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venerdì 9 ottobre 2009

Maricoleva di Taranto

Sono tanti i ricordi che rimangono della mia visita militare a Taranto, quasi quindici anni fa.
Il fatto che dato un dichiarato "odio" dei giovani tarantini per i militari siciliani, nei miei tre giorni di presenza fuori dalla caserma parlavo solo trentino stretto, passando piuttosto per un turista.
Il fatto che ogni sera le pareti dei bagni erano ricoperte di scritte, firme, saluti, insulti e via discorrendo, mentre la mattina dopo alle sette apparivano bianchi immacolati grazie ad una intera mano di vernice data alle cinque di mattina.
Ma soprattutto il fatto di come fummo rimandati quasi tutti quanti di terra, eccezion fatta per chi aveva rotto le scatole a tutti (inviato al Battaglione San Marco) e un paio di marcantoni [di cui uno (alto due metri, largo altrettanto, palestrato e ben impostato) il giorno dell'analisi del sangue è uscito bianco come lo sfondo di questo blog, annunciando "si sono presi troppo sangue" prima di abbattersi a terra come un sacco di patate (e io, già allora donatore di sangue, che sono uscito fanculizzando il picchetto che voleva rimanessi seduto ad aspettare qualche minuto "perché se no ti gira la testa" "ma vaaa: sono un donatore di sangue, figurati se mi gira la testa per 4ml!")].
E i test, fisici, psico-attitudinali ("ti piacciono i fiori?", mah... no. "ti piacerebbe fare il fioraio?": in questo momento per uno stipendio fisso uno penso che sia disposto pure a fare il cassamortaro, altro che fioraio).
Ma soprattutto un test. Eravamo in una caserma di marina, per cui dopo l'ennesimo test psicologico da 53475347958347957834958734 domande a cui rispondere vero o falso in un minuto, ci chiedono di fare LA PROVA.
LA PROVA (giuro che il comandante è riuscito a pronunciare queste due parole tutte a lettere maiuscole) consisteva nell'ascoltare una registrazione (di bassissima qualità e con una voce fuori campo tipo quella che invita ai comizi di Peppone) di un messaggio in codice morse, cercando di riportare sul foglio a matita il maggior numero possibile di punti e linee.
Faccio un respiro profondo e dico fra me e me: "ora li frego": cercavo in quel periodo di imparare il morse perché già allora avevo una mezza idea di prendere la patente radioamatoriale (all'epoca era ancora obbligatorio saperlo decifrare... gosh ormai ho perso l'orecchio...).
"ATTENZIONE! ATTENZIONE! HA INIZIO LA PROVA! TA TA TI TA, TA TI TA TI, TA TI TI etc. etc."
E comincio a scrivere (oddio vado a memoria, non mi ricordo tutto il messaggio, ma il senso era quello: "QCD A 9 1 8 4 PROVA ESAME MARICOLEVA K".
["QCD"? Ma quell'esame gliel'ha registrato Marconi in persona? (-: ]
Il pomeriggio durante le varie chiamate dagli psicologi, vengo chiamato dal comandante. Ci vado, mi siedo e questo mi guarda, poi con un mix fra un sorriso e un po' di stizza mi mostra il foglietto che ho fatto al test morse e mi chiede: "Questo è uno scherzo ben concepito, vero?"
Capisco il senso della frase, e rispondo a tono: "Comandante, da quanto tempo lei è in marina?"
Lui: "Quindici anni, almeno"
Io: "Ottimo. E in tutti questi anni non ha mai incontrato un diciottenne che studia per diventare radioamatore? Sono tre anni che studio il CW..."
Lui: "Lei ha un futuro nelle comunicazioni della marina, potremmo farle conseguire noi la patente, se le interessa. Sa, lei è stato l'unico nel gruppo rosso (eravamo divisi in scaglioni identificati da un colore e un numero, io ero "104 Rosso") che è riuscito a comprendere il messaggio bla bla bla."
Io: "Ci penserò, grazie..."
Chissà se si rode a pensare che ho fatto il servizio sostitutivo civile... (-:

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