domenica 24 ottobre 2010

Fumatrici inca...te: "lli" o "zza"? (-:

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Capisco che bisogna mettere dei messaggi sulle confezioni dei tabacchi da fumo, e capisco che spesso questi messaggi sono precaricati sulla macchina tipografica che stampa le confezioni, e vengono quindi fuori senza una logica ben precisa, ma...
... con tutta la buona volontà, di persone incinte che fumano ne ho viste, ma sono sicuro che se mai incontrassi una tizia col pancione che si spippa un toscanello quattro paroline non molto dolci gliele direi... anche se non ci fosse scritto sulla scatola.

lunedì 18 ottobre 2010

Un orsacchiotto mi protegge, IX

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Sera. Siamo un gruppo di amici, sul balcone dello studio di casa mia.
Il gruppo di amici è molto eterogeneo (oddio, in realtà ci sono molte persone, compresa mia madre, ma a parte lei so di conoscere tutti gli altri, ma nessuno di essi è uno dei miei amici "classici". Tuttavia è presente un ragazzo basso che ho già visto altre volte: in altri sogni. Appena mi giro verso di lui durante la discussione mi fa l'occhiolino e con un gesto molto leggero si indica la mano destra. Guardo la mia mano destra, e mancano anello ed orologio: alle solite... Uno sguardo d'intesa e lascio che la discussione scorra. Da quel momento sulla sedia del ragazzo basso, io vedo solo Lucky, pacioso, che ascolta con interesse tutta la discussione.
Stiamo parlando di una storia. Non so bene se sia un film, o un fatto reale del periodo della guerra, sta di fatto che mentre parliamo di questa storia, davanti ai miei occhi scorre la ricostruzione di questa storia come se fosse un film. Fisicamente un film, dato che vedo come personaggi principali della vicenda Massimo Troisi e un attrice italiana che ha il volto molto noto ma della quale proprio non mi viene il nome.
La vicenda è questa: si parla di un paesino da difendere durante gli attacchi tedeschi. Questo paesino, di qualche striminzita provincia siciliana, è famoso per la presenza di alcuni cannoni molto precisi e micidiali.
L'attrice si presenta in paese, di notte, dicendo d'essere un'esperta in bocche da fuoco, mandata da un gruppo di partigiani per cercare di sostenere la difesa del paesino in prossimità di una possibile liberazione dall'invasore tedesco. Troisi (in realtà nel sogno costui ha un altro nome, ma non me lo ricordo), invece è venuto la stessa notte portandosi da solo quattro compatte bocche da fuoco, e i due si sono incontrati in campagna vicino alle mura fortificate. La ragazza spiega il motivo per cui è lì, ma chiede al giovane per quale motivo stia faticando tutta la nottata trascinandosi quei compatti cannoni da almeno una quarantina di chili l'uno, per tutta la campagna notturna.
La risposta di Troisi lascia senza parole: il paese non ha mai avuto nessun cannone a baluardo di difesa. Le immagini rubate dalle spie tedesche durante le notti d'estate sono state di... tronchi d'albero cavi dipinti di scuro e posizionati come cannoni lungo le mura fortificate fuori città. Era una manovra psicologica, ma ora che il pericolo si fa reale, lentamente sono stati fatti arrivare dei pezzi d'artiglieria in bronzo e ferro, compatti ma funzionali.
La scena continua: i due si sono incontrati di notte, ma in realtà non è proprio notte inoltrata (saranno appena le 22, forse le 22:30) per cui i due dopo aver lasciato i cannoni e fatto amicizia, prima di cominciare a montarli, per superare il freddo della sera vanno nella vicina osteria e si fanno lasciare una fiaschetta di vino. La scena successiva vede Troisi che guarda la ragazza mentre posiziona uno dei cannoni lungo la base di un muro come se pesasse un grammo (ma per mezzo di un sistema di corde e contrappesi sapientemente ben fatto, a piena dimostrazione che non solo sa il fatto suo, ma soprattutto che effettivamente è l'esperta di armi che dice d'essere).
Troisi a questo punto l'avverte, con la voce vagamente impastata dall'alcol, che non è sicuro della funzionalità di quei pezzi d'artiglieria: -Il sindaco li ha fatti venire da Messina, e dopo ha ordinato i proiettili, ma al momento non si ricorda manco se c'è una corrispondenza della... oddio... dimensione dell'interno.
Il giovane barcolla un po' mentre la ragazza solleva la fiaschetta e si ingola una robusta dose di vino, prima di rispondere con la voce ancora più impastata: -Il calibro, eh? E allora lo proviamo.
Vedo l'immagine di un piccolo cannone inquadrato dall'alto; un affare a retrocarica di un calibro ampiamente fuori-standard che appare come una sorta di 65mm di bocca per 1500mm di lunghezza volta-culatta.
La giovane inserisce perfettamente nell'imboccatura un affare di metallo colorato di rosso che appare come la via di mezzo fra un proiettile da caccia cal 12 troppo cresciuto e un bossolo da carro armato molto più corto. Si tratta di un monoblocco di metallo (direi: ottone) dipinto di rossiccio minio. Sembra terminare senza la palla, ma quando lo inserisce lo piega verso il basso evidenziando un cilindro a ogiva ficcato dentro la punta del proiettile per farlo a raso con il margine (forse per permettere un più agevole trasporto?) e il colpo si appaia perfettamente alla canna.
L'impressione è che sia per un'arma automatica, ma poi i due danno fondo alla fiaschetta e quindi la ragazza chiude la culatta (è piegata in basso sul cannone, e sembra sostenuta da delle corde) e ci ficca una miccia a lenta combustione.
Troisi la guarda con preoccupazione, e questa accende un fiammifero contro la culatta e ci si butta sulla miccia, che comincia a bruciare malamente.
Si sentono voci tedesche in lontananza, e la giovane mentre la miccia sta bruciando prende il cannone con le mani e, sfruttando il sistema di contrappesi, lo gira in direzione della strada, sulla sinistra e in basso, poi si allontana per raggiungere Troisi e urla: -Tappati le orecchie!
In una scena grottesca vedo il giovane, appoggiato a delle botti di una specie di polveriera, che guarda con soggezione il cannone a una decina di metri avanti a sé, si infila le dita nelle orecchie e, improvvisamente, con una strana sensazione si toglie l'indice destro e lo guarda, poi lo striscia sul coperchio della botticella che ha davanti a sé (quella su cui teneva la mano appoggiata) e lo guarda strabuzzando gli occhi: -Ehi! Ma questa non è polvere da sparo: è polvere d'oro! Ma che diavolo sta succedendo?
La scena ritorna sul balcone, sulla sedia davanti a me appare mio padre, che a quanto pare sino a quel momento è rimasto ad ascoltare la ricostruzione (un po' da parte di tutti) in silenzio, ma che ora all'improvviso con molta convinzione e molta maleducazione comincia a criticare tutti quanti dicendo che nessuno dei fatti raccontati è vero.
Tutti (meno me e Lucky) sembrano rassegnati. Mia madre non c'è (credo sia entrata in casa), ma io improvvisamente mi prendo la situazione di petto: -Piantala!
Mio padre mi guarda con rammarico: -Guarda che non ti devi permettere di interromperm....
Lucky mi passa il maniglione per aprire la tenda del balcone, che punto contro mio padre con stizza praticamente davanti all'occhio destro: -Sei tu che sta interrompendo il mio sogno, e se non sparisci facciamo l'esperimento di vedere se riesco a spaccarti la testa, o se sei impalpabile come un fantasma. Sono io che sto sognando, e non mi pare di averti invitato, sai?
Mi guarda con preoccupazione, allunga una mano per allontanarsi il maniglione dalla faccia, ma subito io annuncio: -Non ci riuscirai neanche volendo: non puoi toccarlo.
Mi sarei aspettato una scena di attraversamento del metallo come un fantasma, invece mio padre ritira indietro la mano come se tenessi un pungolo ad altissima tensione elettrica. Mi giro verso Lucky con espressione interrogativa, ma lui mi rassicura: -Tranquillo, non è manco uno spirito maligno... a malapena sarà un fondo di ricordo di qualcosa.
Quando mi giro di nuovo in direzione opposta, sto tenendo il maniglione puntato a una sedia vuota.
Sbuffo in un sorriso, poi poso quell'affare e annuncio ai ragazzi: -Ok. E ora: che ne dite di una partitina a carte?
Voci di approvazione, ma in mezzo a queste Lucky che zompetta sul tavolo e mi si avvicina: -Sarebbe bello, ma...
Lo interrompo: -Lo so, lo so... cavoli è già ora di svegliarsi, eh? Va bene, va bene...
Gli afferro la testa e gliela arruffo energicamente, poi chiudo gli occhi e mi ritrovo sul letto. La proiezione dell'ora segna 4:57.
Ma sì: aveva ragione Lucky: ieri sera la cena cinese era buona, ma i tre tazzotti di sake caldo ingurgitati coll'antico metodo dei monaci shinto o della yakuza  [no, non ve lo spiego, chiedete al vostro amico nipponico di fiducia ((-: ] mi hanno fatto veramente costruire qualcosa di assurdo...
... però quella della spranga di ferro è stato, a parer mio, veramente geniale! ((-:

martedì 12 ottobre 2010

Pirati... del mediterraneo

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La goletta beccheggia dolcemente nella più profonda oscurità notturna. Intorno a noi solo mare, il cielo poco stellato e molto nuvoloso. Il primo ufficiale sta governando il timone, il mozzo zompetta sul ponte lentamente fumando una mezza pipa di tabacco e oppio, ed io solo da qualche minuto ho lasciato la mia cabina di poppa per salire e prendere un po' di fresco. Gli uomini, frattanto, sono tutti sottocoperta in frenetiche attività: il primo turno sta andando a dormire, mentre il secondo si sta preparando a tornare all'erta per gestire la notte.
Tutto quanto appare rilassato. Ho seguito con lo sguardo per un po' il mio primo ufficiale, poi mi sono allontanato e seduto sulla parete di margine, lasciando che la piacevole brezza notturna mi rinfrancasse dal terribile caldo estivo di quella mattinata.
-Capitano, intravedo qualcosa dietro di lei...
La voce del primo ufficiale era suonata attenta e preoccupata. Mi voltai dandogli la schiena e strinsi gli occhi per meglio sceverare nell'oscurità di quella notte senza luna, ma poi notai chiaramente i riflessi rossastri delle lampade di quell'imbarcazione lontana, ma non troppo.
-Non mi piace. Non mi piace per niente.
Afferrai da sotto il piantone del timone un cannocchiale, e lo aprii guardando verso nord, in direzione di quelle luci. Fu solo un breve bagliore delle lanterne ad illuminarne il Jolly Roger sul pennone dell'albero maestro, ma bastò per farmi provare un brivido lungo la schiena.
Il mozzo comparve in timoneria, in una nuvola di dolciastro fumo di pipa, guardandoci con espressione tesa.
-Signor Lancardi, suonate la campana: un brigantino pirata si avvicina da nord.
Il marinaio impallidì, fece letteralmente cascare la pipa sul pavimento e si caracollò giù dalle scale afferrando la stoppa del campanaccio che prese a suonare scoordinatamente.
Tutti gli uomini del secondo turno apparvero da sottocoperta ancora impastati di sonno, ma ben pronti ad agire, seguiti da uno sparuto ma efficace gruppo di ragazzi del primo turno.
-Comandante, che succede?
-Una nave pirata non identificata si avvicina da nord. Non sappiamo che intenzioni abbiano, per cui voglio tutti quanti pronti ai posti di difesa.
Il primo ufficiale continuò a tenere il timone con espressione serafica, e quando gli uomini cominciarono a spostarsi verso i cannoni e la polveriera, disse, rivolto a nessuno in particolare: -Adesso abbiamo paura anche dei nostri fratelli?
Lo guardai cercando di mantenere la sua stessa calma: -Siamo pirati, è vero. Ma come noi andiamo alla ricerca di un valido bottino, non è detto che gli altri si accontentino di qualche avventura o invece non preferiscano piuttosto depredare chi ha fatto la maggior fatica a recuperare l'oro e i gioielli. Sai bene che non considero fratelli gli altri pirati.
-E tu sai bene che non è stato sempre così, mio capitano.
Lo guardai con un po' di stizza, poi feci un respiro profondo e riportai l'attenzione con il cannocchiale a nord. Poi indietreggiai lentamente di qualche passo, abbassando il cannocchiale: -No.
Il mozzo e i pochi uomini rimasti sul ponte videro il mio gesto provando quasi terrore.
-Lancardi! Va subito da quell'ubriacone del cannoniere. Digli di ricordarsi di quella maledetta notte di maggio: otto cannoni di babordo pronti a fare fuoco appena li avremo a portata: si affiancheranno a poche decine di metri in qualche minuto! Sbrigati.
Di nuovo il mozzo si caracollò sottocoperta per raggiungere il livello dei cannoni, mentre gli uomini cominciarono a caricare i moschetti e sfoderarono le spade. Con stizza li ripresi tutti: -Mettete immediatamente via le armi, e le spade. Molti di voi ricordano quella maledetta notte, e chi non lo sapesse, non discuta: via tutto quanto.
Sei o sette uomini posarono i fucili scoppiando a ridere rocamente, mentre altri due o tre li guardarono tenendo le sciabole sguainate, con espressione interrogativa.
-Avete sentito il capitano: via tutte le armi. Fidatevi del nostro comandante, sa quello che sta facendo.
Al piano dei cannoni giunse il mozzo, che subito si rivolse al cannoniere: -Il capitano ha ordinato di preparare almeno otto cannoni a babordo per...
Il cannoniere lo interruppe, gridando per sovrastare il clamore degli uomini che si stavano avvicendando intorno alle micidiali bocche di fuoco: -La notte di maggio è arrivata, stavolta in ottobre, eh? Me lo aspettavo... Uomini! La prima fila di babordo: mezza carica e togliete le palle.
Improvvisamente il clamore si interruppe, e il silenzio per qualche istante apparve persino palpabile. Il mozzo riprese la parola: -Ma hai sentito quello che ti ho appena detto?
-E tu hai sentito che cosa ho appena ordinato? Mezza carica sugli otto centrali di babordo e togliete le palle. Solo polvere. Non dobbiamo discutere gli ordini del capitano, mezza spugna della malora!
Lancardi, con un'espressione di vivo stupore uscì per tornare in coperta, mentre gli uomini, mogi mogi, caricavano i cannoni con metà polvere e toglievano dalle bocche le palle di ferro e granito. Raggiunse il posto di comando e si avvicinò al capitano, mentre la vedetta, con voce impastata gridò verso il basso: -Il vascello del capitano Anaridio ci affiancherà in meno di un minuto, capitano.
-Signor capitano, non so che cosa si sia messo in testa quel fumato di Soriano, ma ha detto che...
-Che gli ordini vanno rispettati- lo interruppi -senza discuterli. Otto cannoni a mezza carica senza palla. Non ti avevo detto di ricordargli di maggio?
Sorrisi a mezza bocca, poi gli poggiai una mano sulla spalla lercia.
-Tranquillo, Lancardi. Grizzly sa benissimo quello che sta facendo.- il primo ufficiale non riuscì a trasmettere la calma al mozzo, eppure questi cominciò ad osservarlo mentre continuava a tenere il timone come se niente fosse.
Mentre ormai le luci del brigantino nemico illuminavano tratti del nostro stesso vascello, raggiunsi la mia cabina sotto la timoneria. Otto colpi secchi in sequenza, palesemente smorzati, risuonarono nel silenzio della notte, illuminando spettralmente con lampi giallo-rossastri il buio mare notturno.
Dopo alcuni secondi giunse la risposta: tre colpi di moschetteria, anch'essi smorzati e con delle fiammate dirette decisamente verso l'acqua piuttosto che verso la nave nemica poco accanto.
Un urlo squarciò la notte: -Maledetto Grizzly, questa volta ti è andata bene: questi inutili moschetti spagnoli si sono inceppati.
Mi affacciai dalla finestra di poppa mentre ormai la prua del capitano Anaridio stava scomparendo nel buio alle nostre spalle, e gridai anche io: -Quei balordi dei miei uomini hanno fatto bagnare la polvere, pensi forse che sia fortuna la nostra? Non ci sarà un'altra volta, vecchio bucaniere!
Un paio di risate roche si spensero nel buio delle rispettive imbarcazioni.
Trascorsero diversi minuti, poi due picchiate secche sulla porta della mia cabina mi riportarono a girare indietro e chiudere la finestra: -Venite avanti.
Il mozzo Lancardi, vistosamente sudato, rimase sulla porta.
-Entra, buon uomo. E chiudi la porta.
Fece altri due passi e si tirò la porta dietro la schiena guardandomi con grandissima preoccupazione. Mi alzai lentamente e gli porsi una sedia: -Siedi, ti ascolto.
-Capitano, io non capisco...
-Lancardi, quanto tempo è che servi con onore la mia ciurma di esaltati?
-Ehm, tre anni, mio signore.
-Esatto. Tre anni. Tu sei uno di quegli uomini che non era con me, quella maledetta notte di maggio di quattro anni fa. Ma stai felice: il debito di Anaridio è stato saldato, ora più nulla potrà distoglierci dalle nostre razzie.
-Debito, mio signore?
Mi sedetti anche io, poi con molta calma estrassi dalla bisaccia alla cintura un po' di tabacco sgualcito e mi rollai una sigaretta con un pezzo di carta bisunta.
-Quattro anni fa, una notte di maggio, una notte senza luna come questa, buia...
Accesi un fiammifero rompendo il buio della cabina, appena interrotto da un mozzicone di candela in una lanterna sul tavolo. Me lo portai alla sigaretta e ne aspirai molto fumo.
-Anaridio aveva attaccato l'Isola di Flori. Era un nostro obiettivo, ossia, anche un nostro obiettivo, ma due giorni di maledetta bonaccia sulla rotta sbagliata ci avevano fatto perdere molto tempo prezioso: quel capitano meno assennato aveva preso una rotta più lunga, per evitare la bonaccia. Di un giorno più lunga, ma sempre un giorno di bonaccia in meno di noi: di quel solo giorno ci siamo mancati. Ma c'è un problema. La settimana prima ci eravamo incontrati al porto di Rowana. E allora girava la voce che quel pazzo voleva assaltare l'isola di Flori, ma soprattutto girava la voce che qualcuno della Marina di sua Maestà aveva infiltrato un uomo di fiducia per mettergli i bastoni tra le ruote. Già, girava voce: era l'unico argomento di discussione dopo che quel pazzo era uscito dall'osteria col suo primo ufficiale, entrambi cotti dal grog... Quello che non avrebbe mai immaginato nessuno era che razza di bastoni gli avrebbe messo quello sporco traditore.
-Cosa era successo?
-Il peggio del peggio. Ricordiamo tutti quanti il nostro arrivo, in quella tremenda notte. Le scialuppe di Anaridio si stavano riavvicinando alla loro nave. Ormai buona parte del bottino (e degli uomini) erano saliti a bordo, e stavano per cominciare a festeggiare. Avremmo dovuto raccogliere solo un pugno di mosche, quando lo vedemmo tutti quanti. Un bagliore, giallo. Non era fuoco, o almeno, non il fuoco che ci aspettavamo. No. Era una miccia. Una miccia accesa sopra la polveriera del vascello di Anaridio.
Feci un gesto nervoso con le spalle, poi aspirai un altro po' di fumo dalla sigaretta stentata che stringevo fra le dita, e continuai: -Quel bastardo del suo mozzo si era venduto per poche monete d'oro, e naturalmente con quelle monete s'era comprato un paio di bottiglie di rum. Era così ubriaco che non guardò neppure la misura della miccia, e sebbene avrebbe dovuto aspettare che salisse il capitano e trovare una scusa per gettarsi in acqua, di nascosto, fece tutto in coperta. Quel topo di fogna si fece saltare in aria con tutta la barcaccia di quel filibustiere. Lui, il tesoro, gli uomini della ciurma, per un soffio anche il capitano stesso, che impotente vide il suo vanto e i suoi uomini distrutti dalla polvere. Non so che cosa pensammo quella notte. Ce l'avevamo con quella ciurma, in fondo. Erano riusciti dove noi avevamo fallito, forse non meritavano quello che abbiamo fatto. Ma il mare ha un codice d'onore, che tutti noi dobbiamo rispettare. Quella notte raccogliemmo i feriti. Quella notte soccorremmo i superstiti, e quella notte piangemmo i morti, tutti quanti, tutti assieme. Perché i morti non hanno colore, e il mare li accoglie tutti quanti...
L'ultima immagine che avevo davanti agli occhi di quella terribile notte di maggio svanì, per farmi tornare a guardare il mozzo, con gli occhi palesemente lucidi. Si riscosse, e concluse: -Aveva ragione, capitano: la polvere si è bagnata e non siamo riusciti a colpire la nave nemica, ma non abbia timore: non ci sarà di nuovo uno sbaglio del genere!
Uscì dalla porta a passo svelto, tirando su palesemente col naso. Il rumore della porta che sbatteva mi riscosse.

Mi sono svegliato, ho guardato la proiezione dell'ora: le 4:55 circa. Ho sentito sul torace la calda sensazione di Lucky, mentre alle orecchie mi giungeva il rumore della pioggia.
-Lucky, senti un po': io capisco che tu dormi con me quando piove perché mi dici di aver paura del temporale, e dei tuoni. E a me questo dispiace, per cui sono favorevole a coccolarti e rassicurarti mentre ci addormentiamo, ma non possiamo fare che ogni volta che dormi con me mi fai fare sogni del genere... Io sono ancora un tecnico informatico, mica posso diventare uno sceneggiatore!
Gli ho dato un buffetto sul muso, poi ho ripreso: -Anzi no, continua così che mi diverto sempre un mondo!!! ((((((-:

martedì 5 ottobre 2010

Il fotografo pulisce dal porno, ma proprio bene?

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Stamattina su "La Repubblica" una galleria fotografica.
La didascalia recita: "Private Stages" è il progetto del tedesco Peter Freitag nel quale l'artista "ripulisce" immagini pornografiche trovate sul web dai corpi nudi, coprendoli con un collage realizzato digitalmente. Il nudo si oscura così diventando parte di un sfondo che evoca le ambientazioni del porno pur senza mostrare altro che una silhouette camuffata. Il risultato è un effetto "free porno" che mette in discussione il concetto di voyeurismo.
Ma qui casca l'asino, perché in mezzo alle foto ripulite dai nudi maschili o femminili, compare una foto in cui il nostro amico ha pensato bene di lasciare l'orsetto col dildo...
Pubblicare una foto del genere, anche se c'è il vedo e non vedo che funziona per gli adulti... non lo so: l'immagine dell'orsacchiotto sorridente dato un cazzone eretto non credo che sia adatta a tutto il pubblico...

