venerdì 31 ottobre 2008

Trecentesimo articolo del Diario di Viaggio

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Ero stanco, quella sera. Ero stanco dopo una giornata di lavoro eccezionalmente pesante, ed ero stanco perche' avevo approfittato del week-end per continuare il lavoro di impaginazione e gestione del foglio di stile. Perche' io sono cosi': mi piacciono gli strumenti open source perche' posso metterci le mani sopra, perche' non sono mai obbligato ad accontentarmi della pappa pronta che qualcun altro mi ha messo a disposizione, e posso variare la ricetta. (-:
Ero stanco, perche' era lunedi' e si prospettava una settimana di lavoro non troppo esagerato ma comunque da svolgere in mezzo al caldo e con la poca voglia di muovermi.
Ero stanco, perche' sabato e domenica li avevo passati rifinendo tutto il codice sorgente css2 e provando e riprovando con Firefox e Internet Explorer e quanto altro avessi a portata di mano, anziche' riposarmi fisicamente e mentalmente in preparazione all'inizio della settimana.
Ma ero stanco, soprattutto, di dire che dovevo cominciare a scrivere qualcosa da poter mettere sul web, qualcosa che identificasse me, la mia vita o il mio lavoro.
Ero stanco, mentre le zanzare cercavano di mangiarsi il bordo inferiore della finestra di BlueFish, mentre l'orsacchiotto mi aspettava fiducioso accanto al cuscino del letto, mentre di fronte a quanto avevo scritto mi ero fermato, ero uscito sul balcone e stavo fumando quella strameritata MS Club.
Ero stanco, ma l'emozione che e' venuta quando ho portato il cursore del mouse sul pulsante "Pubblica Post" me la ricordo ancora. A distanza di quasi 2 anni e mezzo.
Me la ricordo come se fosse la prima volta. Ancora la prima volta.
Mi ricordo le parole, semplici, che avevo trovato per tentare di descrivere come mi sentivo in quella serata magica. Mi ricordo l'aria di quella serata, mi ricordo di quando poi spensi la mia fresca distribuzione Ubuntu Warty Warthog, quando finalmente mi trascinai sul letto, spensi la luce e - abbracciato a Philippe, mi addormentai sorridendo.
Era il 5 luglio 2004.
Era il primo articolo del mio Blog. Il mio strano esperimento con lo spazio di Supereva non mi aveva convinto, ma questa volta era diverso, questa volta ero deciso a continuare.
Questa volta volevo costruire qualcosa, qualcosa di grande, e qualcosa di mio.
Sono uscito dal liceo scientifico con una media terrificante nelle materie umanistiche [salvandomi un po' con la filosofia, d'accordo: ma in italiano, storia e letteratura inglese e' meglio che stendiamo un velo (anzi, un telo) pietoso], e di certo non mi sarei mai visto a sfruttare concetti inerenti la letteratura, la comunicazione e il "public speaking" con gli altri. Una mente forse troppo matematica.
Troppo portato all'ambito tecnico, solo qualche volta mi ero cimentato nello scrivere piu' o meno brevi racconti mentre buona parte dei miei coetanei tentava di trovare sbocchi nel disegno o in altre attivita' culturali.
Eppure crescendo la gente cambia, e cosi' sono cambiato anch'io, lentamente ed inesorabilmente. Se quando andavo al quarto anno di liceo qualcuno mi avesse detto che avrei pubblicato un libro, che questo libro lo avrebbero comprato piu' di cento persone, che ne avrei ricevuto commenti positivi da moltissimi... beh, lo avrei preso per pazzo visionario.
Eppure e' cosi'. Il Blog mi ha fatto fare pratica, (-: molta pratica. Ed ho imparato a convivere con me stesso. Fino a qualche anno il mio karma era ben abbondantemente portato ad un concetto: Il mio avatar e' diverso da io.
Questo concetto lentamente e' cambiato e le due parti hanno iniziato a convivere ed a trovare punti di contatto. Anche grazie al blog.
Il mio blocco letterario si e' sbloccato ed ho imparato nuovamente a scrivere. In parte leggendo altri Blog, ma soprattutto scrivendo, scrivendo molto, scrivendo spesso, cercando di non portare davanti al monitor ed alla tastiera la figura sciatta e basilare del mio avatar, ma piuttosto la figura piu' funzionale di me stesso.
Avevo cominciato quasi per gioco, ma intenzionato comunque a non gettare la spugna per via delle difficolta', a superare la stanchezza che mi avrebbe portato spesso a rinunciare di scrivere un articolo, o a curarmi del blog perche' volevo mettere del tempo sopra qualcos'altro, ad evitare per questo che un boom iniziale rischiasse di scemare lentamente. Ad evitare di lasciare questo sito nel dimenticatoio, abbandonato a se stesso come una creatura mostruosa che si trascina lungo una strada di periferia legata a pesanti tentacoli come un oscuro fardello che rende periglioso il cammino [Philippe: ti ho detto che potevi venirmi vicino mentre scrivevo questo articolo, ma che castronerie mi stai facendo scrivere? (-: Lo so che vuoi essere coccolato prima di addormentarti, e anche che e' tardi, ma aspettami sul letto che fra poco arrivo!].
E di giorno in giorno lo sforzo cominciava a diventare piacere: non mi sentivo piu' costretto a scrivere un nuovo articolo tanto per non lasciare il Blog ad invecchiare, quanto spinto a farlo perche' avevo qualcosa da raccontare, o perche' era successo qualcosa ed avevo voglia di dire la mia.
Giorno dopo giorno, senza mai chiedersi quanto sarebbe stato utile o funzionale, sperando nei commenti degli amici, dei parenti, dei miei lettori [Vi invito sempre a lasciare un vostro commento: non abbiate paura. E' semplice e si puo' fare anche anonimamente. Se aprite l'homepage quando leggete un articolo selezionate "[Leggi tutto]" e vi troverete davanti sia l'articolo che ho scritto sia, in fondo, gli eventuali commenti e il comando "Invia un commento"; potete commentare semplicemente scrivendo quello che pensate, sia che siate gia' iscritti a Blogger (potete mettere il vostro nome utente e la password), sia che non lo siate (potete selezionare "anonimo" e non vi verrano chiesti dati, ma in tal caso vi invito a voler scrivere in fondo al commento comunque il vostro nome o un alias), sia che abbiate un altro sito web (potete selezionare "altro" e scrivere il vostro nome o alias e l'indirizzo del vostro sito web); ah, la "verifica caratteri" (Captcha) e' uno strumento che non e' messo li per creare difficolta' a voi, bensi' per contrastare il fenomeno dei programmi che ficcano automaticamente commenti agli articoli consigliandomi/ci di acquistare prodotti a base di citrato di Sildenafil o Tadalafil...].
Questo Blog e' uno strumento semplice, eppure e' cresciuto lentamente da quando e' nato e mai mi sarei aspettato tutti i risultati e le soddisfazioni che mi sta dando.
Eppure quando, in questi giorni, ho visto la bacheca ed il numero "299" che potete vedere nel capture a inizio articolo, mi sono spaventato.
Perche' questo che sto scrivendo e' il trecentesimo articolo di questo blog, e non e' facile riuscire a scrivere 300 articoli diversi sugli argomenti piu' disparati. Perche' non si possono scrivere 300 articoli in un blog e passare avanti come se niente fosse. Perche' non ci si puo' trovare per due mesi con il controllo caratteri grafici nella bacheca quando scrivevo un nuovo articolo, perche' Blogger riteneva che dato il mio traffico 'esagerato' potessi essere uno spammer (((-: anziche' un blogger e nulla piu'.
Con questo articolo voglio segnare un punto non solo nel Blog, ma anche nella mia stessa vita. E' il caso di festeggiare, e avro' modo di farlo anche approfittando dell'approssimarsi delle festivita' natalizie, ma soprattutto avro' modo di guardare al futuro e di pensare, immaginare, sognare che cosa mi (e ci) riservera' questo blog nel corso dei prossimi due anni e mezzo, o dei prossimi trecento articoli.
Ma, credetemi, dopo 300 articoli, ogni volta che finisco di scrivere e sto per portare il puntatore del mouse su quel bottone arancio, l'emozione che mi sale e' sempre la stessa. Ed e' sempre la stessa della prima volta.
Grazie, grazie a tutti voi: perche' esistete, perche' avete comprato il mio libro, perche' mi avete apprezzato, perche' mi avete aiutato, perche' mi avete spinto a non rinunciare, perche' mi avete fatto scoprire un mondo bellissimo, perche' ho scoperto quanto mi piace questo mondo, perche' anche nei momenti difficili ho saputo trovare uno sfogo che e' stato apprezzato, ma soprattutto perche', in generale, mi avete saputo apprezzare per quello che sono.
... e adesso non mandatemi insulti, pomodori e uova marce nei commenti, che se no si satura il /dev/null!! ((((-:

mercoledì 29 ottobre 2008

Il mentore e' il nostro vate(r)

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Siamo io, Francesco Candelari e alcuni amici tutti riuniti a casa sua, e siamo in un futuro relativamente prossimo, dato che secondo lo sviluppo del dialogo (e il fatto che lo so per certo) ho gia' pubblicato oltre al libro attuale i due su cui sto lavorando e che vanno a seguire cronologicamente. E' un tiepido giovedi' pomeriggio d'inizio estate.
FC: "Maledizione, vero: oggi e' giovedi'."
Io: "E c'e' bisogno di imprecare? Perche' domani ancora lavori? Beh, pure io..."
FC: "Che c'entra, non te l'avevo accennato? E' il giorno del mentore!"
Io: "Eh? Ah... Boh, si mi hai detto qualcosa riguardo a questo prete e alle sue dissertazioni filosofiche che portano via intere serate..."
FC: "Si, ed e' logorroico all'inverosimile, e' difficile che qualcuno riesca a tenergli testa e pertanto ormai abbiamo rinunciato e sopportiamo stoicamente..."
Io: "Mah, si vedra' stasera, suvvia, intanto vediamo di capire che cosa non va in questa benedetta adsl..." [Oddioddioddiooooooo! Mo' mi porto il lavoro pure nei sogni? Devo farmi vedere da uno bravo...]
Il tempo scorre durante l'analisi dei problemi dell'adsl di Francesco e ad un certo punto mi sento battere sulla spalla da qualcuno. In casa di Francesco c'e' molta gente che si e' riunita per questo "avvenimento letterario" del giovedi' sera, ma la persona che ha attirato la mia attenzione e' - per l'appunto - il mentore, ossia un distinto giovane di poco prossimo ai quarantanni con una camicia nera interrotta dal colletto con la tipica striscia bianca (ehm, come si chiama questo particolare? Su wikipedia non trovo specifiche informazioni in merito).
Il personaggio si presenta marginalmente [esordisce dandomi del tu: "Ciao Mirko, come va?" ma non mi dice il suo nome e si limita ad annunciare subito dopo, aulicamente e rivolgendosi a tutti "questa sera saro' il vostro mentore (ecco perche' lo chiamano cosi' ndG) e dato che abbiamo un grande scrittore che ha all'attivo ben tre libri, magari ci consentira' di approfondire meglio l'argomento della serata, grazie, grazie, tieni questo che cosi' nel frattempo gli potrai dare un'occhiata visto che sara' l'argomento della serata" e quindi si defila, dopo avermi ficcato in mano un libercolo poco piu' ampio di un foglio A6 ma particolarmente corposo. Mentre ci dirigiamo tutti verso il salotto a prendere posto sui vari divani per poter seguire, piu' rassegnati che interessati, le sue vanagloriose dissertazioni che hanno a dover trattare questo libercolo, che analizzo al volo mentre ci spostiamo: e' un testo di letteratura italiana per le scuole superiori, conta circa 1600 pagine con una scrittura niente affatto fitta e complessa. Dopo aver visionato al volo le ultime pagine prendo posto su una sedia, dietro due persone, e comincio ad alternare l'ascolto dei discorsi del "mentore" con la visione di alcuni stralci tratti a caso nell'epoca italiana di fine 700, nella seconda meta' del libro.
Ma poi resto completamente sconvolto ad ascoltare la dissertazione del mentore! Egli infatti spiega dapprima che questo testo copre un intero quinquennio di scuola superiore ad indirizzo classico (E fin qui, dico, boh: certo un testo del genere che riportato sulle dimensioni di un libro in A4 e con il carattere tipografico dei *miei* libri di letteratura diventa una boiata di meno di 300 pagine, ossia poco meno di quanto era spesso il libro di letteratura italiana solo del terzo anno), e distraendomi un attimo vado a cercare il capitolo su Dante Alighieri, scoprendo con orrore che ci sono dedicate un cinque pagine appena, di cui una che riporta una gigantografia (ehm, diciamo una rimpicciolografia date le dimensioni del tomo) della nota illustrazione del Dore' con Dante che si trova nella selva. Restano quattro pagine, di cui la prima e' interamente dedicata alla sua infanzia e alla famiglia, agli studi ricevuti: praticamente nacque, visse, scrisse qualcosa, mori' (per un libro del genere Vittorio Gassman non si rivolterebbe neppure nella tomba: si porterebbe appresso direttamente gli autori).
Ma poi tornando a sentire il "mentore" mi rendo conto di una cosa paurosa: sta discutendo di questo libro, che dovrebbe coprire l'intero quinquennio di scuola superiore e *lo* *ritiene* *manifestamente* ed *esageratamente* *grosso*!!!
Si fa persino conti matematici: "200 giorni di scuola per cinque anni, fanno 1000 giorni, ci sono oltre 1600 pagine: piu' di una pagina da studiare ogni giorno oltre a dover interrogare, scrivere temi e sviluppare approfondimenti: come dovrebbero fare quei poveri studenti ad imparare qualcosa? Si deve accorciare di molto e ridurre molti argomenti bla bla bla..."
Mi giro intorno e noto che sono tutti quanti quasi in catalessi, perche' il discorso sembra fondato e se non hanno argomenti validi, a detta di Francesco, provocherebbero una lunga ed inutile dissertazione, ma io sono piu' furbo... possibile? Eppure.
Ancora incavolato per la maleducazione con cui a) non si e' presentato (e mi da pure del tu, ma chi sei? Chi ti conosce?) e soprattutto b) si rivolge a tutti come se fosse un sommo vate che fornisce la verita' a noi poveri mortali, improvvisamente brandendo il libro verso di lui mi alzo e intervengo dandogli anch'io del tu, interrompendolo in mezzo ad un conteggio, e senza neppure scusarmi per l'interruzione.
Io: "Ci stai prendendo per il culo, vero?"
Innorridito per la parolaccia si ammutolisce e tenta di fulminarmi con lo sguardo, ma vedendo la mia espressione e il libro che gli punto addosso, e che dopo qualche istante ricomincio a parlare, distoglie lo sguardo.
Io: "Si, io ne sono sicuro: tu ci prendi per il culo. Questo volumetto riportato nelle dimensioni di un normale libro di letteratura italiana in misura A4, come li ho avuti io al liceo, non supererebbe le 350 pagine, diciamo pure 400 a volersela prendere larga: quanto il libro di letteratura italiana che avevo al PRIMO ANNO DI LICEO, e sul quale un approfondimento complesso sui periodi storici nella letteratura seguiva un approfondimento serio sugli autori principali e rappresentativi e una breve infarinatura sugli autori che in quel periodo seguivano la stessa corrente. Secondo te questo testo e' troppo lungo e rischia di diventare troppo dispersivo in un quinquennio di scuola superiore. Bene. Secondo te questo rischia di non far approfondire l'argomento per il tempo che merita, interessante: quindi se questo libro di 1600 pagine per cinque anni non si riesce a seguire [ah, e i ragazzini della scuola elementare che le 850 pagine di Harry Potter se le spippolano in un mese e se lo rileggono anche 10 volte di fila, che sono: delle macchinette? (-: ndG] allora io che mi sono fatto 400 pagine di letteratura in un anno non ho imparato nulla, sono un ignorante. Perche' per fare 400 pagine in un anno, che rapportate a questa robaccia fanno lo studio di questo intero affare in un solo anno scolastico, non abbiamo imparato nulla... Interessante. I nuovi intelligenti sono quelli che devono studiare un quinquennio di letteratura in un libro piu' piccolo di questa boiata, in cui lo spazio dedicato a Dante Alighieri e' cosi' ristretto che se vado di la' e mi apro un documento Word te lo faccio entrare in una paginetta, facendolo con una dimensione leggermente piu' comoda in una e mezza, roba che neanche un tema medio d'esame di maturita' che si prende dalle sei alle otto facciate di un foglio protocollo! E l'ignorante poi sono *IO*! Ma mi pare evidente che ci prendi tutti per il culo!"
Il mentore prova a riprendere le redini del discorso, ma continua ad evitare il mio sguardo: "Ma che c'entra, sono sempre 1600 pagine che..."
Io: "Milleseicento o sedicimila, non si puo' usare la dimensione di un libro come metro per il suo giudizio. Allora i migliori testi del mondo sono gli elenchi del telefono delle piu' grandi citta' mondiali! (Girandomi verso tutti e facendoli ridere) Certo: ci sono forse un po' troppi personaggi per cui alla fine e' complesso riuscire a trovare l'assassino, pero' ne dicono tutti un gran bene! Ma dico, ma ti rendi conto che stai dicendo delle cazzate infernali?"
Il mentore di nuovo cerca di fulminarmi con lo sguardo ma e' il primo a distogliere gli occhi...
Men: "Questi sono discorsi da caserma, non c'e' niente di male a prendere come..."
Io: "Allora non hai capito: non si puo' prendere la dimensione di un testo come metro di giudizio! Allora ti prendo in parola e dico che cinque paginette miserande su Dante Alighieri sono un insulto alla letteratura italiana. Per cui se vuoi continuare a dire castronerie, fai pure: io vado di la in balcone a fumarmi una sigaretta, perche' mi sono stancato.
Men (sforzandosi): "Questi sono discorsi da caserma, non c'e' niente di male..."
Io (allontanandomi in direzione del balcone con una sigaretta in bocca pronta ad essere accesa): "Ti stai arrampicando sugli specchi in una maniera eccezionale."
A questo punto tutti si alzano e cominciano ad applaudirmi mentre io, alzando le mani per ringraziare, esco sul balcone e mi accendo la sigaretta. La gente comincia ad andare via e volano voci che recitano commenti del tipo "Ma roba da matti: ma io non vengo piu' a questi giovedi' letterari, ma tu guarda che fesserie..." mentre il mentore esce sul balcone e rosso come un peperone continua a tentare di ripetere il suo "Questi sono discorsi da caserma, non c'e' niente..."
Io: "(Sorridendo) Hai finito o preferisci che mi metta a cantare con le dita nelle orecchie? Sei un cretino, e nulla piu'..."
[...]

lunedì 27 ottobre 2008

Spiaggia dicembrina

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Giungo e parcheggio la macchina. L'insenatura non e' piu' ampia di una quarantina di metri, ma la spiaggia e' deserta e mooolto accogliente.
La sensazione della sabbia tiepida sui piedi nudi e' impagabile, e l'acqua trasparente che si infrange sulla riva sembra chiamarmi a gran voce.
La marea sta scendendo lentamente e mette in luce qualcuno degli scogli lucidi e coperti di alghe. Mi avventuro lungo il pendio della scogliera che scende a picco sul mare e comincio a guardare in direzione del mare aperto.
La marea continua a scendere lentamente e mette in luce il fondale sabbioso e con qualche scoglio qua e la'. Le conchiglie che si trovano sulla battigia lentamente non immerse in acqua cominciano a brillare sotto i raggi del sole. Il cielo azzurro e terso sembra sconfinato. Il caldo mi fa capire che sto ancora cincischiando troppo.
Finalmente mi immergo lentamente nell'acqua fresca e mi ritrovo completamente immerso per (ehm...) bagnare i capelli prima di dirigermi a vigorose bracciate verso uno scoglio piu' ampio e scoperto, dove salgo e mi stendo per lasciarmi rosolare un po' al sole...

YAAAAAWNNN! Eh, no. Nello studio non c'e' tutto questo caldo, purtroppo...
Ciao Peter, un bel sonnellino pomeridiano, eh? Ma ora spiegami: sei un orso bianco, cavoli! Non mi dirai che senti freddo? COME SI?!?? Devo alzare di piu' la stufa, eh? Comunque la spiaggia ci voleva... (((-:
[...]

sabato 25 ottobre 2008

Un dalek distrutto a bottigliate

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Io e Lucky siamo sprofondati entrambi fra le capienti braccia del sig. Morfeo, io sono impegnato a capire come difendermi da un Dalek che mi punta minaccioso quando in mano ho solo un cacciavite sonico posticcio [non so che cosa stesse sognando Lucky... forse di cacciare salmoni di peluche in un fiume di carta in Svezia? (-: ] quando all'improvviso veniamo svegliati entrambi in malo modo.
Immaginate, come posso spiegarvi, il rumore che farebbe un grattacielo interamente di cristallo che crolla su se stesso come un castello di carte. Immaginate ora che questo crollo avvenga a non piu' di una decina di metri da casa vostra. Ci siete? Bene.
Ora immaginate cosa significa saltare su verso le quattro e mezzo del mattino mentre fuori dalla finestra si produce un simile boato frammisto a triturazione di vetri, il tutto per un cinque-sei secondi buoni.
SPEOMCATACRESHCRASHCRASHSPLIMCRASHCRASHetcetcetc!
Lucky: "ARGHH!"
Io: "GOSH!"
Lu: "CHE CAZZO SUCCEDE!??"
Io: "MA CHE E' 'STO CASINO ALLE... LE FOTTUTE QUATTRO E MEZZO DEL MATTINO??!??!"
Ci guardiamo in faccia, cercando di riprenderci, mentre un rumore come di camion che si sposta per una frazione di secondo ci fa dire, all'unisono: "Un incid... no, aspetta!"...
... e' ovvio: cosa puo' produrre un rumore simile alle quattro di mattina? Il camion della raccolta differenziata del vetro che ha rivoltato un bidone con due metri cubi e passa di vetro nel cassone!!
Aggiungete che dato il caldo si dorme con la finestra aperta ed ecco spiegato l'arcano...
Ma vaffan... yaaaaaaaaaaaawn!

giovedì 23 ottobre 2008

Il giorno che fregarono il Grande Fratello

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Faceva caldo, la notte che bruciammo Chrome. Eh, si'. La notte che raccontava William Gibson era una torrida notte d'estate. Quel giorno, invece, era un freddo giorno di fine autunno, e c'era freddo, non molto freddo, ma quel genere di freddo che ti entra nelle ossa e ti scuote facendoti maledire l'arrivo dell'inverno.

Alfredo si guardo' allo specchio, cercando di sistemare a qualche modo i capelli, lunghi e crespi, che voleva lo facessero assomigliare piu' alla Statua della Liberta' o a Jimi Hendrix che a qualche altra figura decisamente patetica quale dava l'impressione a primo acchitto.
La barbetta ben curata sembrava quasi stonare con la zazzera incolta che la circondava, e gli occhiali con montatura nera in classe anni '70 lo facevano sembrare un hippy fuori dal tempo.
Mentre si guardava allo specchio, pensava: "Chissa' quante altre persone staranno guardandomi, in questo momento...?"; d'altronde era indubbio che proprio questa sua forte caratterizzazione lo aveva aiutato moltissimo in questo progetto, e se ora era divenuto un finalista della trasmissione "Grande Fratello", e stava dividendo la casa assieme agli ultimi due finalisti per gli ultimi quattro giorni (beh, tre giorni, data la notte inoltrata).
Ma nessuno era veramente a conoscenza di come si erano svolti tutti i fatti e - soprattutto - nessuno degli spettatori era a conoscenza del grande imbroglio che c'era dietro la trasmissione, ma anche della grande operazione che Alfredo, assieme al Movimento per la Liberalizzazione dell'Informazione aveva architettato.
Tutto aveva preso inizio con l'ultima estromissione, proprio quel pomeriggio, di Giovanni.
"Finalmente abbiamo i nostri finalisti: Alfredo, il nostro studente di sociologia alla Sapienza; Anna: la giovane cassiera di un centro commerciale che sogna il cinema; e Joseph, il nostro giovane barista. Ci vedremo giovedi' per sapere finalmente chi si aggiudichera' il primo premio di questa edizione del Grande Fratello. Mi raccomando, voi continuate a votare telefonicamente o via SMS per il vostro personaggio preferito... La nostra trasmissione finisce qui, ma voi potrete continuare a seguire quello che avviene nella Casa, 24 ore su 24, sui nostri canali satellitari..." la voce monotona della giovane presentatrice che leggeva sul gobbo, prima della chiusura del collegamento con lo studio (il teatro 9, poco distante dalla Casa, in quel magico mondo che e' lo stabilimento cinematografico di Cinecitta' in Roma) era ancora cristallina nella mente di Alfredo. Ma era giunto il momento di muoversi. E muoversi, in una casa circondata di telecamere e specchi finti, non era certo facile.
Anna e Joseph avevano accettato senza alcun sospetto la sigaretta che Alfredo aveva offerto loro, da quel mitico pacchetto di MS bionde che aveva portato con se' all'ingresso nella casa, mantenendolo sigillato come "il pacchetto da usare solo se (e con chi) arrivero' in fondo". Per festeggiare l'eventuale ingresso in finale. Peraltro una delle poche cose che la rigidissima selezione del Grande Fratello aveva consentito ad Alfredo di portare dentro la Casa. D'altronde chi avrebbe mai immaginato che in quel piccolo pacchetto di sigarette si celava un segreto piu' grande?
Come poter notare che in quelle venti sigarette la prima, che si era presa Alfredo, aveva un piccolo segno di pennarello rosso sul filtro? Ma soprattutto come riuscire ad immaginare che tutte le altre 19 sigarette erano state impregnate di barbiturico?
Anna e Joseph, dopo la sigaretta, annunciarono la loro stanchezza e si ritirarono a letto quasi ubriachi dalla sensazione di essere giunti in finale (eh, gia', fumare del fenobarbital deve dare l'impressione di essersi ubriacati, ma essersi aggiudicati la finale del Grande Fratello a quasi cento giorni dall'inizio, ed aver salutato per l'ultima volta un ragazzo che stava con loro sin dall'inizio, contribuiva certo a rendere l'atmosfera strana), mentre Alfredo annuncio' che voleva scaricare i nervi facendo un po' di pulizia.
Il trucco era proprio quello: fare una cosa straordinaria nascosta in un gesto pressoche' quotidiano.
Alle due e mezza di notte (ma in realta' non sapeva di certo l'orario, dato che non aveva l'orologio da polso) era impegnato a passare la scopa e lo straccio nella grande sala comune. Poi raccolse il sacchetto della spazzatura e si avvio' verso l'uscita della Casa. La porta era sempre aperta (perche', da regolamento, chiunque era libero di lasciare, in qualsiasi momento, la Casa), anche per motivi logistici dato che il cassonetto della spazzatura si trovava al di fuori della struttura, subito a lato dell'ingresso esterno.
-Grande Fratello, vado a buttare la spazzatura...
La frase, pronunciata verso una delle tante telecamere interne, era la rassicurante frase che annunciavano meccanicamente i concorrenti quelle volte che uscivano dalla casa per questi motivi prettamente logistici, tecnicamente non era obbligatorio da regolamento dirla, ma era diventata una consuetudine da routine; ma c'era qualcosa sotto che nessuno del turno di notte della produzione (solo un aiuto regista, un cameraman e una guardia giurata) si sarebbe mai aspettato.
Alfredo usci' con il saccone della spazzatura in mano. Si fermo' davanti al cassonetto, poi lo apri' schiacciando la barra inferiore e vi lancio' dentro il sacco, si fermo' un istante osservando il coperchio che si richiudeva lentamente, aiutato dallo stantuffo a pressione che evitava la caduta immediata e pericolosa del coperchio, poi agi' senza alcun indugio.
Si fiondo' di corsa in direzione del box telefonico pubblico che faceva capolino vicino alla parete esterna di un teatro di posa, alzo' la cornetta e compose rapidamente il 443-1465729.
La voce meccanica del sistema di controllo della carta Call-IT annuncio' solo: "Selezionare il PIN, grazie", mentre sul display del telefono compariva un simile messaggio. Segui' una veloce digitazione del pin, poi del tasto 1 ("Selezionare 1 per effettuare la chiamata") e la composizione veloce di un numero di cellulare.
La gente del Movimento per la Liberalizzazione dell'Informazione aspettava la chiamata, su un cellulare sacrificale intestato ad un prestanome, per muoversi. Una sola frase: -Subito all'ingresso: sto arrivando.
Alfredo chiuse la comunicazione e corse in direzione del cancello d'ingresso di Cinecitta', mentre il regista lasciava gli appunti per la diretta di giovedi' per cominciare a chiedersi che fine avesse fatto il concorrente andato a buttare la spazzatura da almeno un paio di minuti.
C'era voluta molta preparazione, c'era voluto soprattutto il lavoro certosino di molte persone, e questa operazione era stata messa a punto fin nel piu' piccolo dettaglio gia' da un anno. Alfredo giunse al cancello e si fiondo' fuori passando chinato sotto al gabbiotto d'ingresso della portineria, mentre la guardia giurata era intenta a guardare la televisione. Fu solo qualche istante dopo, quando giunse il furgone bianco, che improvvisamente scatto' in piedi e si diresse verso l'uscita, ma era ormai troppo tardi: Alfredo con un balzo salto' dentro al furgone, che parti' sgommando in direzione nord, imboccando la Tuscolana verso il centro citta'.
Alfredo aveva i capelli lunghi e la barba curata, portava un paio di occhiali con montatura nera, una maglietta polo azzurra con una riga bianca, un paio di jeans scuri e delle scarpe da ginnastica beige, cosi' come era stato concordato (e verificato via diretta TV durante l'arco della giornata).
A Cinecitta' era scoppiato il subbuglio, le trasmissioni erano state interrotte mentre dopo diversi tentativi, finalmente era un medico quello che cercava di tirare fuori dallo stato catatonico Anna e Joseph, addormentati non gia' dalla stanchezza quanto dal fenobarbital che avevano fumato pochi minuti prima, mentre auto della produzione cominciavano a muoversi stancamente da Cinecitta', coadiuvati da operatori delle forze dell'ordine e dell'istituto di vigilanza per ripescare il fuggitivo.
Il regista aveva un diavolo per capello: -Ma come diavolo ha fatto a comunicare con l'esterno?
Rispose un agente di polizia, che aveva appena allontanato il cellulare dall'orecchio: -Una carta di credito telefonica.
-Ma non aveva niente del genere quando e' entrato! Abbiamo controllato!
-Non serve: con questo genere di carte, se uno si ricorda a memoria il codice, basta digitare un numero di accesso e poi comporre il numero telefonico.
-E chi ha contattato?
-Uhm, un cellulare, ma non servira' a molto: subito dopo e' stato spento, e sto aspettando conferme ma, se la penso corretta, la scheda sara' intestata a Babbo Natale o all'Uomo Nero...
-Abbiamo almeno la targa del furgone?
-Solo una parte, ma abbiamo modello e colore: stiamo diramando avvisi per rintracciarli in tutta Roma.
Mentre Alfredo, nel furgone, celato dal vano di carico chiuso, indossava al volo dei pantaloni chiari, un paio di sandali, una camicia a scacchi ed un cappello da baseball sulla folta chioma che trovava a fatica un elastico, dai Parioli, da Trastevere, dalle vincinanze di Piazza di Spagna e dal Colosseo, altrettanti furgoni bianchi fecero scendere degli attori che portavano una pettinatura simile a quella di Alfredo, vestiti con gli stessi jeans, la stessa maglietta e gli stessi occhiali per confondere le idee.
C'era bisogno di tempo, e questo diversivo, unito ad un cambio di veicolo in un parcheggio sotterraneo in prossimita' della via Appia, diede tutto il tempo di cui c'era bisogno.
L'anonima station wagon blu giunse nella villa di Frascati intorno alle tre del mattino (a meno di mezzora dall'inizio dell'operazione), mentre a Roma tutti erano impegnati ad inseguire anonimi furgoncini mercedes bianchi diretti verso nord, dando adito alle segnalazioni di quelli che, una volta fermati, si rivelavano come dei grandi fan di Alfredo, che portavano la sua pettinatura ed i suoi occhiali solo per imitarlo, e che ignari di questa sua fuga (e molto colpiti da cio') erano solo usciti per andare a farsi una birra in compagnia.
Nella villa, un anonima abitazione unifamiliare subito fuori Vermicino, la squadra era al gran completo: Alfredo fece subito una doccia, poi si infilo' sotto alle mani sapienti di due barbieri che in men che non si dica gli lasciarono in testa una piccola formazione di capelli a spazzola, tolsero tutta la barba con delicatezza lasciandogli solo un anonimo pizzetto che gli circondava la bocca, poi fu il turno di togliere quegli occhiali che gli avevano fatto compagnia per tutti i giorni di trasmissione, sostituiti da un paio di anonimi occhialetti con una leggerissima montatura in titanio. Un orologio Longines d'oro comparve al polso sinistro, e una fede in oro zecchino da 8 grammi preparata gia' da qualche mese fece capolino sul suo anulare sinistro; l'operazione si concluse quindi con un abito gessato, una camicia bianca ed una cravatta regimental a strisce bianche e azzurre che trasformarono l'immagine di Alfredo in quella del piu' anonimo rappresentante di commercio.
Alle sei e mezzo del mattino Alfredo, con questa nuova immagine, lascio' la villa accompagnato dall'anonima station wagon blu per raggiungere la stazione ferroviaria di Ciampino, dove intorno alle 7 lo avrebbe atteso l'intercity che in poche ore lo avrebbe portato in Trentino.
-Luther, da qui in poi sarai da solo, almeno fino a Trento. Un nostro collaboratore si mettera' in contatto con te appena arrivi alla stazione di Trento. Da li' sarai accompagnato presso la casa del nostro contatto. Noi ti raggiungeremo fra domani e dopodomani, con altri mezzi, il tempo di far calmare le acque, e nel frattempo tu ti potrai occupare di gettare qualche altro sasso nello stagno.
Alfredo inarco' un attimo le sopraciglia: dopo quasi cento giorni in cui si era abituato a sentire chiamare per nome, era difficile ritornare all'abitudine secondo cui tutti quanti, nel Movimento, lo chiamavano Luther.
Alfredo-Luther entro' nella stazione di Ciampino, in gessato e cravatta con solo una ventiquattrore da PC portatile, con il suo biglietto integrato nella valigetta, e rimase sul marciapiede accanto al binario uno in attesa dell'Intercity per il Brennero. Sotto alla valigetta teneva con la mano una copia del quotidiano "La Repubblica" appena preso all'edicola, su cui in prima pagina campeggiava il titolone "Mistero al Grande Fratello: Alfredo e' scomparso".
Era nervoso, ma non lo lasciava intravedere per niente. Si accese una Merit, dal pacchetto iniziato che gli aveva regalato uno dei due barbieri, poi rimase in piedi a guardare il binario in direzione sud, come facevano stancamente alcuni pochi altri viaggiatori sul marciapiede intorno a lui.
L'altoparlante della stazione, con la voce meccanica del software di gestione, annuncio' "E' in arrivo, sul binario uno il treno Intercity 186 'Michelangelo' proveniente da Napoli e per Brennero. Ferma a Roma Termini, Firenze, Bologna, Verona, Rovereto, Trento, Mezzocorona, Ora, Bolzano, Fortezza. Espleta servizio solo per passeggeri in possesso di biglietto integrato Intercity con prenotazione obbligatoria dei posti. Prima classe settore E. Approaching train intercity 1-8-6 'Michelangelo'..." e Alfredo non fece caso al resto dell'annuncio in lingua inglese: lancio' la sigaretta sui binari mentre la locomotiva affusolata dell'ETR-500 faceva capolino dal fondo della stazione, squarciando con i fari accesi il buio della notte che ormai si stava rompendo dai primi raggi dell'alba.
Prese posto sul treno e rimase stancamente impegnato a leggere il giornale o guardare il panorama, ma tenendo l'orecchio teso verso il mormorio che girava per tutto il treno: alla fine della fiera la sua fuga dalla trasmissione aveva fatto piu' scalpore di qualsiasi altro fatto di cronaca nera. Tuttavia anche la stanchezza la faceva da padrone, e per buona parte del resto del viaggio si limito' a sonnecchiare distrattamente mantenendo l'interesse ed i pensieri solo al panorama che scorreva rapidamente fuori dal finestrino.
Il treno entro' nella stazione di Verona Porta Nuova intorno alle tre del pomeriggio di lunedi', e mentre si svuotava dei molti dei pendolari, salirono a bordo due agenti della Guardia di Finanza con il cane al seguito. Passavano fra i sedili, guardando rapidamente i pochi viaggiatori; quando giunsero in prossimita' di Alfredo, egli alzo' lo sguardo e sorrise al giovane agente, che sorrise di rimando e passo' avanti: stavano cercando evidentemente qualche spacciatore, e la cosa fini' li'.
Finalmente poco prima delle cinque il treno giunse alla stazione di Trento, annunciato dalla voce stentorea del capotreno attraverso l'interfono gracchiante: "Prossima fermata Trento. Nexter Halt Trento".
Alfredo usci' sul marciapiede del secondo binario e si diresse al sottopassaggio, salendo sulla piattaforma centrale del primo binario, entro' in stazione e si diresse con passo sicuro al bar, alla sua sinistra, dove ordino' un caffe' ristretto.
Mentre sorseggiava quella brodaglia imbevibile, una persona dietro di lui attiro' la sua attenzione: -Dottor Blissett?
Alfredo, sfoggiando un italiano stentato con un marcato accento americano, si giro' e si rivolse all'uomo, porgendogli la mano: -Doctor Streibizer, suppongo. Moltho lietho.
Il citato dottor Streibizer accetto' anch'egli un caffe', poi i due uscirono per dirigersi verso destra, in direzione del bordo del parco di Piazza Dante.
Per un istante la loro attenzione venne richiamata dalla voce di un bambino: -Mamma, guarda, c'e' Alfredo del Grande Fratello...
Si fermarono un istante. Alfredo si senti' il sangue gelare nelle vene, e si giro' lentamente nella direzione da cui era venuta la vocina, ma fortunatamente solo in tempo per vedere la mamma che prendeva in braccio il bambino redarguendolo, con forte inflessione dialettale: -Ma va la', che quel signore non e' Alfredo, smettila di farti guardare da tutti...
Qualche istante per riprendere fiato, e i due si avviarono silenziosamente in direzione di via Torre Vanga, costeggiando il parco, fino ad una anonima Nissan bianca parcheggiata sulle strisce blu, accanto alla biblioteca comunale, in mezzo a tante altre auto anonime. A bordo dell'auto i due mantennero un tono distaccato: ancora non si sentivano al sicuro da occhi ed orecchie indiscrete. L'autista, dopo aver fatto tutto il giro ripasso' davanti alla stazione ed imbocco' la via Rosmini fino a giungere in prossimita' del bivio del cimitero.
Passo' oltre e si diresse con sicurezza all'ingresso del parcheggio posteriore. I due scesero e si diressero stancamente verso l'ingresso del cimitero storico. Streibizer prese un mazzetto di semprevivi e poi i due si diressero fra le file di tombe in prossimita' dell'ingresso della cappella, fermandosi davanti ad una tomba dove un ragazzo dell'apparente eta' di Alfredo, ed un tizio con i capelli bianchi stavano fermi osservando una tomba, in religioso silenzio.
Streibizer prese la parola, prima con tono di voce normale: -Buonasera, el go portato dei fiori per so mama, come state voi?
Non appena il gruppetto che li precedeva passo' oltre in direzione della cappella, mentre Streibizer si abbassava per infilare i fiori dentro il vaso, fu Alfredo a prendere la parola, sottovoce, con i due: -Allora: e' tutto quasi pronto. Adesso io arrivo a casa, comincio a stilare il primo articolo per il blog e preparo la registrazione. Raggiungetemi verso le 23, e vi daro' il materiale. E' importante che venga pubblicato prima di mezzanotte. Ci sono problemi con le connessioni ADSL?
Il giovane prese parola: -No, tutto a posto. Abbiamo gia' preparato cinque diversi canali basati su Tor e Privoxy, cinque diverse connessioni adsl, e sono tutti quanti pronti ed in funzione.
-Ottimo. E per il resto, che notizie mi date?
A questo punto prese parola il signore: -Anna e Joseph sono stati ricoverati in ospedale, anche se Anna sta facendo la vittima ipocondriaca e Joseph, invece, probabilmente sara' dimesso oggi stesso. La trasmissione e' stata sospesa, stasera dovrebbe esserci un qualche speciale perche' si vuole cercare di salvare il salvabile.
-Sono curioso di vedere che succedera': Anna e' stata una puttanella per tutto il periodo, e non credo che si smentira' adesso. Ora andiamo: a piu' tardi.
Alfredo e Streibizer si allontanarono ritornando all'auto, poi fecero un giro complesso che li porto' in direzione di via Maccani, fino ad imboccare la rotatoria per la Statale 12, ed infine per la Gardesana Occidentale.
La strada continuo' tranquilla per pochi chilometri fino ad incontrare la galleria del Forte, a cui Streibizer fece seguire una secca svolta a destra all'uscita della stessa, in direzione della piccola frazione di Cadine dove, giunto al campo sportivo, giro' di nuovo a destra costeggiando i campi da tennis ed infilandosi in un piacevole quartiere con poche villette unifamiliari che avrebbe fatto da contorno a questi tre giorni di operazione, in quel tranquillo giardino che e' la Localita' Coltura.
L'appartamento, minuscolo (inferiore ai 30 metri quadri) era stato ricavato da una parte del cantinato, ma era funzionale e dotato di ogni confort. Alfredo venne lasciato solo dal suo accompagnatore, pote' cambiarsi, fare una doccia e poi indossare un pigiama comodo. Poi osservo' con soddisfazione il frigorifero e la dispensa ben forniti. Il giardino circondato da siepi alte un paio di metri, le poche finestre con i vetri fume' che davano a pochi centimetri d'altezza sulla linea della villa e il terreno privato avrebbero garantito tutta la privacy necessaria. Al resto ci avrebbero pensato la totale mancanza di linea telefonica e telefoni cellulari. Ma ora c'era altro a cui pensare: Alfredo aveva del lavoro da svolgere, e non c'era tempo per cincischiare.
Alle 19:30 in punto si sedette a tavola, in vestaglia, per consumare una cena leggera e composta da un piatto di crema di funghi porcini, pane e formaggio. Successivamente lavo' i piatti e si sedette quindi a tavola con il portatile davanti al naso e il televisore acceso, poco dietro.
Mentre le sue dita si muovevano rapidamente sulla tastiera e mormorava qualcosa sottovoce, con una sigaretta appoggiata sull'orecchio, dalla televisione giungevano le ultime notizie, prima della sigla del telegiornale, preceduta dall'annuncio che, al termine del contenitore sportivo, sarebbe seguito lo speciale sul Grande Fratello.
Alfredo diede gli ultimi colpi alla tastiera del computer e, sentendosi soddisfatto, salvo' il documento e si alzo' per andare verso la porta d'ingresso. Quindi trovando posizione vicino all'ingresso, prese la sigaretta che aveva dietro l'orecchio e se l'accese, pochi istanti prima che una voce richiamasse la sua attenzione: -Luther, non e' sicuro mettersi a fumare qui davanti.
Alfredo guardo' verso l'alto, in direzione del ragazzo che aveva incontrato poche ore prima al cimitero, e che ora faceva capolino da dietro il giardino.
-Fammi compagnia, allora. In due diamo meno nell'occhio...
In realta' la villa dirimpetto era vuota, dato che i padroni erano andati a passare una vacanza in qualche paradiso tropicale, e le due case confinanti, invece, erano abitate da semplici contadini di campagna piu' preoccupati dell'andamento dell'orto che per le sigarette che poteva fumare il vicino. Porse una sigaretta al compagno, poi continuo': -Ti aspettavo molto piu' tardi.
-Ho pensato di fare un'improvvisata- disse il giovane, accettando una delle ultime Merit del pacchetto di Alfredo -e a proposito: ti ho portato anche delle sigarette.
Estrasse dalla tasca della giacca un pacchetto di MS bionde e le porse ad Alfredo, che annuncio': -Finalmente qualcosa che merita di essere fumato.
-Come puoi fumare questa robaccia lo sai solo tu.
-Me l'hanno detto in molti, la' dentro...
-Si, lo so...
Alfredo si sentiva un po' intontito: era difficile rendersi conto che i suoi ultimi tre mesi di vita erano trascorsi davanti praticamente a tutta la popolazione italiana.
Tornarono dentro, e mentre Alfredo seguiva distrattamente il contenitore sportivo, il giovane lesse con calma quanto aveva gia' scritto sul portatile, poi i due rimasero in silenzio a seguire per quasi un'ora lo speciale in cui tutto lo staff della trasmissione parlava di come erano andate le cose sino agli ultimi giorni.
Poi verso la parte finale dello speciale apparvero le interviste registrate durante la giornata: per primo Joseph, all'uscita dall'ospedale. Era semplicemente imbufalito con Alfredo per via di questa improvvisa interruzione.
-Mah, forse avrebbe meritato lui di vincere, e' un ragazzo spigliato, ma molto piu' tranquillo e intelligen...
La frase di Alfredo gli si congelo' in bocca, mentre la telecamera adesso trovava Anna, ancora distesa sul suo letto d'ospedale, impegnata a singhiozzare molto rumorosamente e molto spettacolarmente, mentre l'inquadratura che cercava di non essere troppo invadente si soffermava piuttosto sui mazzi di fiori che facevano capolino sul davanzale della finestra, o sull'orsacchiotto di peluche beige seduto sorridente sul comodino accanto al letto. Il giovane commento': -I fiori? E l'orsacchiotto? E chi glieli ha portati 'sti regali se la tengono sotto stretta sorveglianza?
Anna era disperata dalla caduta della trasmissione, dal fatto che questo avrebbe provocato danni alla sua carriera che sognava nel cinema, da come si sentiva un fallimento su tutti i fronti... e di questo ne spiegava ogni punto faticando fra mille singhiozzi.
Alfredo sbotto' e comincio' a intercalare: -Ma sentila, sentitela quella bambina!... Ma e' ridicolo... E' puerile... Oh, che peccato, alla povera bella bambina e' scoppiato il palloncino... Ma chi se ne frega!
All'improvviso usci' dalla stanza, incazzato come una iena, e si butto' avidamente sul pacchetto di MS che gli aveva portato il giovane poco prima; da una parte aveva bisogno di scaricare la tensione nervosa che aveva accumulato in quasi cento giorni di trasmissione nella quale aveva dovuto fingere, dall'altra perche' sapeva quanta altra finzione c'era tutto intorno alla trasmissione.
Alle 23 il giovane parti' da Cadine in direzione di uno di quei luoghi, ignoti ad Alfredo, da cui sarebbe partito il messaggio per il Blog. Ma il piu' era fatto: ora poteva andare a dormire tranquillo: l'indomani sarebbe stato il momento di contrastare le negazioni della produzione esecutiva per mezzo di un filmato da preparare e mettere su youtube.
La mattina la reazione giunse. Nervosa per quanto possibile, ma era stata ripresa da molti giornali, e non solo. Molti Blog riportavano il messaggio.
"Mi chiamo Alfredo Sarini, sono nato a Roma ventisei anni fa e sono uno studente di sociologia fuori corso all'Universita' 'La Sapienza' di Roma. Sono stato un concorrente dell'attuale edizione del programma televisivo 'Grande Fratello', ma sono fuggito la notte tra domenica e lunedi', a solo tre giorni dalla fine del programma e dall'annuncio del vincitore dell'edizione. L'ho fatto per vari motivi, e questo messaggio serve a svelare molte verita'. Anzitutto sono un attivista del Movimento per la Liberalizzazione dell'Informazione, e in questo frangente sono conosciuto con il nome di Luther Blissett, come molti altri attivisti non solo di questo movimento. Sono stato selezionato per partecipare a questa edizione del 'Grande Fratello' circa cinque mesi fa. Durante uno dei provini, ad una pausa mentre ero in bagno, ho sentito casualmente due persone della produzione che parlavano del programma. Li ho seguiti di nascosto ed ho scoperto che tutto il programma e' una finzione. Degli altri due finalisti, voglio parlarvi di Anna. Anna Lombardi in realta' e' un nome falso: il suo vero nome e' Federica (ne ignoro il cognome) ed e' un'attrice teatrale che e' stata scelta per fare la macchietta nella Casa. Lo schema delle nomination e il vincitore sono stati decisi sin dall'inizio: ero io destinato a vincere questa edizione. Per pilotare le nomination il trucco era molto semplice: tutti quanti avrete notato l'ipocrisia con cui molti giocatori dopo aver promesso al gruppo che avrebbero nominato una persona ne hanno nominata, nel confessionale, un'altra. Facile: sotto la telecamera del confessionale c'era un monitor. Ogni volta che entravamo in confessionale, prima di esprimere le nostre opinioni o altre situazioni del genere, leggevamo sul monitor le novita' che sarebbero seguite nei giorni successivi, o semplicemente il nome della persona da nominare. Ignoro se anche Joseph sia stato preso come macchietta o attore, anche se mi ha sempre dato l'impressione di essere all'oscuro di tutto: d'altronde anche io ufficialmente non sapevo nulla. Sono fuggito per far sapere a tutti che lo scopo di questo programma e' diventato ormai solo quello di fare audience, di 'vendere', e soprattutto di guadagnare lucrando sui servizi automatici di televoto, che sono stati bellamente ignorati sin dall'inizio. Piu' volte ho sentito, mentre buttavo la spazzatura, di operatori del programma usciti a fumare una sigaretta che gongolavano per i guadagni di quel sistema di televoto. Ma sin dall'inizio conoscevo l'ordine delle persone che sarebbero state nominate, e delle esclusioni. Era necessario che aspettassi il momento propizio per smontare questa realta', e ora posso dire a tutti quanti come stanno veramente le cose. Sta a voi decidere se credermi o meno, ma sappiate una cosa: quello che io sto dicendo e' solo la verita', niente di piu' e niente di meno. Io sono nascosto in una localita' segreta e sara' inutile cercare di rintracciarmi usando i dati di accesso al portale: uso dati registrati da un ignaro prestanome e mi connetto usando Tor e Privoxy: ogni volta che passo sul portale del blog lo faccio da una parte qualsiasi del globo, in maniera anonima. Mi sto nascondendo in un luogo sicuro e saro' costretto a restare nascosto ancora per qualche giorno, finche' la gente della produzione non avra' smesso di cercarmi."
Dopo le prime prese di posizione della produzione, che nego' categoricamente si trattasse delle parole di Alfredo, ai commenti segui' un video su youtube, in cui apparivano solo alcune fotografie tratte da momenti della trasmissione, altre scattate dal Movimento prima dell'ingresso di Alfredo alla trasmissione, ed una foto rubata sul furgone poco prima che si cambiasse per celare la sua identita'. Non erano tanto le immagini a lasciar trasparire qualcosa (d'altronde, per mantenere nascosta la sua identita' non poteva mostrarsi in video con i capelli corti e il pizzetto: qualcuno di sicuro l'avrebbe riconosciuto), ma piuttosto la sua voce, fuori campo, che leggeva il proclama pubblicato su alcuni Blog e subito diffuso dagli altri blogger grazie ad un pesante tam-tam mediatico, che aveva trovato spazio soprattutto in quei luoghi in cui si criticavano spesso reality di bassa lega quale era considerato a buon titolo proprio il 'Grande Fratello'.
La mattina successiva, martedi', qualcosa si mosse.
Era ormai nell'aria, e molti telegiornali locali e nazionali si erano tuffati a pesce sulla ghiotta notizia di gossip. C'era chi giurava di aver incontrato Alfredo nei posti piu' impensabili d'Italia ed esteri, non mancavano analisi tecniche sui messaggi, nonche' tentativi di discreditare il messaggio da parte di chi non aveva avuto visione del video-audio-messaggio su youtube, ma per la prima meta' della mattinata l'Italia non parlava d'altro, ed ormai il video stesso aveva fatto il giro del mondo.
E piu' del messaggio, le notizie citate fecero scalpore: Anna fu smascherata quasi subito da diversi giornalisti che avevano ripescato sia vecchi compagni di teatro che vecchi filmati in cui la giovane attrice, tale Federica Carlini, aveva recitato prima di questa avventura al Grande Fratello.
La segretaria d'edizione, raggiunta telefonicamente da una redazione telegiornalistica nazionale, dapprima nego' di sapere dei fatti e annuncio' di riservare una querela nei confronti della giovane per aver partecipato dopo aver fornito dati falsi, tuttavia quando anche Federica-Anna si fece intervistare con il solito tono singhiozzante sugli imbrogli a cui era stata convinta dalla redazione, e soprattutto quando diverse redazioni di "controcultura" smascherarono alcune stranezze a cui si era assistito non solo in quest'ultima, ma in molte delle passate edizioni della trasmissione, stranezze che trovavano chiara spiegazione in quelle che erano state definite "Le farneticanti dichiarazioni di un criminale che cercava solo fama personale" (Alfredo si sentiva onorato da questa definizione, e nel pomeriggio durante una riunione con gli altri amici del Movimento, giunti nel frattempo da Roma, si presento' esordendo con: "Signore e signori, ecco a voi Alfredo Sarini: un criminale che cerca fama personale attraverso dichiarazioni farneticanti!"), e soprattutto dopo che diversi spettatori inferociti avevano cominciato a chiamare dappertutto per avere notizie, soprattutto riguardo alla presunta truffa del televoto, la situazione comincio' a sfuggire di mano all'editore.
Alle 18 in punto in un'edizione straordinaria del telegionale del canale su cui andava in onda il programma, apparve il direttore di emittente ad annunciare la sospensione delle selezioni per la prossima edizione del Grande Fratello, e l'avviamento di un'indagine interna per accertare delle presunte irregolarita' nella gestione del programma. Alle 18:30 su un'altra rete nazionale un'altra edizione straordinaria annuncio' invece l'irruzione della Guardia di Finanza sia presso gli uffici editoriali della casa di produzione del programma, che nel teatro di posa di Cinecitta', ivi compreso l'ingresso nella Casa e l'acquisizione di documentazione su richiesta di diversi magistrati, con le ipotesi di reato di truffa aggravata a danno dei telespettatori, comprese anche ipotesi di falso ideologico, appropriazione indebita ed altri reati.
Nello stesso frangente le associazioni dei consumatori italiane invitavano, dagli schermi dei vari telegiornali, ad avviare una class-action per il recupero dei soldi spesi per il televoto.
Alle 19 circa il direttore d'emittente annuncio' le sue dimissioni, seguito a ruota dall'editore del programma; nel frattempo un'inchiesta stava partendo anche nei confronti della societa' che aveva fornito le numerazioni per il televoto, di cui dapprima l'amministratore delegato annuncio' la sospensione dei pagamenti verso la produzione editoriale, poi la sospensione della richiesta di pagamento verso le societa' di telefonia degli utenti, per poi dimettersi quando, dopo una decina di minuti, una serie di avvisi di garanzia annunciava l'avviamento di indagini specifiche anche nei suoi confronti e di quelli della societa' suddetta.
Alle 21, mentre Alfredo ed altre otto persone del Movimento erano sedute a tavola, il tg nazionale annuncio' che il produttore aveva fatto le sue prime ammissioni. Vigeva molta felicita' intorno al tavolo e, quando comparve una bottiglia di Muller Thurgau con cui brindare alla riuscita dell'operazione, giunse anche la notizia che altre ammissioni venivano tutto intorno: molte teste sarebbero cadute e, soprattutto, era stato sollevato quel polverone che il Movimento voleva si sollevasse.
La mattina successiva comincio' la seconda fase dell'operazione. Due persone di corporatura e pettinatura simili all'Alfredo della Casa, si diressero ad orari differenti alla biblioteca comunale di via Roma, per usare la connessione ad internet wi-fi del Comune di Trento; successivamente piu' tardi anche Alfredo scese in biblioteca, e si collego' anch'egli per lanciare l'ultimo messaggio:
"Lo scopo ultimo del Movimento per la Liberalizzazione dell'Informazione era quello di sollevare il coperchio del calderone in cui una casta di pochi lobbisti fanno bassi investimenti che portano a lauti guadagni alle spalle della gente che dovrebbe trovare nella televisione quel meccanismo di diffusione della cultura con potenzialita' certamente nobili, quale e' stata l'invenzione della stampa a caratteri mobili. Non smetteremo mai di vigilare e colpire alla base tutti questi fenomeni di costume che sembrano nascere invece con lo scopo di cancellare anche quel minimo di cultura e di cervello che era rimasto al 'popolino' per riempirgli la mente di tv spazzatura fino al fondo. Sono stato mezzo di diffusione di questo messaggio, e di questo ne sono e ne saro' sempre fiero negli anni, perche' ho dimostrato che il mio nome riuscira' a finire sui libri di storia pur non avendo vinto un Grande Fratello."
Il messaggio venne inviato apposta dalla biblioteca: in men che non si dica, mentre tutti quanti aspettavano, giunsero diversi agenti di polizia dentro la biblioteca a cercare Alfredo, ma egli, gongolante della sua nuova identita' si limito' a chiudere il pc portatile, restituire "Praticamente innoquo" di Douglas Adams al banco, e avvicinarsi all'uscita mentre due agenti stavano interrogando un suo "sosia" che anch'egli sosteneva la causa di essere un fan sfegatato del vero Alfredo, e che voleva imitarne le fattezze, gli abiti, la pettinatura e gli occhiali.
Si avvicino' alla porta, quando un agente di polizia che stava controllando i documenti di tutte le persone che uscivano gli fece un cenno. Alfredo, senza scomporsi infilo' una mano nella tasca del loden e ne estrasse un documento americano, che porse all'agente: Luther Blissett, nato a Londra (da madre italiana e padre americano), cittadino naturalizzato italiano se pur residente negli Stati Uniti, a Orlando - Florida, al numero 1492 di Bear Island Road. Alfredo sfoggio' nuovamente il suo italiano molto stentato e spiccatamente americaneggiante: -Che succede, officiale?
L'agente fece un sorriso, porgendogli indietro il documento e disse molto lentamente: -Sembra che abbiamo trovato una delle persone coinvolte nello scandalo del Grande Fratello, la trasmissione televisiva, e il giudice deve interrogarlo.
-Ah, well, non ho seguito molto questa... ehm... fact, ma penso che sia molto interessanthe, comunque grazie, officiale, arriveddersci.
-Di nulla, dovere signore, arrivederci e buona permanenza in Italia.

martedì 21 ottobre 2008

Citizen Bear on Citizen's Band

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Correva l'anno 1993. Tutto era cominciato l'undici marzo, il cyberspazio di internet non era ancora delineato, quello di Fidonet si prestava a maggiori possibilita'. Un'orso, prima di riempire delle sue considerazioni queste aree, riempiva con la sua voce metallica l'etere.
Erano anni in cui uno strumento arcaico, simile alla chat di irc, avveniva per necessaria buona educazione in passaggi singoli half-duplex, accompagnati da qualche secondo di pausa fra l'uno e l'altro partecipante, ed introdotti da parole italianizzatissime come "Brecko" (o il mio abitudinario "Attenzione: break sul binario"), e si dipanavano su canali che anziche' un titolo avevano un numero. Un numero compreso fra uno e quaranta (ma, a voler mettere i vari puntini sulle varie "i", in origine avrebbero dovuto essere da 1 a 24, ma saltando il 23) di cui 39 degli stessi erano aperti alla discussione ed uno solo (il nove) era chiuso e relegato non gia' alle discussioni amichevoli quanto piuttosto alle comunicazioni d'emergenza.
C'erano molte discussioni e - a Siracusa - molti canali molto frequentati (quali il 2, il 16 ed il 39), in cui si parlava a ruota di argomenti molto disparati: tale situazione che forse la si potrebbe definire una forma arcaica di chat, in realta' si chiama QSO.
Uno strumento dal costo molto contenuto [all'epoca solo 15.000 delle vecchie lire all'anno (il mio: "atto di autorizzazione 2317", oh yeah!)], anche se non era difficile trovare persino pionieri che riuscivano ad entrare in maniera del tutto pirata sull'argomento. E c'erano due categorie di pirati: quelli amichevoli e non recanti disturbo a tutto e a tutti, e quelli specializzati nel provocare sblateri che coprissero tutta la banda ed oltre, mandando in risonanza ogni elettrodomestico possibile ed immaginabile, compresi lavatrici ed aspirapolvere nell'armadietto delle scope.
Sto parlando della Banda Cittadina ("Citizen's Band", o amichevolmente "CB"), la banda radio ad onde corte (11 metri, 27MHz), quella a cui per accedere non serviva un programma sul computer ma un "baracchino".
Era il periodo in cui moddare la propria stazione trasmittente aveva a che fare con situazioni quasi da elettrotecnici, in cui il gioco piu' diffuso era di cercare un "Roger Beep" al di fuori dei canoni standard {il mio mitico [mitologico?] Intek M4010-S monta un LEMM a 950Hz pulitissimo, che non squatarra i timpani di chi ascolta in cuffia [e non va falsando la frequenza del tono con lo scaldarsi dell'apparato, come faceva il quadritonale dell'ALAN (si, ho avuto anche quello, un flash!)]}, oppure microfoni con preamplificazione ed effetti digitali [famosi qua a Siracusa quelli della... mi pare Primus, un pulsantino poteva far aprire il QSO a scelta con: donnina prossima all'orgasmo (un amicone della Mazzarrona), urlo di tarzan (un altro dalle parti di via Italia), oppure uno sciacquone (io me medesimo)], o ancora coloro che cercavano di far andare l'effetto eco a livelli cosi' avanzati che non solo sembrava che urlassero dentro un secchio dopo essere entrati in una grotta foderata di lamiera, ma era necessario un orecchio dannatamente allenato per capire che "agniuooognegnegnenenenenene mstauauauauau copiandoudoudoudoudoudou?" significa "amicone, mi stai copiando (ascoltando)?".
Approfittando del fatto che ho ricominciato a seguire le peripezie della Protezione Civile, ho recuperato dall'armadio il vecchio apparato impolverato e l'antenna veicolare su base magnetica, dato una bella sguardata alle "stazionarie" (rapporto potenza uscita dall'apparato->uscita dall'antenna) col rosmetro [e modificato l'antenna tagliando via un pezzetto di stelo col tronchesino per avere 1.25-1.30 (-: ] e verificato che fosse ancora funzionante, prima di dedicarmi al rinnovo della documentazione tecnica (non esiste piu' il punto 8 dell'articolo 334 del codice PT, quasi mi dispiace...) e della licenza (cosa che mi impegnera' per parte della mattinata di oggi).
Come dite? Non ve l'aspettavate? Allora forse non sapete che io (non gia' Grizzly quanto invece Orso di Citta'), Franci78 (Safari) e TotoDeejay (Jackson) ci siamo conosciuti in quel periodo proprio grazie a questo strumento... (-: E grazie ad una cerchia di amici con cui ancora ogni tanto arriva una voce [o un caffe' (-: ]...
[...]

domenica 19 ottobre 2008

Siracusa-Cadine, un semplice viaggio

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Aprii gli occhi, la proiezione dell'ora sul tetto cominciava a mettersi lentamente a fuoco: erano passate le sei da qualche minuto, per cui accesi la luce e disattivai la sveglia automatica che avrebbe dovuto suonare di li a poco. Mi stiracchiai ben bene e diedi il buon giorno a Lucky arruffandogli la testolina, poi mi alzai e mi diressi in bagno.
Mentre lo spazzolino Braun a testina oscillante stava scartavetrando il leggero strato di placca che si era raccolto durante la notte (quando un altra lunga ripulitura dentale aveva di poco preceduto il mio ingresso sul letto, e la lunga discussione a base di complimenti e coccole a Lucky) cercavo di ripassare mentalmente le attivita' che avrebbero dovuto riempire la mia prossima 24 ore di viaggio.
Ritornai nella stanza da letto e continuai a distribuire coccole a Lucky e a Junior, lasciato di lato un po' in disparte, mentre la televisione era piena delle immagini degli ultimi due minuti di una telenovelas brasiliana a basso costo in cui gli intrighi amorosi avrebbero potuto coinvolgere anche gli animali dello zoo: ma non era quello per cui ero, per cui io, Lucky, Simon, Junior, Peter, Philippe ed Ivano eravamo in attesa, no.
Giunse, come tutti i giorni, alle 6:23 in punto (22 minuti esatti di puntata, fino alle 6:45, tutti i giorni), subito dopo che due attori brasiliani avevano finito prima di pestarsi a sangue per poi baciarsi dallo schermo di una sala di proiezione ricca di ogni classe sociale.
Giunse la sigla "Filmation" che annunciava l'inizio di "Ghostbusters", puntata che rubo' la nostra attenzione e ci porto', dolcemente, a completare un fiacco risveglio.
Giunse la morale che la schelevisione porta ad ogni fine di puntata, e quindi mi vestii velocemente e scesi per andare a prendere un caffe'.
Come mi aveva annunciato il barista uno di questi giorni, il 15 agosto sarebbe rimasto chiuso, per cui senza ulteriori indugi mi diressi alla macchina, per prendere la direzione di piazza Aldo Moro, dove il caffe' Adda, aperto 24 ore, mi attendeva a braccia (o piu' che altro porte) aperte.
Niente cornetti integrali. Da bravo orso adoro il miele, ma mi devo accontentare di un cornetto alla marmellata, seguito da un caffe' compatto e che per fortuna non riporta il classico bruciaticcio da macchina espresso appena accesa, dato che la macchina gira per 24 ore.
Uscendo mi fermai per un istante, attraversando la strada e sedendomi sul muretto per fumare una ms club chiara piegata. Il lavoro che mi aspettava sarebbe stato lungo, sfiancante e particolarmente noioso, ma non potevo tirarmi indietro, per cui lanciai sul lato la sigaretta fumata solo per meta' e infilai la mano in tasca trovando il telecomando della macchina, che si apri' con uno scatto secco mentre mi avvicinavo.
Dalla vetrina del negozio di fronte facevano capolino due manichini (un bambino ed una bambina, gelati in un'espressione vacua) in costume da bagno, circondati da un telo, secchielli, una palla ed altri giocattoli od ammenicoli dai quali sorrideva il musetto di Winny the Poh, anch'egli con la medesima espressione mista di contentezza e compassione che sbucava identica da ognuno di quegli oggetti inanimati.
Registrai quest'immagine con la coda dell'occhio: questa era l'ultima immagine legata al mare ed alle spiaggie che avrei visto per diversi giorni. Ritornai ai casa dove una abbondante catasta di bagagli mi attendeva fiduciosa dentro il salone.
Riuscii a riempire la macchina in un tempo minore del previsto, per cui mi dedicai alla preparazione dei panini e - successivamente - mi preoccupai di radere l'abbozzo di capelli e barba che cercava di crescermi intorno al viso ed alla testa, provocandomi fastidi non indifferenti e facendomi venire, a tratti, voglia di grattarmi la testa e la faccia con una smerigliatrice angolare con disco in corindone.
Saranno state circa le dieci, quando il tema portante del telefilm del Doctor Who mi annuncio che FC aveva qualcosa da dirmi. La sua connessione ADSL sembrava essere definitivamente passata sotto le capienti braccia accoglienti di Telecom e della sua astrusa figliuola Alice. Gia': sembrava, perche' comunque di accettare il nome utente e la password temporanei che avevo posto sul router non voleva saperne in nessun modo. Gli spiegai che avrei dovuto almeno concludere l'operazione di passaggio delle lamette in giro per tutta la capoccia, ma che poi sarei passato a vedere la situazione in una ventina di minuti circa, per cui mi diedi da fare per concludere pelo e contropelo un po' dappertutto, per poi ritornare alla macchina carica e prenderla per fare un salto a casa di FC.
Dopo aver annotato la presenza di un timeout sul LCP remoto (il classico errore 721) e fatto fare una segnalazione di guasto al servizio clienti, mi diressi nuovamente verso casa, ma giusto il tempo di una pausa a casa di mia nonna e poi rientrai a casa a raccogliere gli ultimi pacchi e pacchetti, oltre ai panini che mi aspettavano nel frigo.
Diedi l'ultimo saluto all'abbondante cucciolata di orsi, che mi avrebbero aspettato in questi 21 giorni di ferie giocando fra di loro, poi mi chiusi la porta alle spalle e mi diressi quindi alla macchina.
La strada scorreva veloce, divorata dalle ruote e grazie al ridotto traffico dell'ora di pranzo del giorno di ferragosto: la mia scelta di partire proprio in questo giorno e' dovuta soprattutto al fatto che molti dei gitanti della domenica di solito sono gia' giunti sul posto delle loro peregrinazioni da qualche giorno e - se volessero ritornare, lo faranno maggiormente nel corso della serata.
Giunsi quindi a Catania, mi inerpicai lungo l'autostrada, che sulla mia corsia era pressoche' deserta (mentre in quella discendente riportava un traffico non indifferente); dopo qualche kilometro giunsi al primo autogrill e mi fermai, approfittando dell'orario prossimo al pranzo per consumare un panino bufalino ed una bottiglia di aranciata tiepida. Il caldo era abbastanza udibile, ma piu' che altro era l'umidita' che lo faceva sopportare poco, ma l'aria condizionata della macchina gettava un turbine gelato per cui tesi ad evitare di tenerla in funzione, preferendo di gran lunga una fessura fra i finestrini che lasciava entrare un po' d'aria.
Il rumore a 130 kilometri orari non e' indifferente, specie con i finestrini aperti a spiffero, per cui nel viaggio mi accompagnavano i giri dall'ultimo successo (light and shade) di Mike Oldfield, ad un volume non indifferente, accoppiati al fruscio costellato qua e la di parole o toni di chiamata che mi donava il CB fissato sul canale 5 (dove i camionisti trovano compagnia nei loro viaggi solitari e indicazioni sul traffico esistente con un'affidabilita' di gran lunga superiore a quella di molti piu' o meno pagati servizi di indicazioni sul traffico).
Messina era ormai prossima e gia' da qualche kilometro stavo seguendo con la coda dell'occhio le coste calabresi che facevano capolino dal lato opposto del mare. Avevo spento l'autoradio e stavo cercando di sceverare fra gli improperi che tirava un camionista, conditi da un echo ben oltre il limite della comprensibilita' media umana, e grazie al quale la sua voce sembrava uscire da una grotta foderata in metallo e con curve e concavita' sui multipli armonici dei 340 metri: era in coda, dalle parti di Boccetta.
Dato che conosco un po' la cittadina, scavalcai l'uscita di Tremestieri e mi diressi in prossimita' del Policlinico universitario, uscendo a Gazzi, e da li poi al lungomare, dal quale dopo un paio di semafori, raggiunsi il bivio che, attraverso il porto, mi avrebbe portato verso il terminal autotraghetti della BluVia, dove un ammasso non indifferente di macchine mi fece comprendere che molti avevano saputo della festa ed erano in procinto di attraversare prima che lo stretto fosse impegnato a ricoprirsi del fumo dei mortaretti (appannaggio della cultura del fuoco e della pirotecnia tutto frutto della dominazione spagnola della Sicilia, in cui una mascleta trova piu' successo e spettatori di una coreografia di luci e colori). La biglietteria stipata nell'unico bar del terminal era chiusa e sigillata; mi informai e fui costretto a lasciare la macchina e fare un bel pezzo di strada a piedi fino alla biglietteria della stazione ferroviaria, per prendere il biglietto di traghettamento, indi tornai indietro per sapere che (erano le due e mezza) il prossimo traghetto sarebbe partito intorno alle tre e venti (fortunatamente, questo significo' che intorno alle tre meno dieci cominciammo a salire...).
Lasciai la macchina nella stiva aperta del traghetto solo veicolare (preferisco di gran lunga quelli che gestiscono auto e treni, perche' di solito sono piu' puliti, piu' spaziosi e - soprattutto - con il bar aperto anche a ferragosto) e salii nella veranda solo per scoprire che era tutto chiuso ed il distributore automatico di caffe' era acceso se pur con un laconico cartellino "guasto" messo a coprire la gettoniera.
Mi diressi quindi fuori, trovando un punto riparato vicino alla porta d'ingresso del bar, dal quale si godeva il panorama senza venire sferzati dal forte vento che caratterizza lo Stretto. Notai sulla penisola con la statua della Madonna dei naviganti che un folto gruppo di pirotecnici, sotto un sole cocente, stava trafficando intorno all'area montando mortai e disseminando ordigni di ogni dimensione un po' dovunque, poi mi girai a guardare la terrazza superiore, dove il panorama piu' interessante che attiro' la mia attenzione fu una giovane, di spalle, con lunghi capelli biondi sotto le spalle che indossava un vestito a scacchetti salmone e panna, e continuava a combattere con la parte svasata a gonna dello stesso che, sferzata dal vento, piu' volte ormai aveva lasciato notare le semplici mutandine bianche che coprivano un interessante set di curve. Giungemmo quindi in fondo al nostro traghettamento e mi diressi alla macchina, pronto a percorrere le poche centinaia di metri che separavano il porto dal terminal auto al seguito della stazione di Villa San Giovanni.
Giunsi in un terminal pressoche' deserto intorno alle quattro del pomeriggio, trovai un parcheggio all'ombra e mi stesi sul sedile del lato passeggero con il CB che continuava a mandare i suoi lamenti. Una giovane ragazza di Alicante, in Spagna, protestava in catalano stretto contro una stazione di Marsala di cui mi giungevano solo remoti QSB simili a colpi di tosse. Provai a breckare, ma a quanto pare la signorina iberica aveva aiutato la propagazione con strumenti di non indifferente potenza.
Rimasi in attesa che si avvicinassero gli altri viaggiatori (giunsero sia quelli diretti a Milano che quelli che - come me - erano invece diretti a Bologna) e cominciai a seguire con la coda dell'occhio questo frammisto di etnie e viaggiatori, chi ormai al termine delle proprie ferie, chi come me all'inizio delle stesse, o chi aveva solo fatto una fugace visita a parenti lontani.
Intorno alle sei spensi il baracchino e scesi dall'auto, per fumarmi una sigaretta. I miei occhi incrociarono quelli di una magnifica pastoressa maremmana stanca ed accaldata, che accolse con molto piacere la mia mano destra che segui' allo sguardo posandosi sull'attaccatura delle sue orecchie, fornendo una leggera raschiatina.
Il vento porto' il rumore lontano dei fuochi artificiali che a Messina salutavano il passaggio della Vara, io e la cagna ci guardammo per un momento negli occhi e appurammo che - in quel luogo in cui ognuno stava parlando con gli altri dei viaggi, dei treni, della disorganizzazione e dei classici discorsi da stazione - eravamo gli unici due ad essercene accorti.
Finalmente mi diressi in stazione, trascinando il borsello nel quale Simon stava ronfando nella grossa, ed il frigo portatile che conteneva la mia cena, la colazione dell'indomani e l'eventuale pranzo in caso di ritardi giganti come mi e' gia' successo. Trovai posto nella sala d'attesa, non prima d'aver scoperto che - come era prevedibile - il mio vagone era quasi in testa al treno, fra il settore A e il settore B, praticamente in fondo alla stazione (la sala d'attesa e' esattamente davanti al cartello del settore E e ci sono circa 100 metri fra un settore e l'altro), e quindi mi immersi nella risoluzione delle prime pagine di una rivista di enigmistica sgualcita che avevo procurato il giorno prima mentre ero in quel di Marzamemi.
Giunsero le otto e mezza (il treno, in partenza per le 21:15, era previsto in arrivo alle 20:51) e mi cominciai a trascinare controvoglia prima al binario cinque e poi, finalmente in un punto intermedio fra il settore B ed il settore A, dove trovai posto sul frigo e consumai una parca cena a base di un paio di panini ed un cartone mini di te freddo che nel frattempo aveva raggiunto lo stato di tiepido andante.
Quando finalmente trovai posto nello scompartimento 22, con i letti gia' fatti, non ci pensai su due volte a mettermi in pigiama, rivoltare il letto inferiore per avere il cuscino accanto al finestrino e dilungarmi in attesa del torpore che mi prende a treno in movimento. Avevo ancora una stazione (Paola) prima dell'arrivo dei miei due compagni di viaggio a Lamezia Terme; aprii al volo la borsa ed infilai la mano a trovare la testolina pelosa di Simon, che grugni' e continuo' a russare, poi lo imitai. Il primo risveglio brusco giunse a Paola, il secondo a Lamezia, quando appunto un signore con i jeans, un cappello da fantino che copriva una pelata molto rada ed un paio di baffi da motociclista si fiondo' dentro lo scompartimento augurandomi la buona sera e aiutando la moglie a lasciare le borse.
Da persona che aveva prenotato uno scompartimento "T3 Uomo" rimasi un momento colpito da questo fatto, ma data la stanchezza mi limitai a salutare, a scusarmi se mi facevo trovare gia' mezzo abbioccato data la stanchezza da viaggio in auto e mi girai dall'altra parte, aspettando che il treno ripartisse per trovarmi dolcemente cullato, ma una buona ora se ne ando' in una lunga discussione aperta dal conduttore del vagone letto, condita dalle maledizioni del marito della signora ed in cui finii in mezzo perche' ero quello che aveva prenotato per primo lo scompartimento, trasformandolo in uno scompartimento solo per uomini.
Fini' che fummo invitati a firmare un paio di liberatorie al capotreno, io che accettavo di avere la signora nello scompartimento ed i due coniugi che accettavano di dormire con un estraneo.
"Badate che io domani devo fare ancora strada in macchina ed ho prenotato il vagone letto proprio perche' ho intenzione di dormire. Se ci dovessero essere altri problemi, nel giro di cinque minuti prendo baracca e burattini e mi trasferisco a dormire nel 91 col conduttore, previa denuncia contro le ferrovie affinche' oltre al rimborso del biglietto mi vengano risarciti i danni".
Per fortuna questo karaoke si concluse e potemmo tornare allo scompartimento. Mi stesi sul letto, prono, con il braccio destro sotto il cuscino ed il destro ad afferrare il vuoto con la mano destra appoggiata al gomito sinistro. Sentivo la mancanza dell'oggetto che di solito stava sotto il braccio destro a tenermi compagnia per tutta la notte, a scacciare gli incubi e gli spiriti maligni, a prendersi le mie coccole senza protestare o a dormire nella grossa sebbene io mi rigirassi sbattendolo a destra e sinistra in malo modo. Ma per una questione di immagine nei confronti degli altri, e vista la storia che si era ingenerata, ho preferito non mostrarmi occupato ad abbrancicarmi ad un orsacchiotto di peluche prima di sentire le vibrazioni del treno che mi cullavano.
Come ogni bravo viaggiatore, risentii fugacemente delle due lunghe pause del treno, in prossimita' di Napoli e Roma, ma nel complesso dormii sufficientemente bene [e Simon, se pur chiuso nella borsa, ha comunque mantenuto lontani gli incubi dal mio sonno (-: ], svegliandomi intorno alle sei e venti per poi dirigermi in bagno, dove mi attese un profondo lavaggio dentale e il cambio di abiti.
A Firenze i miei due compagni mi salutarono e poi, a Bologna, non esitai a lanciarmi in direzione del piazzale est scavalcando diverse ali di folla, ma giungendo con un anticipo non indifferente (specie in virtu' del fatto che - anzitutto - vennero scaricati per primi i mezzi imbarcati a Catania), per cui passo' circa un'ora e mezza prima di poter prendere nuovamente possesso della mia macchina.
La solita strada (sebbene il navigatore sat me ne avesse indicate diverse altre) scorreva tranquilla mangiata dai copertoni, in una citta' forse ancora dormiente memore dei bagordi della notte precedente, ma gia' il primo autogrill che incrociai e in cui feci una sosta, riportava uno spargimento non indifferente di persone e mezzi, soprattutto delle etnie piu' diverse.
Dopo una piacevole colazione perpetrata con un ottimo cornetto ed un discutibilissimo caffe' ristretto (in cui - peraltro - la quantita' "ristretto" toccava una quantita' mediamente doppia rispetto al normale caffe' che mi ha abituato la Sicilia) pesantemente slavato, uscii sul piazzale per respirare a pieni polmoni l'aria fresca del mattino mista alla cupola di smog che non manca nei tratti dell'autosole.
Spezzai quella monotonia accendendomi una sigaretta accanto alla macchina, dopo averla aperta ed aver riacceso il CB, giusto in tempo per sentire un camperista che chiedeva inistentemente notizie sulla direzione Ancona.
Al suo terzo tentativo arraffai il mike e annunciai: "Collega, sono in direzione Milano ma per quello che posso dirti riguardo il senso inverso e' che la situazione e' liscia, se mi copi."
Il mio gesto di trascinare il vecchio microfono Intek fuori dal finestrino e parlarci dentro con la naturalezza con cui avrei chiesto da accendere al primo passante, attiro' la curiosita' dei bambini intorno, mentre dalla macchina gracchiava un ringraziamento con saluto, oscillante come se il camperista avesse superato qualche grosso ostacolo (uhm, devo cambiare antenna con qualcosa, sempre caricato a 5/8 lambda, di un po' piu' affidabile), al quale non ottenni piu' ricambi rispetto alle cordialita' che riversai dentro il mike, circondato da una folla di bambini silenziosi. Gettai il residio della sigaretta a terra e lo schiacciai coi sandali, poi rientrai in macchina e - dopo aver fatto ancora un po' di nafta, affrontai nuovamente a cuor contento gli oltre 200 kilometri che mi separavano dalla mia meta.
Quando finalmente giunsi a destinazione era passato da poco mezzogiorno, e i miei parenti mi accolsero a braccia aperte aiutandomi a scaricare il carico dell'auto, stipato in maniera non dissimile ad uno schema del tetris nel capiente baule della station wagon.
Dopo un pranzo veloce e una non indifferente dormita (stavolta finalmente fra le zampe di Simon) raggiunsi il portatile e trovai il modo di cominciare a raccontare cio' che avrebbe riempito il mio blog, anelando riguardo a quale giorno sarebbe tornato utile per scroccare a fondo la connessione wi-fi della biblioteca di Trento.
Tutto questo testo, mi chiesi, avrebbe magari scaturito una serie di commenti piu' o meno gradevoli?

venerdì 17 ottobre 2008

Intermezzo Potteriano III

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Mi stesi sul letto, accanto a Uby e Simon, presi il libro del Principe Mezzosangue e andai all'attacco del capitolo proprio intitolato 'La Caverna'. Leggevo con voce sommessa mentre Uby rimaneva silenzioso ad ascoltare. Simon lentamente e delicatamente si avvicinò, aggrappandosi al mio braccio sinistro.
Il bacile era pieno di un liquido verde smeraldo che emetteva una luce fluorescente...
Simon mi strinse debolmente il braccio, ed avevo avuto l'impressione che Uby avesse sospirato: non conosce il libro, ma temo che Simon invece gli abbia accennato qualcosa...
"Ma come raggiungerlo? Questa pozione non può essere penetrata da una mano, Svanita, separata, raccolta e risucchiata, e non può nemmeno essere Trasfigurata, Incantata o comunque indotta a mutare la sua natura".
Quasi come sovrappensiero, alzò di nuovo la bacchetta, la fece roteare una volta a mezz'aria e poi afferrò il calice di cristallo che aveva creato dal nulla. "Posso solo concludere che questa pozione debba essere bevuta".
Simon mi strinse il braccio chiudendomelo in una morsa e fece un singulto, mormorando un quasi impercettibile "no", Uby si avvicinò; mentre avanzavo nella lettura delle atroci sofferenze di Silente, sentivo il braccio sinistro appena inumidito dalle lacrime di Simon, mentre Uby singhiozzava molto sommessamente. Andai avanti nel racconto, anche se stanco, perché se non avessi concluso almeno quella sofferenza, non sarebbe riuscito a dormire nessuno di noi tre.
Sulle ultime scene inquietanti alla torre del castello (eh, sì, lo ammetto: sono terrorizzato dall'idea di che cosa succederà nei cinema durante la proiezione, l'unica consolazione è che probabilmente il 99% degli spettatori in sala uscirà con gli occhi gonfi) non feci più caso a Simon e Uby, ormai entrambi in lacrime, dato che stavo combattendo con le mie, di lacrime, che lentamente mi solcavano le guance.
"Avada Kedavra"...
Mi fermai. Infilai il segnalibro e pogiai il libro sul comodino senza una parola. Poi spensi la luce e abbracciai Simon e Uby. Passammo un buon quarto d'ora a piangere, consolarci e tranquillizzarci a vicenda, poi finalmente prendemmo sonno, comunque soddisfatti non solo di aver superato quella parte, ma anche rinfrancati perché per Harry Potter si apre una nuova strada.
[...]

mercoledì 15 ottobre 2008

Intermezzo Potteriano II

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Io: "E poi richiudi il registro di sistema di Windows, ed evochi il riavvio, ma non quello in modalità provvisoria: tutto a posto."
MM: "Ok, grazie, Grizzly: sapevo di poter contare su di te..."
Io: "Ah, Alastor ricordati che sui quei PC non va abilitato l'aggiornamento automatico, se no ritornerà la fattura della stellina azzurra..."
Lo guardai solo per un istante, poi riportai lo sguardo sugli appunti che avevo in mano: Malocchio Moody è sempre stato un grande amico, ma quando quel suo stramaledetto occhio magico girava da tutte le parti come una trottola mi faceva venire il mal di mare.
MM: "Sì, sì. Me lo ricordo. Così al ministero dovrebbero tacere per un po', finalmente."
Io: "E ricorda loro che non fa male acquistarsi un po' di Licenze di Windows, se proprio devono usare quel maleficio di sistema operativo..."
MM: "Esagerato... addirittura un maleficio"
Io: "Senti Alastor: i fatti io mi limito ad osservarli, non a costruirli. Un Auror combatte contro i maghi oscuri, un SysAdm contro le maledizioni oscure sui computer, il più delle quali sono opera o merito di Bill Gates, guardacaso uscito da Serpeverde, come molti famosi maghi oscuri. Lord Voldemort tanto per dire, eh?"
MM: "Sarà, ma secondo me non si può paragonare Tom a William."
Io: "Solo perché William non è stato un orfano di un babbano e di una maganò? Lasciamo stare l'argomento che è meglio... fammi sapere - piuttosto - se al ministero hai ancora problemi ai PC..."
Alzai di nuovo lo sguardo verso di lui (la faccia segnata dalle molte cicatrici più che farlo sembrare brutto gli dava un'aria molto più austera: erano chiari i segni dei molti combattimenti sostenuti), e sorrisi.
Digerivo a fatica di aver dovuto spiegare come eliminare la fattura "copia non autentica di Windows" dai computer del Ministero della Magia, ma non potevo negare un favore ad un vecchio amico.
Io: "A proposito: grazie per avermi spiegato quell'incantesimo sugli orsetti..."
MM: "Uhm, noto che sono tutti schiantati, stamattina..."
Io: "Sì: non ho ancora imparato bene a concentrarmi per attuare l'incantesimo solo su alcuni, e l'altra sera quando ho provato per la prima volta li ho risvegliati tutti assieme... mi sembrava di essere in mezzo ad un asilo nido: per riuscire a riprendere il controllo della situazione ho dovuto tirare decine di Stupeficium (in camera sembrava capodanno a Piedigrotta: meno male che nessun babbano si è lamentato) e ora ne Re-Innervo uno o due alla volta... ma li tengo sotto Stupeficium il più del tempo, dato che già adesso molti babbani mi prendono per matto per questa collezione, e ci mancherebbe che qualcuno vedesse anche un orsetto che mi viene in braccio da solo..."
Risi, e rise anche lui. Mi aveva parlato girando soltanto l'occhio magico dietro di se ad inquadrare le mensole degli orsi.
Io: "Beh, non ti offro da bere (anche se ti dico comunque che non sai cosa ti perdi) dato che non accetti mai nulla... c'è qualcos'altro che posso fare per te?"
MM: "No, direi che va bene così..."
Ci accomiatammo, poi lo accompagnai in salone (l'unica stanza dove avevo posto un incantesimo di barriera escludibile), dove girò su se stesso, Smaterializzandosi con un sonoro 'CRAC'.
Ritornai in camera da letto: era ormai tardi e dovevo andare a dormire dato che l'indomani mi avrebbe aspettato un'altra giornata schifosa, magari togliendo anche io decine di quelle maledizioni oscure della stellina da decine di clienti.
Entrai in camera da letto, lasciai sul letto Simon e, mentre mi spogliavo per mettere il pigiama, annunciai distrattamente 'Reinnerva Simon', ripristinando l'incantesimo di animazione sul cucciolo, che mi guardò sorridente, poi si avvicinò al comodino, prese il libro "Harry Potter e il Principe Mezzosangue" e si sedette accanto al cuscino affondando la testolina pelosa fra le pagine in attesa del mio arrivo.
In pigiama mi dedicai un po' alle e-mail, agli annunci dei virus-worm-trojan-malefici della settimana e quindi finalmente spensi il computer e mi girai verso il letto: Simon era sempre imperterrito sulle ultime pagine del libro.
Gli altri orsi erano sorridenti, ma fissati nello schiantesimo, e rimasti tranquilli intorno al letto: di solito se ne svegliavo due o tre mi aspettavano dormicchiando, giocando fra di loro o leggendo qualche libro (qualcuno naviga anche in internet, ma poi mi trovo la cartella documenti piena di documentari "porno" del national-geografic sulla riproduzione degli orsi...).
Rimasi sulla sedia, volevo chiamare Simon a me per coccolarlo un po' prima di andare a dormire, ma improvvisamente notai che era chino sul libro, ma in lacrime.
Uh? Come in lacrime?!?
Mi fiondai verso di lui e gli strappai via il libro dalle zampe, dando al volo un'occhiata al capitolo a cui era arrivato.
Io: "Ti sei spaventato perché si parla di Lord Voldemort?"
Il cucciolo scosse lentamente la testa, tirando su impercettibilmente col naso.
Io: "Non dirmi che ti dispiace perché è morto Albus Silente!"
Mi guardò, poi mi balzò in braccio piangendo ancora di più... gli accarezzai la testa, con delicatezza.
Io: "Eddai! Sarà la terza volta che lo leggi: lo sai come va a finire, non puoi fare così ogni volta... Lo so che ti piace anche a te 'sto libro, ma andiamo!"
Uscì un po' dalla stretta del mio abbraccio e mi guardò, sorridendo ma con gli occhietti lucidi.
Si: "Lo so, hai ragione, però lo sai che sono un tenerone! Comunque svegliati, che ormai è ora di alzarsi..."
Io: "Ma che stai dicendo? Ma se stiamo andando a letto adesso?"
Gli arruffai la testa e presi a solleticargli la pancina, mentre protestava ridendo.
Si: "Non in quel senso, svegliati!"

EH???
Apro gli occhi sul buio più totale: YAAAAAWN!
Alzo il braccio destro e finalmente comincio a mettere a fuoco i puntolini fluorescenti dell'orologio: sono le sette e un quarto.
Lo so: io devo smettere di leggere Harry Potter prima di andare a letto. Questo penultimo capitolo ha fatto più danni del previsto, tra l'altro.
Accendo la luce e mi stiracchio. La giornata comincia, ed ormai ci siamo [...]

lunedì 13 ottobre 2008

Intermezzo Potteriano I

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"Bene, Albus. Non ti disturberà più quel dialer. Una maledizione sopraffina opera di qualche Babbano uscito sicuramente dalla Bocconi."
"Benissimo, caro Grizzly, finalmente quindi posso controllare gli orari delle lezioni e le circolari usando questo benedetto windows xp".
"Albus... Capisco che William è stato uno dei migliori studenti di Serpeverde, al suo tempo, ma da qui a chiamare 'benedetto' quello che noi SysAdm (dell'Antica Stirpe dei System Administrator BOFH) definiamo come maleficio..."
Il professor Silente mi guardava sorridente, gli occhi profondi e soddisfatti dietro gli occhiali a mezzaluna; era seduto su una sedia laterale dato che io occupavo la comodissima poltrona di chinz della sua immensa scrivania di noce scuro, con le mani che avevano appena lasciato la tastiera del suo PC.
"Mio caro Grizzly, conosco l'astio che molti studenti, professori e persino Babbani hanno nei confronti del buon Bill Gates, ma non si può certo negare che i suoi sforzi abbiamo comunque portato grandi innovazioni nell'informatica magica e babbana..."
"Il caro vecchio professor Silente, sempre a prendersi a cuore la storia di un suo pupillo... Mi chiedo cosa sarebbe successo se in quel periodo anziché Bill, tu avessi scelto come pupillo Linus Torvalds di Corvonero, o magari Steve Wozniac (uno dei veri meritevoli del Tassorosso...). Certo, sarebbe potuto essere anche il buon Richard Stallman, se non si fosse ritirato dal Grifondoro per seguire anima e corpo la Scuola dell Arti Magiche Open Source."
Il professor Silente iniziò a ridere di gusto, ricordandomi: "ohohoh, si: RMS, lui e i suoi incredibili incantesimi in LISP. È poi riuscito a creare un sistema operativo con quell'astruso linguaggio di programmazione?"
"Beh: direi che ormai siamo ben vicini. EMACS non so a che versione sia arrivato, ma già fa veramente quasi tutto. Gli manca solo la possibilità di lanciare qualche contro-incantesimo, ma purtroppo sono finite sia le combinazioni di tasti che le dita dell'utente... Ma parlando d'altro, vecchio amico mio, ti ho portato dell'ottimo Nero d'Avola, perché non mi dici se merita rispetto ai vostri vini?"
Il buon Silente infilò una mano in tasca, ne prese la bacchetta di legno che agitò distrattamente: la bottiglia si stappò e versò il suo contenuto in due coppe di cristallo intarsiate d'argento che volarono verso di essa, prima di avvicinarsi a noi. Presi gentilmente la prima e la alzai sorridente verso Silente, che fece lo stesso con la sua e la portò alle labbra.
"Ma, tu, piuttosto, ti fermerai qui a lungo?". Sapevo che l'interesse di Silente aveva anche i suoi secondi scopi, ma purtroppo il mio lavoro mi riempie sempre... "No, purtroppo. Questo pomeriggio salirò in Diagon Alley, per passare da Olivander: devo lasciargli la mia sfera magica, perché non funziona. Sapessi i Babbani che mi chiamano continuamente. 'ecco! il computer non funziona da un mese!!!'. E io che maledico quell'affare: se funzionasse lo saprei almeno 29 giorni prima!", risi.
Silente sorrise: "Si, ho presente. Succede ogni tanto anche qui con i maghi, talvolta... a proposito: in questi giorni è rientrato dalle ferie Severus, e credo che abbia bisogno di qualcosa anche lui, perché mi pare che il suo computer tentando di navigare in internet avesse preso un forte schiantesimo."
"Ok, ora scendo in sala professori, altrimenti chiedo a qualche fantasma di indicarmi il suo ufficio. Grazie mille, Albus. Ecco. Magari potresti venire tu da me a Siracusa, in ufficio, a sostituirmi per un po' la sfera..."
Salutai il professor Silente e mi avviai lungo le stramaledette scale rotanti di Hogwarts fino a giungere al corridoio principale. Raggiunsi l'ufficio del professor Piton, la porta aperta, e lo vidi lì, in piedi dietro la scrivania e di fronte al computer, sudato e con i capelli spettinati, bacchetta magica in mano che lanciava per l'ennesima volta l'anti-schiantesimo 'Innerva', prima di mollare la bacchetta e battere un pugno sul tavolo; poi sollevò lo sguardo e mi vide sulla soglia della porta. Sorrise impercettibilmente.
Osservai con interesse la sua bacchetta magica; vecchia, ma non consunta, aveva tutto il fascino del legno antico. Io da quando ho lasciato le arti magiche per diventare sysadmin ho dovuto imparare la magia informatica con la sola imposizione delle mani... chissà che fine ha fatto la mia vecchia bacchetta di betulla (l'unica forgiata con l'artiglio di un orso grigio staccato da un mago per mezzo delle mani nude e senza l'uso della magia)?
"Ma guarda un po': il signor Grizzly. Come va? Era un po' di tempo che non ti facevi vedere qui."
"Buon giorno, Severus, il preside mi ha detto che forse hai qualche problema a navigare in internet."
"Sìììì, da quel che sembra, mi hanno schiantato internet explorer, ma non vuole prendere il mio contro-incantesimo."
Feci un versaccio: "Bleah! Tutti con windows in questa scuola, eh? Quanto impiegherete a capire che è paragonabile all'ottavo maleficio senza perdono? Tutti noi lo consideriamo alla stregua delle peggiori arti oscure. Ma questo e un problema di noi antichi SysAdm..."
Piton mi guardò di sottecchi: "Beh, magari ci vuoi insegnare un valido sistema di difesa contro questi attacchi informatici..."
"Sono sicuro che lo gradiresti, come ringraziamento per la tua lezione sull'orsacchiotto di peluche con cui tenere lontani gli spiriti maligni, gli incubi e i malefici?"
Mi interruppe: "Se fossi in te, non lo direi così forte..."
Lo interruppi a mia volta: "Non ti preoccupare: ci sarà certamente modo, vecchio mio. E comunque per difendersi dagli attacchi di windows occorre un'insieme di incantesimi nell'ordine dei firewall, degli antivirus, degli aggiornamenti... putroppo senza una giusta protezione definita sin dagli albori del primo tentativo di connessione ad internet, per difendersi non basterebbero una decina di lord Vo... ehm, Signori Oscuri ben pronti a tirare decine di anatemi mortali. Per ogni incantesimo tura-falla che si manda a Windows, subito si aprono almeno altre dieci falle piene zeppe di problemi e da quelle vengono immediatamente virus, worm, dialer, maledizioni, malefici, decine di incantesimi per l'emicrania maxuma nonché centinaia di schiantesimi.".
Presi posto davanti al suo PC. 'Provvisoria', annunciai evocando l'avviamento in modalità provvisoria di windows, poi invocai il registro di sistema con la parola magica 'Regedit', dal quale snidai una decina di "ospiti indesiderati". Infine annunciai 'Reboot' e mi azzardai di aprire internet explorer: la prima cosa che mi si piantò davanti fu il pop-up delle nudita di una Valkyria.
"Congratulazioni, Severus! Fatto faville in questi giorni, eh?"
"Ehm, no... io... credo di aver sbagliato a digitare un sito, poi gli amici, ehm..."
Era diventato paonazzo mentre scorrevo con estremo interesse la cronologia.
"Uhm: www.sexytrolls.com... si, vedo: incantesimi sessuali, pozioni, viagra, enlarge your penis, get the best sexual performance from your home-helf..."
Piton si era seduto ed avevo l'impressione che volesse infliggersi un incantesimo per sprofondare; gli ripulii il computer e poi gli annunciai: "Ok, per un po' reggerà, ma dovrà anche essere un tuo compito farlo durare. Ricordati le lezioni di cura delle creature informatiche magiche (Eventualmente prova a chiedere qualche consiglio al buon Hagrid), comunque ho lanciato l'incantesimo 'punto di ripristino', anche se è particolarmente instabile e richiede delle specialità non indifferenti. Vedremo quanto spazio ci darà. Ora vado: devo scendere dal tecnico della sfera di cristallo; arrivederci Severus: alla prossima e salutami gli studenti di quest'anno."
Sorrisi e mi defilai, quando all'improvviso un gigantesco barbagianni si avvicinò e mi si poggiò al braccio. Gli accarezzai la testa, chiedendogli cosa volesse...

Un rumore. Una voce.
Stanno chiamano il vicino di casa per andare a lavorare.
Ma che minch...?
Ma dove sono? A Cadine. A letto.
Che ore sono? Le 6:40... ah, già... uhm, mi sa che troppo Harry Potter e la cena di ieri sera hanno fatto un bel risultato.
Vabé sento cosa vuole il barbag... no aspetta: era un sogno... e allora che cazzo è 'sta roba calda e morbid...AH!
Buongiorno Philippe! Yaaaaawn, dormito bene?
Aspetta è ancora presto, continuiamo a dormire, va. A dopo... ronf, ronf.

sabato 11 ottobre 2008

Justyn

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Prologo – La sera del compleanno di Arthur
La sala era debolmente illuminata e lentamente quasi tutti se ne stavano andando via. Justyn era rimasto seduto su una poltrona a bordo sala. Giocherellava con una ciliegia rinchiusa in un cubetto di giaccio mezzo sciolto, che faceva capolino dal bicchiere di Martini ormai vuoto sul tavolino alla sua sinistra.
Era tranquillo, forse un po' ubriaco, ma tuttavia non disdegnava quella compagnia di amici: nessuno di loro si era mai azzardato a criticarlo per le sue scelte o per la sua bizzarria, e in un tempo in cui la diversità viene sempre vista di cattivo occhio, questo era importante.
Indossava un paio di jeans e degli sneakers bianchi e neri; dalla camicetta di taglio semplice ma elegante in trasparenza si poteva appena intravedere il reggiseno di pizzo bianco che richiamava l'attenzione sull'abbottonatura rovesciata della camicia. Justyn indossava abiti femminili, come era la sua normalità da un anno a questa parte, ma tuttavia si vestiva con buon gusto e senza portare all'esagerazione pose, trucco o fattezze. Era alto e snello, le ciglia appena rimarcate da una passata di mascara, un sottile strato di fard a rendere il suo volto di un colore uniforme, un rossetto scuro ma non eccessivo sottolineava le sue labbra sottili e naturali, e in tutto l'intorno non compariva il benché minimo filo di barba.

Il festeggiato, Arthur, chiudeva il sabato sera dei suoi primi quarant'anni anch'egli brillo ma non decisamente ubriaco. Felipe e Rose ringraziarono Arthur per la bella serata, e quindi si diressero alla loro auto verso nel cortile del piccolo ranch. Rose barcollava un po' in preda alla stanchezza, e a Felipe forse si leggeva in faccia la flebile delusione composta dall'aver trascorso il compleanno di Arthur con una sola birra ben striminzita. Ma il pensiero di percorrere all'una di notte la strada che dalle campagne di Brunkild giungeva a Lockport con una certa quantità di alcol in circolo aiutava di certo a non pensarci. La serata era stata di certo piacevole, bevande o meno.
Arthur salutò ancora i due amici, poi rientrò in casa con un brivido lamentandosi delle fresche serate estive in campagna, quindi si avvicinò alla poltrona dove Justyn stava andando avanti con la sua ciliegia.
-Ti va di bere qualcosa... di serio, prima di andare a dormire?
Justyn non poté fare a meno di notare l'esitazione dell'amico nel pronunciare quella frase, e intervenne senza battere ciglio: -Stavi per dire 'qualcosa da uomini', vero? Non credo che ci sia nulla di male a provare a fare qualcosa di diverso, per una sera. Che cosa proponi?
Justyn sorrise, e Arthur sorrise di rimando: -Ok, che ne dici di un whiskey con ghiaccio?
Si avvicinò dopo qualche istante portando due bicchieri pieni di ghiaccio e una bottiglia, li poggiò sul tavolino basso al centro fra il divano e la poltrona, e versò il liquido nel primo bicchiere, che porse all'amico; poi si versò il suo e entrambi rimasero a guardarsi negli occhi per pochi secondi. Justyn proruppe: -Auguri, Arthur. Ai tuoi quaranta!
-E all'amicizia. Quella degli amici veri, però.
I due si guardarono ancora, poi affrontarono il bicchiere bagnandosi appena le labbra. Cadde un po' di silenzio, poi fu Arthur che prese parola, all'inizio sembrava quasi che parlasse più con sé stesso che con l'amico.
-Quarant'anni. Già... metà della mia vita è passata così, in un soffio- schioccò le dita. -Eppure sento che manca qualcosa. Chissà se un giorno mi deciderò a mettere su famiglia. Le donne, chi le capisce le donne... io ne ho avute tante, ma non so se mi sento un brav'uomo: penso di essere una causa persa in partenza...
Justyn sorrise, poi abbassò gli occhi e scoppiò a ridere. Dopo qualche istante si riprese e spiegò: -Tu una causa persa? Io invece ti vedo benissimo come un eccellente padre di famiglia, e magari anche un eccellente marito. Un uomo di casa irreprensibile, un ottimo partito, altroché. Sei troppo pessimista secondo me, e comunque gli uomini cambiano, soprattutto quando di mezzo c'è la famiglia... fidati di me, che se sono cambiato lo devo anche ad Elyse.
-Uhm... ti va di essere schietto? Dimmi la verità: ti manca tua moglie?
-Sai, a volerla dire tutta non è che le cose andassero proprio per il meglio fra noi due, negli ultimi tempi...
Arthur lo interruppe: -Se non ti va di continuare, lasciamo stare, eh? Possiamo sempre parlare delle tue impressioni di questa serata, o del lavoro...
-No. Invece mi va eccome. Forse per me sta parlando l'alcol, ma non vedo nulla di male a tracciare una riga e tirare le somme della mia vita. Forse questa è la serata giusta per farlo.
Estrasse da una borsetta nera accanto alla poltrona un pacchetto di sigarette bianco, ne prese una sigaretta e l'accendino, poi offerse il pacchetto ad Arthur, che se ne tirò fuori una anche lui. Mentre nuvolette di fumo azzurrognolo si formavano davanti al volto di Justyn, questi continuò: -Dopo l'incidente molte cose sono cambiate. Io stesso sono cambiato, ma voglio essere sincero: io già stavo cambiando, stavano cambiando le cose fra di noi. Volevamo un bambino, e forse se ci fosse nato un figlio non sarei arrivato dove sono adesso. Forse. Tuttavia la vita è una strada piena di bivi, e non saprai mai dove ti porterà la strada che scegli di percorrere. Io adesso, a trentasette anni, mi sento in pace con me stesso, e con il mondo, anche. La mia esperienza l'ho fatta, magari non è stata un granché, ed ho dovuto vivere un dolore indicibile, ma tutto questo mi ha di sicuro aiutato a trovare lo spazio di cui avevo bisogno già da tempo.
-Ma ora, alla luce di tutto questo, ti faresti di nuovo una famiglia? Voglio dire, se trovassi qualcuna che...
Arthur si interruppe, ma Justyn lo riprese con quella gentilezza e quella naturalezza con cui portava, quasi per mano, le persone che gli stavano intorno: era difficilissimo fare una gaffe con lui, perché viveva questo fattore con una normalità lampante: -Non so se effettivamente ci siano donne che possano apprezzarmi per questo. O uomini: al momento, ovviamente, mi sento più attratto da persone del mio stesso sesso, ma come ti dicevo, io mi sento in pace con me stesso, in questo frangente. Sto vivendo una pausa di riflessione, dopo altri due o tre fidanzamenti con ragazzi molto speciali, ma ora ho bisogno di appunto di tirare le somme prima di continuare.
-Ma se scocca l'amore, tra due persone, non vedo perché ti debba lasciare limitare da questo...
-Non è così semplice. Sai: forse è il caso che ti racconti come tutto questo è cominciato, affinché tu possa farti delle idee ben precise. Non ne ho mai parlato diffusamente con nessuno, tuttavia perché non ho mai avuto dei veri amici che mi sapessero apprezzare per quello che faccio, piuttosto che per quello che sono.
Schiacciò la sigaretta nel posacenere del tavolino, riprese il bicchiere di whiskey e, dopo un sorso, cominciò a raccontare con l'aiuto della bevanda quella che era stata tutta la sua vita precedente.


Justyn: una scelta di vita
Justyn era figlio di un valente industriale, nato e cresciuto nell'immensa e caotica metropoli di Calgary, poteva avere tutto quello che desiderava, a tratti quasi come se fosse stato viziato.
Tuttavia non era stato proprio viziato, diciamo che il padre (dopo la morte precoce della madre) aveva fatto in modo che il suo unico figlio non dovesse sopportare le difficoltà non indifferenti della vita.
E Justyn si era trovato, poco più che trentenne, in quello che appariva come un sogno ad occhi aperti: una bella casa, una moglie amorevole, un lavoro dagli ottimi sbocchi e dagli ottimi guadagni, una laurea...
Lui ed Elyse si conoscevano sin da piccoli, erano sempre stati buoni amici e si erano sempre trovati bene insieme. Tuttavia come fossero finiti fidanzati e poi sposati, sembrava più il risultato di un solerte lavoro di due famiglie che cercassero contatti per una dote d'interesse, piuttosto che il risultato di un sentimento che era sbocciato nel fiore della giovinezza dei due ragazzi. Ma quell'incanto che sarebbe dovuto funzionare come una favola a lieto fine, ad analizzarlo meglio si dimostrava essere un percorso non poco accidentato.
Sebbene avessero seguito ben due grossi trasferimenti per lavoro, prima andando a finire a Regina, in affitto in un piccolo appartamento condominiale per due anni, poi sino a Brandon, dove finalmente Justyn aveva potuto comprare un piccolo villino con giardino, il posto ideale per crescere due figli, magari.
Ma entrambi si avvicinavano ad un crollo netto, e i motivi che portavano a questo lento ed inesorabile crollo erano molteplici, in parte legati a come cambia un'amicizia quando diventa convivenza, in parte a come lentamente i due non si sentivano più attratti fra di loro.
Era come se la scintilla che aveva fatto scaturire l'amore fra i due giovani, stesse lentamente spegnendosi, trascinando con sé tutto il sentimento che c'era stato.

Le prime avvisaglie di come le cose sembravano non andare come era stato previsto Justyn ed Elyse le vissero nel giorno del loro primo anniversario di nozze.
Nel tempo Justyn aveva ripensato spesso a quel giorno, chiedendosi se avere rimpianti: non aver voluto analizzare le difficoltà coniugali magari avrebbe potuto avere conseguenze ben diverse sulla vita di entrambi. Ma come la vita ci insegna, quando si sceglie una via bisogna percorrere la strada fino in fondo e non si può tornare indietro.
Quel giorno era un fresco venerdì di fine febbraio:Justyn voleva che fosse perfetto sotto ogni aspetto, sebbene l'anniversario cadesse non solo in un giorno lavorativo, ma soprattutto di pesante stress sul posto di lavoro per entrambi.
Quella mattina aveva portato ad Elyse la colazione a letto, e l'aveva svegliata con un bacio sulla fronte, ma dopo colazione già era chiaro che il lavoro e gli impegni li avrebbero tenuti separati per quasi tutto il resto della giornata, e bisognava cercare di trovare l'affiatamento per la cena.
La giornata era scorsa tranquillamente, un paio di telefonate fra di loro tanto per sentirsi e cercare di fare finta di essere ancora due piccioncini innamorati, poi finalmente alle 17 il ritorno a casa, il relax in giardino, la cenetta a lume di candela... tutto sembrava scorrere secondo un disegno perfetto e quando intorno a mezzanotte Elyse si dilungò sotto le lenzuola, lasciandosi avvolgere dall'abbraccio e dalle coccole di Justyn pareva che effettivamente tutto fosse andato per il verso giusto.
O stavano fingendo?
Elyse era eccitata, ma sentiva anch'ella che quell'incanto stava lentamente scemando e, dal canto suo, mentre Justyn la aiutava delicatamente a liberarsi dai vestiti, si sentiva assente come uno spettatore di fronte ad uno spettacolo televisivo.
Spensero la luce, Justyn la baciò appassionatamente; lei sentì la pressione del suo pene eretto ed indurito sotto le lenzuola, e gli si concesse per appagare il bisogno di sesso di entrambi. Il bisogno primordiale di trovare una qualche dimensione nel giorno del loro anniversario, dal quale rischiavano di uscire più lontani di prima fra di loro anziché più vicini.
Justyn si offrì più per donare una forma di felicità a lei che a sé stesso, e così andarono avanti per diversi minuti, in un'azione sessuale non eccessiva, ma che tuttavia rischiava di non volersi concludere: Elyse era riuscita a dimenticarsi per qualche momento dei loro contrasti, abbandonandosi alle emozioni e alle scariche ormonali che le facevano gradire lo scorrimento ritmico del pene di Justyn sulle pareti della sua vagina; stringeva i muscoli ed aveva cercato ed ottenuto un orgasmo basso, vaginale.
Justyn, invece, soverchiava la scarica di testosterone mantenendo la mente sul gelo che stava calando lentamente sul loro rapporto. Sentiva che la sua libido aveva alti e bassi, e che se fosse continuata così avrebbe rischiato di cadere del tutto, lasciando finire quel rapporto sessuale così, senza un perché, senza un orgasmo, senza un motivo apparente.
Ma sentiva e sapeva anche che se ciò fosse accaduto, sarebbe stato l'inizio di un crollo verticale forse ancora troppo prematuro.
Justyn cercò di aumentare la sua eccitazione facendo pensieri sexy, si costruì in testa l'immagine della moglie che si muoveva sul letto, nel buio. Questo lo aiutò tantissimo, e quindi ripensò ai momenti precedenti a quel rapporto, mentre l'aiutava a spogliarsi.
E successe.
Mentre pensava a sua moglie in quel frangente, la sua mente si soffermò sull'immagine delle sue mutandine, bianche con finiture nere di pizzo ed un fiocchetto nero con un cuoricino rosso al centro dell'elastico.
L'immagine che gli si formò successivamente in mente era non più della moglie, ma di sé stesso, con addosso quelle mutandine. Furono alcune frazioni di secondo: una frazione di secondo e pensava alle mutandine della moglie; la frazione di secondo successiva vedeva sé stesso, di fianco, con addosso quelle mutandine, e infine la frazione di secondo successiva cancellò l'immagine dalla mente chiedendosi come aveva potuto avere una fantasia del genere. Ma in quell'ultima frazione di secondo, oltre all'immagine scomparve la magia di quel momento, annunciata con una spinta brusca in avanti dentro la vagina della moglie che provocò un lieve dolore ad entrambi.
E l'immagine scomparve in uno dei più dolorosi, violenti ed improvvisi orgasmi che Justyn avesse mai sperimentato.
Continuarono a coccolarsi ancora qualche minuto, poi la moglie crollò e si abbandonò al sonno. Justyn, invece, rimase steso sul letto ad occhi aperti nel buio, rimuginando ancora per un po' su come mai nella sua testa, nella sua mente, si fosse formata così nitidamente un'immagine tanto insolita.

Seguì il sabato, durante il quale nulla di specifico successe, ma poi venne la domenica, e quella domenica Elyse voleva andare a trovare i suoi cugini, a Broadview. Poco meno di un paio di centinaia di chilometri di strada bene o male tranquilla e che non faceva da molto tempo, ma duecento chilometri da farsi da sola, dato che Justyn quella domenica mattina non si sentiva affatto bene.
Oppure stava benissimo, piuttosto, e non aveva nessuna intenzione di incontrare i figli di "zio Thomas" con cui non aveva affatto un buon rapporto. Forse il problema di Justyn era quello, ma di certo se avesse saputo che cosa sarebbe dovuto succedere quel giorno, forse avrebbe cambiato idea e sarebbe andato anche lui. O forse no: i cambiamenti nella vita sono necessari per tutti.
I cambiamenti.
Come quel ritardo di Elyse, sempre puntuale. E il fatto che, pur essendo partita alle 21, il cellulare non era raggiungibile.
I cambiamenti. Come quella telefonata dello sceriffo del distretto di polizia di Whitewood, a mezzanotte passata, per invitare Justyn a farsi anche lui quei bei duecento chilometri in piena notte.
Un cambiamento, magari uno solo: quello che Justyn si aspettava, rispetto allo stato di coma (irreversibile? che brutta parola!) di Elyse, sul letto della guardia medica di Whitewood, mentre il medico di turno cercava di procurare un elicottero per poter raggiungere in tempi accettabili il Victoria General di Winnipeg.
Cambiamento: come la routine del lavoro del lunedì sospeso, come rivedere padre, suoceri, cugini, amici, parenti.
Tutti a Winnipeg per due giorni.
Cambiamento, infine: quel cambiamento d'abito. Dismettere i panni di un assistente capo di laboratorio industriale, per prendere quella giacca nera e quella cravatta nera che sono nell'armadio pronte solo per le occasioni piu' particolari.
E dover dare l'ultimo saluto alla propria moglie pochissimi giorni dopo il primo anniversario di matrimonio.
Eppure il cambiamento, questo cambiamento, era necessario.

Nei giorni seguenti il vuoto lasciato da Elyse in casa di Justyn si faceva sentire e vedere praticamente in ogni angolo. Diversi amici, parenti e colleghi gli proposero una mano di aiuto a ripulire e riordinare la casa, ma Justyn rifiutò con educazione, e continuò a mantenere il mezzo armadio con gli abiti di Elyse in perfetto ordine, i due accappatoi identici con le iniziali ricamate dietro la porta del bagno, persino i due spazzolini da denti sul ripiano accanto al lavandino del bagno.
La prima settimana passò in un lampo. Ogni mattina Justyn si svegliava nel lettone e rimaneva in silenzio per alcuni minuti cercando di rendersi conto della mancanza della moglie.
Fu nel corso della seconda settimana che cominciò a ripensare più seriamente a come si sentiva. Non solo perché sentiva la mancanza della moglie, ma soprattutto perché sentiva che c'era qualche altro cambiamento che doveva avvenire.
Alla fine della seconda settimana, sabato, decise che forse era giunto il momento di trovare la forza per disfarsi dei ricordi di una moglie che non c'era più, e magari per rendersi nuovamente conto che tuttavia quella donna non c'era più da molto tempo prima, e che se in quel momento non si fosse trovata nel cimitero di famiglia, con le ultime tensioni vissute, probabilmente adesso si sarebbe comunque trovata lontana da casa.
Nel corso della mattinata Justyn si occupò del giardino, nel corso del pomeriggio invece raccolse gli abiti della moglie in alcuni scatoloni. Meccanicamente, ma senza rendersene veramente conto, lasciò il cassetto della biancheria intima per ultimo, e arrivò quindi ad aprirlo nel tardo pomeriggio mentre dalla finestra della camera da letto filtravano gli ultimi raggi del tramonto.
Si sentiva strano a maneggiare le mutandine e i reggiseni della moglie, a piegarli e infilarli nello scatolone che aspettava muto accanto al letto, ma poi accadde: nel cassetto apparvero nuovamente le mutandine con il fiocchetto nero e il cuoricino rosso. Rimase fermo, ad osservare il cassetto aperto, senza dire una parola, per diversi minuti.
Diversi minuti nei quali nella sua mente rigiravano immagini di Elyse nel giorno del loro anniversario. Immagini di Elyse che entrava nel letto con addosso solo quelle mutandine ed un reggiseno coordinato (li aveva comprati lei? O glieli aveva regalati Justyn). Immagini di Justyn con addosso quei due indumenti intimi.
Dopo qualche minuto Justyn si accorse, con molto disagio, di essere inginocchiato davanti al cassetto e in preda ad una erezione non indifferente. Cercò di togliersi dalla mente quell'immagine, e si trascinò in bagno dove cercò di rilassarsi respirando lentamente mentre la monumentale Jacuzzi si riempiva pigramente.
Si spogliò e rimase nudo per alcuni minuti a guardarsi allo specchio. Aveva gli addominali ben bilanciati senza essere scolpiti dalla palestra, le spalle larghe e robuste, i capelli corti e ben organizzati; si guardò persino ciglia e sopraciglia cercando di ignorare l'asta porta-bandiera che gli si era eretta fra le gambe.
Poi, senza neppure pensarci, con addosso l'accappatoio, ritornò in camera da letto e pescò dallo scatolone con gli abiti della moglie, uno dei costumi da bagno preferiti da Elyse. Un bikini che Justyn le aveva regalato quando erano ancora fidanzati. Un bikini azzurro con striscette nere, semplice ma elegante, e che avevano scelto assieme.
Tornando in bagno, decise di togliersi il dubbio di quelle immagini che gli tornavano costantemente in testa, e toltosi l'accappatoio, Justyn indossò la parte superiore del costume da bagno sul torace, si allacciò le bretelline dietro il collo e si agganciò sulla schiena la cinghietta posteriore, poi si osservò allo specchio, non solo riconoscendo che quel costume fosse proprio grazioso, ma anche che gli stava bene addosso.
Justyn si sentì... carino.
E si sentiva carino nonostante il suo pene avesse raggiunto una dimensione non indifferente e cominciasse quasi a fare male. E si sentiva così carino che provò ad infilarsi anche lo slip di quel costume.
Ma non appena si piegò in avanti e fece per tirarselo su, si superò le ginocchia e giunse l'orgasmo.
Giunse un orgasmo violento, doloroso, che lo riportò con cruenza alla solida realtà. Alla realtà dello sperma che si era spruzzato sulla faccia, una goccia bianca che scendeva lentamente lungo lo specchio, alcune macchie sul pavimento, e soprattutto alla realtà di un uomo in ginocchio nel bagno che si guardava con addosso un costume da bagno femminile.
Rimase ammutolito, quasi spaventato.
Poi si tolse rapidamente il costume e si infilò nella vasca sfregandosi e spazzolandosi per bene, perché si sentiva sporco. Sporco fuori, ma soprattutto sporco dentro per quello che aveva fatto. Ma per quanto spazzolasse, per quanto cercasse di togliersi di dosso quella sensazione di sporcizia, in realtà c'era una cosa che non se ne voleva comunque andare via dalla sua testa. Non tanto l'immagine ancora fresca che aveva visto allo specchio di sé stesso con il pezzo superiore del bikini della moglie. Non tanto i due triangolini azzurri e neri che si stendevano a coprire timidamente due capezzoli senza seno intorno. No: non era quell'immagine d'insieme, ma un fatto. Il fatto che Justyn si fosse sentito carino. Veramente carino.
Si vergognava di sé stesso e con sé stesso, ma tuttavia non se la sentiva di criticarsi. Era come se si fosse diviso in due persone diverse: una razionale che non voleva pensare a cosa era successo, ed una irrazionale che invece si era trovato carino, si trovava carino, si era eccitato tantissimo e si voleva eccitare ancora, voleva ripetere ancora l'esperienza.
Justyn ripulì il bagno, e preso da buone intenzioni infilò il costume da bagno, rimasto gettato in un angolo, nella cesta della biancheria sporca. La sera successiva, sotto la doccia ripensò all'esperienza del giorno prima, ma a quel punto la parte irrazionale di sé ottenne il sopravvento.
Svuotò gli scatoloni con gli abiti della moglie e rimise tutto quanto fra gli armadi e i cassetti. E la sera dopo, di nuovo nudo davanti allo specchio mentre la Jacuzzi si riempiva, affrontò a cuor più contento (e pene ancor più eretto) un altro bikini rosso trovato nel cassetto della biancheria. Stavolta riuscì ad infilarsi entrambi i pezzi: mentre si guardava allo specchio (cercando di ignorare il suo pene ingigantito che tirava con forza il triangolino rosso di slip che gli copriva il pube) si sentiva ancora più carino. Tuttavia non appena mise piede dentro la vasca da bagno, lo slip si bagnò copiosamente, e non di acqua.
Le forti sensazioni dell'orgasmo avevano pigramente risvegliato la sua parte razionale e rimase per un minuto buono in piedi, dentro la Jacuzzi, poi si tolse il costume e fece il bagno ancora con la sensazione di sentirsi sporco dentro, ma senza spazzolarsi fuoriosamente come aveva già fatto. Ma quella sera fu anche quella dell'ultima fugace apparizione della sua parte razionale: ogni sera in cui poteva sostituire alla doccia un bagno rinfrancante con l'idromassaggio, lo stesso avveniva non prima di essersi infilato un costume da bagno della moglie.
E le abitudini non si fermavano qui. Cominciò a fare una cernita fra i vestiti della moglie, ed ogni domenica in cui era solo in casa dopo essersi lavato restava tutto il giorno a fare ogni genere di attività domestica indossando abiti femminili. Nel giro di non più di tre settimane, grazie all'abitudine e - soprattutto - alla mancanza della sua parte "razionale" cominciò ad abituarsi a questo "gioco", e finalmente questo suo indossare abiti femminili non veniva interrotto o doveva finire necessariamente con un orgasmo più o meno spontaneo. Tuttavia fu anche il periodo in cui riprese a masturbarsi, usando fantasie o immagini di sé stesso in abiti femminili.
Trascorsero quattro mesi dalla morte della moglie, e la situazione si stabilizzò, ma prese anche quella forma che aveva avuto nel tempo: cominciò a comprare abiti da donna, ad uscire per andare magari a prendere qualcosa da bere, vestito da donna.
Justyn all'inizio aveva una certa diffidenza per la sua città, e quindi si allontanava in macchina raggiungendo altri posti, ma poi superò anche questa diffidenza. Tuttavia suo padre accolse male la sua dichiarata omosessualità, e cercò di costringerlo a una terapia psicologica dando la colpa di questa "devianza" alla perdita precoce della moglie. Ma Justyn rifiutò decisamente: c'erano stati alti e bassi fra lei ed Elyse, ed ormai aveva capito che quelle incomprensioni, quel senso di vuoto che c'era fra di loro era dovuto proprio a questo lato della sua vita che cercava di uscire dal suo corpo ed esprimersi liberamente.
Sul lavoro presero la notizia con più filosofia, anche se alla fine Justyn decise di allontanarsi da Brandon e trasferirsi definitivamente a Brunkild, una ventina di miglia fuori Winnipeg, dove (grazie comunque ad una raccomandazione offerta dal padre) trovò posto come magazziniere presso un centro commerciale, e poté comprare un piccolo ranch dopo aver venduto la casa di Brandon.
Frequentava sempre bar per gay, ed ebbe nel tempo qualche fugace avventura con altri uomini, sebbene deciso poi a prendere una specie di "pausa di riflessione" si era ritirato circondandosi di buoni amici che non gli facessero pesare la sua condizione. Si vestiva con molto buon gusto, perché l'immagine di molti omosessuali che avevano il suo vezzo ma usavano uno stile terrificante lo inquietavano: Justyn si sentiva carino indossando abiti femminili, ma allo stesso modo infilandosi tacchi a spillo, calze a rete, minigonna microscopica con perizoma leopardato e camicetta trasparente era sicuro che si sarebbe sentito più vicino alla figura di una prostituta di bassa lega. Sul lavoro indossava l'uniforme generica, ma nessuno trovava da ridire per il suo trucco appena accennato o, come talvolta si notava, per il reggiseno che appariva appena in trasparenza sotto la camicia. E comunque i colleghi erano pressoché tutti amichevoli e gentili, per cui conservava un buon rapporto di amicizia con tutti.
L'integrazione con una società a tratti bigotta era stata certamente non facile (e che dire di quelle volte che qualche collega che gli aveva detto di venirli a trovare "magari porta anche la tua fidanzata", la cui faccia era impagabile alla risposta "tuttalpiù il mio fidanzato, se non ti da problemi..."), ma Justyn viveva bene con sé stesso, e con questa sua condizione.


Epilogo
Il racconto di Justyn era andato avanti lentamente, ed era passata quasi un'altra ora mentre lui ed Arthur era rimasti seduti sul divano toccando appena il bicchierino o fumandosi di tanto in tanto una sigaretta. Arthur era rimasto molto impressionato, ma non dava a vederlo.
-E questo è tutto, mio buon amico. Ora direi che sono abbastanza stanco ed ubriaco, ma dovrei essere in grado di trascinarmi fino alla mia casa qui di fronte senza rischiare di addormentarmi in mezzo al giardino. Tu che ne dici?
Arthur rise, nervosamente. -La tua è una storia complicata, anzi, una vita complicata.
-Diciamo che è la vita che mi sono scelto. E che mi va bene così. La mia pausa di riflessione sta finendo, o almeno sento che sta finendo, e penso che fra qualche mese potrei tentare di nuovo di mettermi con qualcuno. È una fortuna fidanzarsi con un omosessuale: di solito è molto difficile che cerchi di pugnalarti alle spalle.
Arthur si alzò: -Parole sante, caro Justyn... parole sante.
Accompagnò Justyn alla porta, e rimase lì a guardarlo mentre attraversava la strada e superava il cancello della sua proprietà, poi respirò a fondo la frizzante brezza notturna.