con la mano. Mi rialzo, sistemo un po' meglio le coperte, mi riavvicino il pupazzo, e poi spengo la luce di nuovo, mentre un altro tuono risuona molto più forte e vicino a casa. Poi ci penso, e do un buffetto sul muso dell'orsacchiotto, commentando: "non ti preoccupare. Anche se ti ho allontanato e ho quindi fatto avvicinare quello spirito maligno, sono riuscito a tenere la situazione sotto controllo lo stesso. E se ci sono riuscito è stato anche perché tu comunque mi stavi vicino. Buona notte, Rafael: vedrai che adesso saranno solo sogni d'oro".
La funzione di acchiappasogni dell'orsacchiotto di peluche è un po' più sottile di quella del classico giocattolino indiano, tanto che mi sono sempre chiesto che cosa succederebbe a tenere un bell'acchiappasogni in prossimità della finestra e con piantato davanti un bell'orsacchiotto di peluche di quelli con spiccate capacità anti-incubo (tipo il mio preferito per questa attività, il coraggiosissimo Lucky): sono sicuro che gli spiriti maligni invischiati nelle trame di quel cantro si troverebbero anche terrorizzati dalla presenza del pupazzo per tutta la notte, fino all'alba. Ma vedete, non so se riuscirei a fare una cosa del genere: mi diverto con gli incubi, quando vanno a finire così, e forse un giorno crescerò e la smetterò di credere che un piccolo pupazzo di peluche possa avere funzioni così elevate. Anche perché lo so che non è così: è solo un palese effetto placebo. Ma so anche che ogni sera quando sto per addormentarmi, avere la possibilità di strizzare, smauzzolare, coccolare e consumare un peluche mi aiuta tantissimo a scaricare la tensione nervosa accumulata durante il giorno, e mi fa sentire bene con me stesso (d'altronde, come contrasto, io adoro coccolare ogni animale, e i cani di moltissimi miei amici ne sanno qualcosa, dato che generalmente sono io che faccio le feste al cane di casa, prima che sia lui a farle a me).
Anche se crescerò, comunque, questi piccoli aneddoti resteranno comunque nel mio cuore, a ricordarmi un momento un po' particolare della mia vita. (-: