sabato 11 ottobre 2008

Justyn

Prologo – La sera del compleanno di Arthur
La sala era debolmente illuminata e lentamente quasi tutti se ne stavano andando via. Justyn era rimasto seduto su una poltrona a bordo sala. Giocherellava con una ciliegia rinchiusa in un cubetto di giaccio mezzo sciolto, che faceva capolino dal bicchiere di Martini ormai vuoto sul tavolino alla sua sinistra.
Era tranquillo, forse un po' ubriaco, ma tuttavia non disdegnava quella compagnia di amici: nessuno di loro si era mai azzardato a criticarlo per le sue scelte o per la sua bizzarria, e in un tempo in cui la diversità viene sempre vista di cattivo occhio, questo era importante.
Indossava un paio di jeans e degli sneakers bianchi e neri; dalla camicetta di taglio semplice ma elegante in trasparenza si poteva appena intravedere il reggiseno di pizzo bianco che richiamava l'attenzione sull'abbottonatura rovesciata della camicia. Justyn indossava abiti femminili, come era la sua normalità da un anno a questa parte, ma tuttavia si vestiva con buon gusto e senza portare all'esagerazione pose, trucco o fattezze. Era alto e snello, le ciglia appena rimarcate da una passata di mascara, un sottile strato di fard a rendere il suo volto di un colore uniforme, un rossetto scuro ma non eccessivo sottolineava le sue labbra sottili e naturali, e in tutto l'intorno non compariva il benché minimo filo di barba.

Il festeggiato, Arthur, chiudeva il sabato sera dei suoi primi quarant'anni anch'egli brillo ma non decisamente ubriaco. Felipe e Rose ringraziarono Arthur per la bella serata, e quindi si diressero alla loro auto verso nel cortile del piccolo ranch. Rose barcollava un po' in preda alla stanchezza, e a Felipe forse si leggeva in faccia la flebile delusione composta dall'aver trascorso il compleanno di Arthur con una sola birra ben striminzita. Ma il pensiero di percorrere all'una di notte la strada che dalle campagne di Brunkild giungeva a Lockport con una certa quantità di alcol in circolo aiutava di certo a non pensarci. La serata era stata di certo piacevole, bevande o meno.
Arthur salutò ancora i due amici, poi rientrò in casa con un brivido lamentandosi delle fresche serate estive in campagna, quindi si avvicinò alla poltrona dove Justyn stava andando avanti con la sua ciliegia.
-Ti va di bere qualcosa... di serio, prima di andare a dormire?
Justyn non poté fare a meno di notare l'esitazione dell'amico nel pronunciare quella frase, e intervenne senza battere ciglio: -Stavi per dire 'qualcosa da uomini', vero? Non credo che ci sia nulla di male a provare a fare qualcosa di diverso, per una sera. Che cosa proponi?
Justyn sorrise, e Arthur sorrise di rimando: -Ok, che ne dici di un whiskey con ghiaccio?
Si avvicinò dopo qualche istante portando due bicchieri pieni di ghiaccio e una bottiglia, li poggiò sul tavolino basso al centro fra il divano e la poltrona, e versò il liquido nel primo bicchiere, che porse all'amico; poi si versò il suo e entrambi rimasero a guardarsi negli occhi per pochi secondi. Justyn proruppe: -Auguri, Arthur. Ai tuoi quaranta!
-E all'amicizia. Quella degli amici veri, però.
I due si guardarono ancora, poi affrontarono il bicchiere bagnandosi appena le labbra. Cadde un po' di silenzio, poi fu Arthur che prese parola, all'inizio sembrava quasi che parlasse più con sé stesso che con l'amico.
-Quarant'anni. Già... metà della mia vita è passata così, in un soffio- schioccò le dita. -Eppure sento che manca qualcosa. Chissà se un giorno mi deciderò a mettere su famiglia. Le donne, chi le capisce le donne... io ne ho avute tante, ma non so se mi sento un brav'uomo: penso di essere una causa persa in partenza...
Justyn sorrise, poi abbassò gli occhi e scoppiò a ridere. Dopo qualche istante si riprese e spiegò: -Tu una causa persa? Io invece ti vedo benissimo come un eccellente padre di famiglia, e magari anche un eccellente marito. Un uomo di casa irreprensibile, un ottimo partito, altroché. Sei troppo pessimista secondo me, e comunque gli uomini cambiano, soprattutto quando di mezzo c'è la famiglia... fidati di me, che se sono cambiato lo devo anche ad Elyse.
-Uhm... ti va di essere schietto? Dimmi la verità: ti manca tua moglie?
-Sai, a volerla dire tutta non è che le cose andassero proprio per il meglio fra noi due, negli ultimi tempi...
Arthur lo interruppe: -Se non ti va di continuare, lasciamo stare, eh? Possiamo sempre parlare delle tue impressioni di questa serata, o del lavoro...
-No. Invece mi va eccome. Forse per me sta parlando l'alcol, ma non vedo nulla di male a tracciare una riga e tirare le somme della mia vita. Forse questa è la serata giusta per farlo.
Estrasse da una borsetta nera accanto alla poltrona un pacchetto di sigarette bianco, ne prese una sigaretta e l'accendino, poi offerse il pacchetto ad Arthur, che se ne tirò fuori una anche lui. Mentre nuvolette di fumo azzurrognolo si formavano davanti al volto di Justyn, questi continuò: -Dopo l'incidente molte cose sono cambiate. Io stesso sono cambiato, ma voglio essere sincero: io già stavo cambiando, stavano cambiando le cose fra di noi. Volevamo un bambino, e forse se ci fosse nato un figlio non sarei arrivato dove sono adesso. Forse. Tuttavia la vita è una strada piena di bivi, e non saprai mai dove ti porterà la strada che scegli di percorrere. Io adesso, a trentasette anni, mi sento in pace con me stesso, e con il mondo, anche. La mia esperienza l'ho fatta, magari non è stata un granché, ed ho dovuto vivere un dolore indicibile, ma tutto questo mi ha di sicuro aiutato a trovare lo spazio di cui avevo bisogno già da tempo.
-Ma ora, alla luce di tutto questo, ti faresti di nuovo una famiglia? Voglio dire, se trovassi qualcuna che...
Arthur si interruppe, ma Justyn lo riprese con quella gentilezza e quella naturalezza con cui portava, quasi per mano, le persone che gli stavano intorno: era difficilissimo fare una gaffe con lui, perché viveva questo fattore con una normalità lampante: -Non so se effettivamente ci siano donne che possano apprezzarmi per questo. O uomini: al momento, ovviamente, mi sento più attratto da persone del mio stesso sesso, ma come ti dicevo, io mi sento in pace con me stesso, in questo frangente. Sto vivendo una pausa di riflessione, dopo altri due o tre fidanzamenti con ragazzi molto speciali, ma ora ho bisogno di appunto di tirare le somme prima di continuare.
-Ma se scocca l'amore, tra due persone, non vedo perché ti debba lasciare limitare da questo...
-Non è così semplice. Sai: forse è il caso che ti racconti come tutto questo è cominciato, affinché tu possa farti delle idee ben precise. Non ne ho mai parlato diffusamente con nessuno, tuttavia perché non ho mai avuto dei veri amici che mi sapessero apprezzare per quello che faccio, piuttosto che per quello che sono.
Schiacciò la sigaretta nel posacenere del tavolino, riprese il bicchiere di whiskey e, dopo un sorso, cominciò a raccontare con l'aiuto della bevanda quella che era stata tutta la sua vita precedente.


Justyn: una scelta di vita
Justyn era figlio di un valente industriale, nato e cresciuto nell'immensa e caotica metropoli di Calgary, poteva avere tutto quello che desiderava, a tratti quasi come se fosse stato viziato.
Tuttavia non era stato proprio viziato, diciamo che il padre (dopo la morte precoce della madre) aveva fatto in modo che il suo unico figlio non dovesse sopportare le difficoltà non indifferenti della vita.
E Justyn si era trovato, poco più che trentenne, in quello che appariva come un sogno ad occhi aperti: una bella casa, una moglie amorevole, un lavoro dagli ottimi sbocchi e dagli ottimi guadagni, una laurea...
Lui ed Elyse si conoscevano sin da piccoli, erano sempre stati buoni amici e si erano sempre trovati bene insieme. Tuttavia come fossero finiti fidanzati e poi sposati, sembrava più il risultato di un solerte lavoro di due famiglie che cercassero contatti per una dote d'interesse, piuttosto che il risultato di un sentimento che era sbocciato nel fiore della giovinezza dei due ragazzi. Ma quell'incanto che sarebbe dovuto funzionare come una favola a lieto fine, ad analizzarlo meglio si dimostrava essere un percorso non poco accidentato.
Sebbene avessero seguito ben due grossi trasferimenti per lavoro, prima andando a finire a Regina, in affitto in un piccolo appartamento condominiale per due anni, poi sino a Brandon, dove finalmente Justyn aveva potuto comprare un piccolo villino con giardino, il posto ideale per crescere due figli, magari.
Ma entrambi si avvicinavano ad un crollo netto, e i motivi che portavano a questo lento ed inesorabile crollo erano molteplici, in parte legati a come cambia un'amicizia quando diventa convivenza, in parte a come lentamente i due non si sentivano più attratti fra di loro.
Era come se la scintilla che aveva fatto scaturire l'amore fra i due giovani, stesse lentamente spegnendosi, trascinando con sé tutto il sentimento che c'era stato.

Le prime avvisaglie di come le cose sembravano non andare come era stato previsto Justyn ed Elyse le vissero nel giorno del loro primo anniversario di nozze.
Nel tempo Justyn aveva ripensato spesso a quel giorno, chiedendosi se avere rimpianti: non aver voluto analizzare le difficoltà coniugali magari avrebbe potuto avere conseguenze ben diverse sulla vita di entrambi. Ma come la vita ci insegna, quando si sceglie una via bisogna percorrere la strada fino in fondo e non si può tornare indietro.
Quel giorno era un fresco venerdì di fine febbraio:Justyn voleva che fosse perfetto sotto ogni aspetto, sebbene l'anniversario cadesse non solo in un giorno lavorativo, ma soprattutto di pesante stress sul posto di lavoro per entrambi.
Quella mattina aveva portato ad Elyse la colazione a letto, e l'aveva svegliata con un bacio sulla fronte, ma dopo colazione già era chiaro che il lavoro e gli impegni li avrebbero tenuti separati per quasi tutto il resto della giornata, e bisognava cercare di trovare l'affiatamento per la cena.
La giornata era scorsa tranquillamente, un paio di telefonate fra di loro tanto per sentirsi e cercare di fare finta di essere ancora due piccioncini innamorati, poi finalmente alle 17 il ritorno a casa, il relax in giardino, la cenetta a lume di candela... tutto sembrava scorrere secondo un disegno perfetto e quando intorno a mezzanotte Elyse si dilungò sotto le lenzuola, lasciandosi avvolgere dall'abbraccio e dalle coccole di Justyn pareva che effettivamente tutto fosse andato per il verso giusto.
O stavano fingendo?
Elyse era eccitata, ma sentiva anch'ella che quell'incanto stava lentamente scemando e, dal canto suo, mentre Justyn la aiutava delicatamente a liberarsi dai vestiti, si sentiva assente come uno spettatore di fronte ad uno spettacolo televisivo.
Spensero la luce, Justyn la baciò appassionatamente; lei sentì la pressione del suo pene eretto ed indurito sotto le lenzuola, e gli si concesse per appagare il bisogno di sesso di entrambi. Il bisogno primordiale di trovare una qualche dimensione nel giorno del loro anniversario, dal quale rischiavano di uscire più lontani di prima fra di loro anziché più vicini.
Justyn si offrì più per donare una forma di felicità a lei che a sé stesso, e così andarono avanti per diversi minuti, in un'azione sessuale non eccessiva, ma che tuttavia rischiava di non volersi concludere: Elyse era riuscita a dimenticarsi per qualche momento dei loro contrasti, abbandonandosi alle emozioni e alle scariche ormonali che le facevano gradire lo scorrimento ritmico del pene di Justyn sulle pareti della sua vagina; stringeva i muscoli ed aveva cercato ed ottenuto un orgasmo basso, vaginale.
Justyn, invece, soverchiava la scarica di testosterone mantenendo la mente sul gelo che stava calando lentamente sul loro rapporto. Sentiva che la sua libido aveva alti e bassi, e che se fosse continuata così avrebbe rischiato di cadere del tutto, lasciando finire quel rapporto sessuale così, senza un perché, senza un orgasmo, senza un motivo apparente.
Ma sentiva e sapeva anche che se ciò fosse accaduto, sarebbe stato l'inizio di un crollo verticale forse ancora troppo prematuro.
Justyn cercò di aumentare la sua eccitazione facendo pensieri sexy, si costruì in testa l'immagine della moglie che si muoveva sul letto, nel buio. Questo lo aiutò tantissimo, e quindi ripensò ai momenti precedenti a quel rapporto, mentre l'aiutava a spogliarsi.
E successe.
Mentre pensava a sua moglie in quel frangente, la sua mente si soffermò sull'immagine delle sue mutandine, bianche con finiture nere di pizzo ed un fiocchetto nero con un cuoricino rosso al centro dell'elastico.
L'immagine che gli si formò successivamente in mente era non più della moglie, ma di sé stesso, con addosso quelle mutandine. Furono alcune frazioni di secondo: una frazione di secondo e pensava alle mutandine della moglie; la frazione di secondo successiva vedeva sé stesso, di fianco, con addosso quelle mutandine, e infine la frazione di secondo successiva cancellò l'immagine dalla mente chiedendosi come aveva potuto avere una fantasia del genere. Ma in quell'ultima frazione di secondo, oltre all'immagine scomparve la magia di quel momento, annunciata con una spinta brusca in avanti dentro la vagina della moglie che provocò un lieve dolore ad entrambi.
E l'immagine scomparve in uno dei più dolorosi, violenti ed improvvisi orgasmi che Justyn avesse mai sperimentato.
Continuarono a coccolarsi ancora qualche minuto, poi la moglie crollò e si abbandonò al sonno. Justyn, invece, rimase steso sul letto ad occhi aperti nel buio, rimuginando ancora per un po' su come mai nella sua testa, nella sua mente, si fosse formata così nitidamente un'immagine tanto insolita.

Seguì il sabato, durante il quale nulla di specifico successe, ma poi venne la domenica, e quella domenica Elyse voleva andare a trovare i suoi cugini, a Broadview. Poco meno di un paio di centinaia di chilometri di strada bene o male tranquilla e che non faceva da molto tempo, ma duecento chilometri da farsi da sola, dato che Justyn quella domenica mattina non si sentiva affatto bene.
Oppure stava benissimo, piuttosto, e non aveva nessuna intenzione di incontrare i figli di "zio Thomas" con cui non aveva affatto un buon rapporto. Forse il problema di Justyn era quello, ma di certo se avesse saputo che cosa sarebbe dovuto succedere quel giorno, forse avrebbe cambiato idea e sarebbe andato anche lui. O forse no: i cambiamenti nella vita sono necessari per tutti.
I cambiamenti.
Come quel ritardo di Elyse, sempre puntuale. E il fatto che, pur essendo partita alle 21, il cellulare non era raggiungibile.
I cambiamenti. Come quella telefonata dello sceriffo del distretto di polizia di Whitewood, a mezzanotte passata, per invitare Justyn a farsi anche lui quei bei duecento chilometri in piena notte.
Un cambiamento, magari uno solo: quello che Justyn si aspettava, rispetto allo stato di coma (irreversibile? che brutta parola!) di Elyse, sul letto della guardia medica di Whitewood, mentre il medico di turno cercava di procurare un elicottero per poter raggiungere in tempi accettabili il Victoria General di Winnipeg.
Cambiamento: come la routine del lavoro del lunedì sospeso, come rivedere padre, suoceri, cugini, amici, parenti.
Tutti a Winnipeg per due giorni.
Cambiamento, infine: quel cambiamento d'abito. Dismettere i panni di un assistente capo di laboratorio industriale, per prendere quella giacca nera e quella cravatta nera che sono nell'armadio pronte solo per le occasioni piu' particolari.
E dover dare l'ultimo saluto alla propria moglie pochissimi giorni dopo il primo anniversario di matrimonio.
Eppure il cambiamento, questo cambiamento, era necessario.

Nei giorni seguenti il vuoto lasciato da Elyse in casa di Justyn si faceva sentire e vedere praticamente in ogni angolo. Diversi amici, parenti e colleghi gli proposero una mano di aiuto a ripulire e riordinare la casa, ma Justyn rifiutò con educazione, e continuò a mantenere il mezzo armadio con gli abiti di Elyse in perfetto ordine, i due accappatoi identici con le iniziali ricamate dietro la porta del bagno, persino i due spazzolini da denti sul ripiano accanto al lavandino del bagno.
La prima settimana passò in un lampo. Ogni mattina Justyn si svegliava nel lettone e rimaneva in silenzio per alcuni minuti cercando di rendersi conto della mancanza della moglie.
Fu nel corso della seconda settimana che cominciò a ripensare più seriamente a come si sentiva. Non solo perché sentiva la mancanza della moglie, ma soprattutto perché sentiva che c'era qualche altro cambiamento che doveva avvenire.
Alla fine della seconda settimana, sabato, decise che forse era giunto il momento di trovare la forza per disfarsi dei ricordi di una moglie che non c'era più, e magari per rendersi nuovamente conto che tuttavia quella donna non c'era più da molto tempo prima, e che se in quel momento non si fosse trovata nel cimitero di famiglia, con le ultime tensioni vissute, probabilmente adesso si sarebbe comunque trovata lontana da casa.
Nel corso della mattinata Justyn si occupò del giardino, nel corso del pomeriggio invece raccolse gli abiti della moglie in alcuni scatoloni. Meccanicamente, ma senza rendersene veramente conto, lasciò il cassetto della biancheria intima per ultimo, e arrivò quindi ad aprirlo nel tardo pomeriggio mentre dalla finestra della camera da letto filtravano gli ultimi raggi del tramonto.
Si sentiva strano a maneggiare le mutandine e i reggiseni della moglie, a piegarli e infilarli nello scatolone che aspettava muto accanto al letto, ma poi accadde: nel cassetto apparvero nuovamente le mutandine con il fiocchetto nero e il cuoricino rosso. Rimase fermo, ad osservare il cassetto aperto, senza dire una parola, per diversi minuti.
Diversi minuti nei quali nella sua mente rigiravano immagini di Elyse nel giorno del loro anniversario. Immagini di Elyse che entrava nel letto con addosso solo quelle mutandine ed un reggiseno coordinato (li aveva comprati lei? O glieli aveva regalati Justyn). Immagini di Justyn con addosso quei due indumenti intimi.
Dopo qualche minuto Justyn si accorse, con molto disagio, di essere inginocchiato davanti al cassetto e in preda ad una erezione non indifferente. Cercò di togliersi dalla mente quell'immagine, e si trascinò in bagno dove cercò di rilassarsi respirando lentamente mentre la monumentale Jacuzzi si riempiva pigramente.
Si spogliò e rimase nudo per alcuni minuti a guardarsi allo specchio. Aveva gli addominali ben bilanciati senza essere scolpiti dalla palestra, le spalle larghe e robuste, i capelli corti e ben organizzati; si guardò persino ciglia e sopraciglia cercando di ignorare l'asta porta-bandiera che gli si era eretta fra le gambe.
Poi, senza neppure pensarci, con addosso l'accappatoio, ritornò in camera da letto e pescò dallo scatolone con gli abiti della moglie, uno dei costumi da bagno preferiti da Elyse. Un bikini che Justyn le aveva regalato quando erano ancora fidanzati. Un bikini azzurro con striscette nere, semplice ma elegante, e che avevano scelto assieme.
Tornando in bagno, decise di togliersi il dubbio di quelle immagini che gli tornavano costantemente in testa, e toltosi l'accappatoio, Justyn indossò la parte superiore del costume da bagno sul torace, si allacciò le bretelline dietro il collo e si agganciò sulla schiena la cinghietta posteriore, poi si osservò allo specchio, non solo riconoscendo che quel costume fosse proprio grazioso, ma anche che gli stava bene addosso.
Justyn si sentì... carino.
E si sentiva carino nonostante il suo pene avesse raggiunto una dimensione non indifferente e cominciasse quasi a fare male. E si sentiva così carino che provò ad infilarsi anche lo slip di quel costume.
Ma non appena si piegò in avanti e fece per tirarselo su, si superò le ginocchia e giunse l'orgasmo.
Giunse un orgasmo violento, doloroso, che lo riportò con cruenza alla solida realtà. Alla realtà dello sperma che si era spruzzato sulla faccia, una goccia bianca che scendeva lentamente lungo lo specchio, alcune macchie sul pavimento, e soprattutto alla realtà di un uomo in ginocchio nel bagno che si guardava con addosso un costume da bagno femminile.
Rimase ammutolito, quasi spaventato.
Poi si tolse rapidamente il costume e si infilò nella vasca sfregandosi e spazzolandosi per bene, perché si sentiva sporco. Sporco fuori, ma soprattutto sporco dentro per quello che aveva fatto. Ma per quanto spazzolasse, per quanto cercasse di togliersi di dosso quella sensazione di sporcizia, in realtà c'era una cosa che non se ne voleva comunque andare via dalla sua testa. Non tanto l'immagine ancora fresca che aveva visto allo specchio di sé stesso con il pezzo superiore del bikini della moglie. Non tanto i due triangolini azzurri e neri che si stendevano a coprire timidamente due capezzoli senza seno intorno. No: non era quell'immagine d'insieme, ma un fatto. Il fatto che Justyn si fosse sentito carino. Veramente carino.
Si vergognava di sé stesso e con sé stesso, ma tuttavia non se la sentiva di criticarsi. Era come se si fosse diviso in due persone diverse: una razionale che non voleva pensare a cosa era successo, ed una irrazionale che invece si era trovato carino, si trovava carino, si era eccitato tantissimo e si voleva eccitare ancora, voleva ripetere ancora l'esperienza.
Justyn ripulì il bagno, e preso da buone intenzioni infilò il costume da bagno, rimasto gettato in un angolo, nella cesta della biancheria sporca. La sera successiva, sotto la doccia ripensò all'esperienza del giorno prima, ma a quel punto la parte irrazionale di sé ottenne il sopravvento.
Svuotò gli scatoloni con gli abiti della moglie e rimise tutto quanto fra gli armadi e i cassetti. E la sera dopo, di nuovo nudo davanti allo specchio mentre la Jacuzzi si riempiva, affrontò a cuor più contento (e pene ancor più eretto) un altro bikini rosso trovato nel cassetto della biancheria. Stavolta riuscì ad infilarsi entrambi i pezzi: mentre si guardava allo specchio (cercando di ignorare il suo pene ingigantito che tirava con forza il triangolino rosso di slip che gli copriva il pube) si sentiva ancora più carino. Tuttavia non appena mise piede dentro la vasca da bagno, lo slip si bagnò copiosamente, e non di acqua.
Le forti sensazioni dell'orgasmo avevano pigramente risvegliato la sua parte razionale e rimase per un minuto buono in piedi, dentro la Jacuzzi, poi si tolse il costume e fece il bagno ancora con la sensazione di sentirsi sporco dentro, ma senza spazzolarsi fuoriosamente come aveva già fatto. Ma quella sera fu anche quella dell'ultima fugace apparizione della sua parte razionale: ogni sera in cui poteva sostituire alla doccia un bagno rinfrancante con l'idromassaggio, lo stesso avveniva non prima di essersi infilato un costume da bagno della moglie.
E le abitudini non si fermavano qui. Cominciò a fare una cernita fra i vestiti della moglie, ed ogni domenica in cui era solo in casa dopo essersi lavato restava tutto il giorno a fare ogni genere di attività domestica indossando abiti femminili. Nel giro di non più di tre settimane, grazie all'abitudine e - soprattutto - alla mancanza della sua parte "razionale" cominciò ad abituarsi a questo "gioco", e finalmente questo suo indossare abiti femminili non veniva interrotto o doveva finire necessariamente con un orgasmo più o meno spontaneo. Tuttavia fu anche il periodo in cui riprese a masturbarsi, usando fantasie o immagini di sé stesso in abiti femminili.
Trascorsero quattro mesi dalla morte della moglie, e la situazione si stabilizzò, ma prese anche quella forma che aveva avuto nel tempo: cominciò a comprare abiti da donna, ad uscire per andare magari a prendere qualcosa da bere, vestito da donna.
Justyn all'inizio aveva una certa diffidenza per la sua città, e quindi si allontanava in macchina raggiungendo altri posti, ma poi superò anche questa diffidenza. Tuttavia suo padre accolse male la sua dichiarata omosessualità, e cercò di costringerlo a una terapia psicologica dando la colpa di questa "devianza" alla perdita precoce della moglie. Ma Justyn rifiutò decisamente: c'erano stati alti e bassi fra lei ed Elyse, ed ormai aveva capito che quelle incomprensioni, quel senso di vuoto che c'era fra di loro era dovuto proprio a questo lato della sua vita che cercava di uscire dal suo corpo ed esprimersi liberamente.
Sul lavoro presero la notizia con più filosofia, anche se alla fine Justyn decise di allontanarsi da Brandon e trasferirsi definitivamente a Brunkild, una ventina di miglia fuori Winnipeg, dove (grazie comunque ad una raccomandazione offerta dal padre) trovò posto come magazziniere presso un centro commerciale, e poté comprare un piccolo ranch dopo aver venduto la casa di Brandon.
Frequentava sempre bar per gay, ed ebbe nel tempo qualche fugace avventura con altri uomini, sebbene deciso poi a prendere una specie di "pausa di riflessione" si era ritirato circondandosi di buoni amici che non gli facessero pesare la sua condizione. Si vestiva con molto buon gusto, perché l'immagine di molti omosessuali che avevano il suo vezzo ma usavano uno stile terrificante lo inquietavano: Justyn si sentiva carino indossando abiti femminili, ma allo stesso modo infilandosi tacchi a spillo, calze a rete, minigonna microscopica con perizoma leopardato e camicetta trasparente era sicuro che si sarebbe sentito più vicino alla figura di una prostituta di bassa lega. Sul lavoro indossava l'uniforme generica, ma nessuno trovava da ridire per il suo trucco appena accennato o, come talvolta si notava, per il reggiseno che appariva appena in trasparenza sotto la camicia. E comunque i colleghi erano pressoché tutti amichevoli e gentili, per cui conservava un buon rapporto di amicizia con tutti.
L'integrazione con una società a tratti bigotta era stata certamente non facile (e che dire di quelle volte che qualche collega che gli aveva detto di venirli a trovare "magari porta anche la tua fidanzata", la cui faccia era impagabile alla risposta "tuttalpiù il mio fidanzato, se non ti da problemi..."), ma Justyn viveva bene con sé stesso, e con questa sua condizione.


Epilogo
Il racconto di Justyn era andato avanti lentamente, ed era passata quasi un'altra ora mentre lui ed Arthur era rimasti seduti sul divano toccando appena il bicchierino o fumandosi di tanto in tanto una sigaretta. Arthur era rimasto molto impressionato, ma non dava a vederlo.
-E questo è tutto, mio buon amico. Ora direi che sono abbastanza stanco ed ubriaco, ma dovrei essere in grado di trascinarmi fino alla mia casa qui di fronte senza rischiare di addormentarmi in mezzo al giardino. Tu che ne dici?
Arthur rise, nervosamente. -La tua è una storia complicata, anzi, una vita complicata.
-Diciamo che è la vita che mi sono scelto. E che mi va bene così. La mia pausa di riflessione sta finendo, o almeno sento che sta finendo, e penso che fra qualche mese potrei tentare di nuovo di mettermi con qualcuno. È una fortuna fidanzarsi con un omosessuale: di solito è molto difficile che cerchi di pugnalarti alle spalle.
Arthur si alzò: -Parole sante, caro Justyn... parole sante.
Accompagnò Justyn alla porta, e rimase lì a guardarlo mentre attraversava la strada e superava il cancello della sua proprietà, poi respirò a fondo la frizzante brezza notturna.

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