sabato 2 ottobre 2010

Un orsacchiotto mi protegge, VIII

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[lo ammetto: è molto lungo. Mi è successo un bel po' di tempo fa. Spero di riuscire a condividere le sensazioni che ho provato anche io (-: ]
Periodo natalizio. Sono stanco. Stanchissimo. Praticamente cotto.
Sono arrivato a casa da un bel pezzo. Ho mangiato poco e male, perché nonostante la voglia di cucinare, il mal di testa e un principio di mal di stomaco mi hanno fatto puntare piuttosto a un po' di tortiglioni al burro e formaggio grana, seguito da un filetto di petto di pollo scondito alla griglia, e un po' di insalata. Sono riuscito solo a spiluccare un po'.
Avevo acceso la TV, tanto per seguire almeno un pezzo di telegiornale, ma l'ho spenta dopo qualche minuto, rendendomi conto che ogni consonante pronunciata dal giornalista mi scoppiava nel cervello come una mina.
Cerco di rilassarmi, nella prima fase dopo cena, ma dopo aver lavato i piatti il mal di testa è rimasto identico, tanto che mi convinco a prendere un'aspirina e cercare il relax davanti a un buon libro. La cosa sembra funzionare, perché dopo una mezzoretta buona mi ritrovo persino davanti al computer con una voglia non eccessiva ma sufficiente, e riesco a stilare un paio di documenti e a scrivere qualcosa sul Blog, oltre a controllare con calma la posta elettronica (operazione che di solito demando alla mattina alle sei).
Poi comunque è la stanchezza quella che mi guida, per cui spengo il computer e mi dilungo sul letto; l'idea sarebbe quella di leggere qualcosa prima di spegnere la luce, ma non appena mi ritrovo un libercolo in mano, lo poggio subito sul comodino sentendo che il cerchio alla testa l'aspirina me lo ha di certo attenuato, ma non fatto passare del tutto, per cui decido che è il caso di spegnere la luce e amen.
Vicino al comodino, accanto al cuscino, è seduto Philippe, mentre Gerhard sta dormendo sotto la coperta, per cui lo sposto delicatamente accanto al cuscino, mentre tengo Philippe in braccio; abbraccio il cucciolo e spengo la abat-jour, cominciando a sentire anche il disagio di una giornata lavorativa non esattamente eccezionale. Ho avuto troppe interruzioni, ho avuto discussioni con colleghi, clienti, familiari... gli stringo forte una zampina con la mano destra, poi comincio ad accarezzarlo cercando di portare la mia mente lontana dalla giornata che è appena trascorsa.
Passiamo così almeno una ventina di minuti (durante la quale nonostante cercassi di rilassarmi pensando ad altro, una buona decina di volte mi sono tornati in mente i clienti o colleghi della giornata appena trascorsa, e in questo frangente ritengo decisamente di averlo stritolato un po'). Dopo appunto quella ventina di minuti (non è molto tardi, saranno appena le 23) decido che ho bisogno di rilassarmi molto di più; la fase di dormiveglia si avvicina, e in queste serate così sfiancanti talvolta mi aiuta giocare con la mia mente, con la mia fantasia, cercando di guidare il mio intelletto lungo il percorso di un sogno lucido.
Mi appoggio meglio lungo la parete laterale al letto, e sento il calore dell'orsacchiotto a contatto del torace. Sorrido e cerco di focalizzare la mia mente su un punto.
Di solito mi serve poco per cominciare questo ciclo, ma questa volta (complice la stanchezza e, pertanto, la fase di dormiveglia più veloce) non riesco a fare il primo passo.
Faccio un respiro profondo, provo a stiracchiarmi un po', notando un palese intorpidimento che dovrebbe presagire l'ingresso in una fase di sonno più profondo. Quindi cerco di nuovo di focalizzare la mia mente su un punto, ma a questo punto il punto che mi fa capolino è "domani mattina andrà peggio".
Perdo il sorriso, faccio un altro respiro profondo. La camera da letto è immersa nella più cupa oscurità, la mia mente anche. Sento i muscoli sempre più intorpiditi, e comincio a non sentire le gambe. Comincio ad avere paura, ma improvvisamente in questa profonda oscurità intravedo la luce: "Lucky mi saprà aiutare!".
Non accendo neanche la luce: allungo il braccio verso l'alto e pesco dalla mensola il piccolo Lucky, posizionadovi gentilmente Philippe, a cui accarezzo fugacemente la testa ripensando a quanto l'ho massacrato fino a quel momento; mi posiziono ancora una volta sul fianco, col nuovo orsacchiotto fra me e il muro. Passo i minuti successivi cercando una posizione comoda, a un certo punto ho la sensazione del nasino freddo del pupazzo sulla mia fronte.
Io: "Lucky. Sai che sono un giocherellone, ma questa volta ho bisogno di aiuto. Questa volta ho paura: non riesco a rilassarmi e so che se vado avanti così passerò una notte costellata da incubi"
Lu: "Non scherzare. Sai bene che quando ti stiamo tutti vicino, nessuno spirito maligno riesce a passare..."
Io: "Sì, lo so. E ho scelto te per farmi compagnia stanotte perché sei uno dei miei cuccioli di cui mi fido di più per fare i proverbiali sogni d'oro, ma stavolta è diverso. Io ho veramente paura, e ti voglio chiedere un grandissimo favore."
Lu: "Rilassati. Sei ormai prossimo alla fase di sonno profondo [e lo so: non perché sto parlando con l'orsetto, ma più che altro perché mi risponde! (-: ndG], e conosci qualche trucco per poter guidare i tuoi sogni. Io ti sono vicino."
Io: "Naturalmente. E di questo ti ringrazio. Ma ti ripeto: io stasera ho veramente paura, ed ho bisogno di sicurezza. Ti prego, stanotte non dormire: rimarresti sveglio a fare la guardia? Mi sentirei molto meglio."
Sento qualche istante di silenzio, e sto per riprendere la parola, ma di nuovo giunge una risposta.
Lu: "Sai bene che noi orsacchiotti dovremmo SEMPRE restare svegli e vigilare sul sonno del nostro padroncino, e sai anche che sei stato tu a darci il permesso di dormire, sapendo che comunque gli spiriti maligni hanno una fifa maledetta di noi. Rilassati e non aver paura: sì, rimarrò sveglio. Anzi rimarremo svegli tutti quanti, e faremo buona guardia. Ora porta la tua mente a focalizzarsi su un punto."
Io: "Ci sto provando, ma non riesco a trovare un punto d'inizio..."
Lucky mi interrompe, ma in realtà l'idea viene contemporaneamente ad entrambi.
Lu: "Un lago. Comincia da quello, e vediamo dove andiamo a finire."
E lo faccio. Visualizzo un lago nella mia mente, e sento il torpore che si sta prendendo tutto il mio corpo e la mia mente, ma lascio intanto che la mia fantasia navighi sopra un immenso lago, come a volo di deltaplano.
Ma la cosa si ferma lì. Allora ripenso al Lago di Terlago, vicino casa; al bar, al gelato buonissimo, al minigolf dove andavo sempre da piccolo...
Non ne sono molto convinto, ma qualcosa si muove. Se prima vedevo solo una barchetta in mezzo al lago, improvvisamente la mia visione si sposta a bordo di un'auto, mentre percorro un lungolago; mi da l'idea della gardesana, ma a tratti somiglia piuttosto al circondario di Caldonazzo.
Il cielo sta tramontando, intravedo delle luci lungo la sponda opposta del lago, che saranno dei paesini, e nel frattempo entro in un paese (in realtà appare come un agglomerato di case, non c'è neppure un nome), sulla sponda che sembrerebbe dover portare a Calceranica.
Dopo un centinaio di metri, mi fermo a un bar. Scendo dall'auto per prendere un caffettino, e finalmente mi rendo conto che sul sedile anteriore, accanto a me, è seduto Lucky. Con la cintura di sicurezza allacciata [bravo il mio cucciolotto! ((-: ]; l'auto è una station-wagon grigio metallizzato (non la identifico bene, mi sembra una Renaul Laguna SW nuova serie). Mentre chiudo lo sportello l'orsetto si gira e mi sorride, per cui non chiudo a chiave e mi dirigo nel locale.
Chiedo solo un caffè, senza specificare nulla, ma la signorina in pochi istanti mi mette sul banco un bicchierino con la perfetta misura del mio amato caffè ristrettissimo. Ed è buono, non c'è che dire.
Sorbisco il caffè lentamente, poi mi guardo intorno. Il locale è deserto, c'è una radio accesa che manda il coro di "The promise you made" di Cock Robin; la ragazza al banco è rilassata mentre sta lavando dei bicchieri. Mi infilo una mano in tasca e trovo una moneta (forse un euro), che metto sul bancone allontanandomi lentamente, senza neppure aspettare resto, scontrino o altro. Nell'altra tasca dei pantaloni trovo un pacchetto di MS Club sgualcito, da cui estraggo una sigaretta scafazzata e storta (la famosa sigaretta alla Jigen) e comincio a rigirarmela tra le mani mentre supero la porta e mi avvicino all'auto.
Mi siedo a lato del cofano, e mi giro a guardare la spiaggia, alle spalle del bar, a pochi passi. Poi mi allontano proprio in direzione del lago stesso e mi avvicino al ghiaietto artificiale con cui si delinea una specie di spiaggia, separata dalla strada dal guard-rail e da alcuni alberi e un po' di praticello. Rimango affascinato dalle luci del paese lontano mentre ormai il tramonto è quasi del tutto completato e il cielo si fa sempre più scuro; rimango letteralmente ipnotizzato dallo sciabordio dell'acqua del lago, dal rumore delle sparute onde che si infrangono con delicatezza un paio di metri avanti a me, o dalla risacca che le sposta indietro.
Mi sposto sulla sinistra di un paio di metri, e mi avvicino ad un piccolo frassino ben curato che fa capolino dalla ghiaia. Mi siedo per terra, e appoggio la schiena al tronco della pianta; un rumore alla mia destra attira la mia attenzione: è lo sportello della (mia) auto che si richiude. Lucky si sta avvicinando lentamente, ma quella che intravedo è solo la sua ombra proiettata dai faretti esterni al bar. Torno a guardare il lago. Ormai il cielo è quasi del tutto scuro; metto la sigaretta in bocca mentre l'orsetto mi supera e si siede alla mia sinistra, a circa un metro di distanza. Infilo una mano nella tasca del gilet e prendo l'accendino, poi punto alla sigaretta e l'accendo. Mentre aspiro la prima boccata una lieve brezza sul lago mi viene incontro, e fa oscillare le foglie del frassino, in un rumore soffice e inebriante.
Rimango così per diversi minuti, fumando silenziosamente la sigaretta. Poi con un colpo deciso la getto in direzione del lago, osservando la sua brace che rotea lentamente fino a spegnersi sul filo dell'acqua. Un altro colpo di brezza scuote le foglie e una sensazione fresca alle braccia, alla faccia e al torace mi sferza. Alzo le ginocchia e faccio un respiro profondo, cercando di far entrare quelle sensazioni fino a dentro i miei polmoni, in un movimento che appare ben più piacevole del fumo della sigaretta. Guardo alla mia sinistra verso Lucky, che nell'oscurità ormai quasi totale appare come un fagottino sull'erba poco discosto da me. Sta guardando il cielo; sorrido e alzo lo sguardo anche io. In cielo ci sono stelle poco luminose, ma riesco a trovare sul lato sinistro, davanti a me e basso sulla linea d'orizzonte, il Gran Carro che si staglia poco sopra le montagne sull'orizzonte. Allungo lo sguardo verso destra, in alto e quasi dietro di me, e intravedo negli ultimissimi sprazzi di luce che sparisce, anche la Cintura di Orione.
Un pensiero fugace: "praticamente ho la fascia centrale di passaggio delle Perseidi davanti al naso". Molto fugace, perché mentre sto facendo mentalmente questa considerazione, un piccolo bolide non molto luminoso si sposta lungo una linea obliqua dall'alto verso il basso.
Io: "Potrebbe essere una notte ideale per le stelle cadenti, lo sai?"
Lu: "Sì, ne ho già viste un paio non molto luminose, ma fra un po' andrà di certo meglio."
Rimaniamo così, uno accanto all'altro, per un tempo molto lungo. Continuo a scrutare il cielo, e più volte abbiamo intravisto delle belle scie luminose. Dopo almeno un paio d'ore di osservazione la temperatura comincia a farsi più frizzante, per cui srotolo le maniche della camicia e mi abbottono i polsi, poi pesco un'altra sigaretta.
Lu: "Fammi sapere quando hai finito di impuzzolentire la serata, che fa freschino ed ho voglia di starti un po' più accanto."
Stiamo guardando entrambi il cielo. Non mi giro verso di lui mentre gli rispondo.
Io: "Ehm... se me lo dicevi prima non me la sarei neppure accesa..."
Lu: "Non ti preoccupare. Per ora fuma tranqui... WOW!"
Io: "BELLISSIMA!"
Una scia luminosissima e quasi orizzontale taglia in due il cielo da destra a sinistra, sgretolandosi come la scia di un fuoco artificiale. Ho la sigaretta in mano ma sono quasi tentato persino di applaudire. (-: E ce la siamo vista dall'inizio alla fine...
Passano ancora altri minuti [direi almeno mezz'ora. Sento l'orologio al polso ma non ho nessuna voglia di guardare l'ora; in realtà non mi chiedo (né mi interessa saperlo) neppure se sto sognando o sono sveglio]; Lucky si avvicina e mi si siede sulla pancia. La prima sensazione è fresca come la brezzolina che ci sferza entrambi a ondate di pochi istanti ogni decina di minuti, successivamente diventa calda e rilassante. Lo cingo col braccio sinistro e comincio ad accarezzargli delicatamente il fianco, mentre rimaniamo entrambi in silenzio ad osservare il cielo, e le stelle cadenti che lo attraversano. Qualcuna poco luminosa, qualcuna più luminosa e che percorre una tratta più lunga.
A un certo punto guardo sulla mia destra, in direzione del bar. Le luci esterne sono sempre accese (ma appaiono un po' più fievoli di quando sono arrivato), mentre dall'interno continua a filtrare la luce accesa, ma nessun rumore e una sensazione lontana di musica che viene dalla radio. Non ci ho fatto molto caso, e neanche si sente tanto bene, ma in qualche modo mi ricorda "Shine a little love" degli ELO... [cavoli, sono brani che non sento dai tempi delle calende greche! Hanno fatto parte della mia infanzia (-: ndG]; vicino al bar c'è l'auto parcheggiata. Silenzio. Non un'altra auto, non una persona, non il verso di qualche animale notturno.
Riporto la mia attenzione su Lucky, che mi sta seduto sulle gambe e guarda il cielo con un espressione molto soddisfatta. Gli sorrido e solletico debolmente il pancino, poi alzo di nuovo lo sguardo in direzione della sponda opposta del lago, notando che le case illuminate sono sempre di meno (quasi rimangono solo le luci stradali). Proprio in questo frangente improvvisamente un'auto ci passa alle spalle, sulla stessa strada del bar, ma non si ferma e continua allontanandosi. In realtà non vedo l'auto, ma solo i fari che si riflettono sull'acqua del lago, e la sensazione di un motore diesel common-rail in marcia non eccessivamente vivace.
Dopo qualche istante in cui il rumore dell'auto è ormai sparito, coperto dal rilassante rumore del lago e delle foglie, abbasso di nuovo la testa verso l'orsetto.
Io: "Torniamo a casa? Sei stanco?"
Lu: "Ormai tanto vale che aspettiamo, no?"
Io: "Aspettiamo cos...?"
La mia frase si interrompe mentre un lampo azzurrognolo breve e molto luminoso illumina per un brevissimo istante tutto il circondario, come il flash di una gigantesca macchina fotografica. Giro lo sguardo verso le sponde del lago, poi lo alzo al cielo, sul lato destro, ma vedo solo le stelle, porto lentamente lo sguardo verso sinistra, mentre il vento si alza nuovamente. Non capisco cosa sia stato, mentre Lucky velocemente si trova una posizione un po' più comoda e poi, tranquillo, commenta.
Lu: "Sta cominciando..."
Abbasso di nuovo lo sguardo verso l'orsetto che ho seduto praticamente in braccio.
Io: "Cosa? Un temporale? Ma se non c'è una nuvo..."
Una luce, giallognola e molto luminosa lo illumina.
Illumina tutto quanto: pare quasi giorno.
Il cucciolo alza lo sguardo, soddisfatto. Giro la testa verso la direzione in cui guardava, e inquadro il gigantesco fuoco artificiale che si sta aprendo sul lago, a poche centinaia di metri da dove ci troviamo, mentre il colpo secco di questa prima apertura scuote il terreno e il frassino, ripetuto dall'eco delle montagne alle nostre spalle.
Io: "Eh? Ah, però!"
Gli solletico di nuovo la pancia, poi mi metto comodo, ed entrambi seguiamo i diversi minuti di fuochi artificiali sul lago. Le stelle cadenti continuano, e mi ritornano in mente i giri pirotecnici a Cisternazza, con fuochi d'artificio sulla linea di cinque o sei paesi, e le stelle cadenti in mezzo. Mentre il cielo si illumina degli ultimi fuochi, sento la zampina di Lucky che mi tocca il braccio sinistro, e abbasso lo sguardo verso di lui.
Lu: "Direi che ormai è ora di andare..."
Io: "Ok."
Mi alzo, tenendo il cucciolo in braccio, e mentre l'ultimo botto si smorza nella vallata, mi giro in direzione del bar e dell'auto. Il locale è chiuso, solo i faretti esterni sono accesi, ma non ho fatto caso a qualcuno che andasse via. Raggiungiamo l'auto e saliamo, poi metto in moto (sì, è una Renault: freno e "Start/Stop").
Lu: "Vuoi tornare subito a casa?"
Io: "Non lo so. Ti va di fare un piccolo giretto, prima?"
Lu: "Sì. Una passeggiata ci vuole..."
Riparto, e continuo il giro oltrepassando il paese [ho ingranato la retro, poi ripartendo ho portato pomello in avanti, ma a questo punto mi limito a guidare senza più toccare la leva... decisamente una Laguna col cambio automatico... (-: ]. L'oscurità è ormai la nostra compagna, e lentamente uscendo dal paese ci dirigiamo lungo strade che non portano più a nulla, se non a paesaggi che si stagliano nell'oscurità del cielo.
Dopo alcuni minuti che siamo in viaggio, apro il finestrino e mi lascio sferzare un po' dall'aria fresca che viene dall'oscurità.
Poi rallento, e prendo una strada laterale sulla sinistra, inerpicandomi lungo una salita tortuosa, che dopo alcuni minuti ci porta in quota in un luogo molto panoramico. Scendo dall'auto, mentre Lucky abbassa il finestrino e si affaccia dallo sportello. È una notte senza luna, per cui in realtà il panorama è un oscuro stagliarsi dei confini delle dolomiti sul cielo stellato, con qualche sparuta luce stradale o di piccoli agglomerati di casette in basso. Tutto quanto mi da un'impressione molto rilassante; mi avvicino allo sportello del lato passeggero e do un'arruffatina alla testa dell'orsetto.
Io: "Più di venti minuti di fuochi d'artificio e non hai fatto una piega. Invece se piove al primo tuono ti vai a nascondere, vero?"
Lu: "Non lo so, ero troppo rilassato per dire qualcosa. E poi, tanto, mi coccolavi lo stesso..."
Io: "Lo so io, lo so... Tu te ne approfitti perché sai che non ti direi mai nulla! Secondo me manco dei tuoni hai paura, guarda..."
Tiro un respiro profondo, poi mi infilo una mano in tasca e ne estraggo l'accendino, che comincio a rigirarmi fra le dita della mano. Avrei voglia di una sigaretta ma per ora salto, lasciandomi invece inebriare dal leggero vento fresco in quota. Continuo a guardare il cielo stellato, anche se adesso non intravedo più stelle cadenti.
Lu: "Direi che è ora..."
Io: "Di tornare? No, dai, rimaniamo qui ancora un po'."
Mi inginocchio accanto allo sportello e mi porto all'altezza del musetto di Lucky, che mi sorride.
Lu: "No, non di tornare, di svegliarsi..."
Sorrido.
Stendo il braccio destro e abbraccio Lucky, poi mi avvicino allo sportello e chiudo gli occhi.

La sensazione della mia posizione cambia. Quando riapro gli occhi sono sul mio letto. Impiego qualche istante prima di mettere a fuoco la proiezione dell'ora: mancano pochi minuti alle cinque di mattina.
Sento ancora il calore di Lucky contro il petto.
Io: "Grazie, Lucky. Mi ci voleva proprio."
Faccio un respiro profondo. Qualcuno mi ha risposto chiaramente "Figurati", o me lo sono immaginato? L'altra volta è stato diverso: questa volta sono sufficientemente sicuro di essermelo immaginato. Ma questa volta, mentre accendo la luce e disattivo l'allarme della sveglietta che suonerà di lì a un quarto d'ora, sento anche gli occhi umidi. Ho scaricato spesso la mia tensione nervosa su un pupazzo di peluche, ma questa è una di quelle rare occasioni in cui un orsacchiotto non mi aiutato soltanto a scaricare la tensione, e sento un profondo senso di gratitudine.
Prima di alzarmi e fare la doccia raccolgo le idee e prendo tutti gli appunti che mi servono per ricordarmi di questa storia, ma poi li accantono: non so se me la sento di raccontare questa cosa sul blog [all'epoca non avevo ancora deciso l'apertura delle Pagine Oscure], e sebbene mi piaccia molto raccontare dei miei sogni più particolari, questo lo vivo come un momento un po' più particolare.

Qualche giorno fa ho ritrovato, nel vecchio bloc notes, gli appunti.
Questa è una cosa che faccio sempre: dormo con un blocco e una penna nel cassetto del comodino, sempre a portata di mano e pronti a cogliere le prime impressioni e tutti i ricordi che ho a mente fresca, appena svegliato [ed è un gioco che vi consiglio, se volete imparare anche voi a ricordare meglio i vostri sogni e a scoprire quali idee meravigliose è in grado di partorire il vostro subconscio (-: ], e mentre lo scorro prima di decidere se è il caso di buttarlo via, trovo proprio gli appunti di questo sogno.
Alla fine ho deciso di non buttarlo via. Ho deciso di cercare di ricordare le sensazioni, i momenti, i passaggi. Ma soprattutto ho deciso di rendere tutti voi partecipi di questa mia elucubrazione; c'è chi sogna di volare, chi di essere un mago, un eroe coraggioso: io, come tutti voi ben sapete, lascio che la mia tensione nervosa si scarichi sui miei orsetti di peluche, ed essendo spesso proprio loro il mio ultimo pensiero prima di addormentarmi, portano il mio subconscio a situazioni del genere.
Ho imparato, nel tempo, a vivere in un certo modo la mia vita "onirica", soprattutto con la pratica dell'esercizio del sogno lucido (che faccio da lunghissimo tempo, sappiatelo. Parliamo di poco prima del 2003...), ma soprattutto ho imparato a non lasciarmi condizionare dai miei sogni nella vita reale, e ad usarli come profonda valvola di sfogo.
Soprattutto, come avrete notato, mi diverto moltissimo a farlo... ((((-: