venerdì 27 marzo 2009

Mattinata del tecnico

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La mattina entro in laboratorio. Dopo qualche minuto ricevo una telefonata.
Ma vediamo come comincia la mattina e come finisce la telefonata.
Passo dopo passo, però.
  • Mi sveglio. Mi stiracchio, guardo la proiezione dell'ora sul tetto. Se sono già le sei o mancano pochi minuti, è il momento di alzarsi, se ancora siamo più prossimi alle cinque rimango un altro po' a letto, impegnato a coccolare l'orsacchiotto che ho sotto il braccio;
  • Una volta alzato vado in bagno, e mi occupo di varie funzioni, ivi compreso una doccia ed uno shampoo [ora che porto di nuovo i (pochi) capelli, serve];
  • Ritorno in camera da letto, finisco di asciugarmi e comincio a vestirmi: ultimo passaggio sono durante la settimana le scarpe anti-infortunistiche che uso per il lavoro;
  • Accendo il computer, mi collego ad internet, leggo la posta, curo il Blog, leggo i newsgroup, piccola manutenzione della macchina, poi si fanno le sette ed è il momento di andare;
  • Esco, salgo in macchina, ascolto un po' la radio e mi dirigo al bar ove ogni mattina faccio colazione con un ottimo cornetto al miele ed un caffè ristretto. Lì leggo un po' il giornale, poi fumo una sigaretta e infine mi dirigo nello studio di miei amici ascensoristi, ove comincio un po' di manutenzione minimale della loro rete e poi leggo i giornali on-line;
  • Intorno alle 8:30, quando è "svaporata" un po' di confusione che si genera nella zona perché c'è una scuola elementare cui tutti i genitori devono portare contemporaneamente i bambini in SUV davanti alla porta, riprendo l'auto per dirigermi verso casa;
  • Lascio l'auto in cortile, esco dal cancello e mi dirigo in ufficio;
  • Apro l'ufficio: stacco l'antifurto, apro la serranda, apro la porta;
  • Entro in ufficio, salgo in laboratorio e lascio la giacca o il gilet e indosso il camice da lavoro, poi scendo e mi occupo di un po' di pulizia spicciola;
  • Alle nove accendo il cellulare aziendale, indi se ho delle macchine che mi aspettano sul bancone del laboratorio le accendo, altrimenti mi occupo della gestione delle mie macchine in dmz, e di solito lo faccio dall'ufficio;
  • Dopo qualche minuto suona il telefono o il cellulare, a scelta. La mia risposta è formale ed automatica: "BBS buongiorno, sono Grizzly, la posso aiutare?";
Da quello che avete potuto leggere, in nessuno di questi punti ho mai posto un istante nel quale mi dedico alla lettura delle informazioni sulla sfera magica.
Ora, mi spiegate perché nonostante ciò, c'è ancora un sacco di gente che alla mia domanda al telefono ha sempre l'ardire di rispondermi:

CL: "Insomma: è un mese che il computer non funziona!"

No, dico: me lo spiegate?
MA CAZZO! CHIAMARMI UN MESE PRIMA NO, EH? DEVO SAPERLO IO CHE IL VOSTRO COMPUTER NON FUNZIONA???

martedì 17 marzo 2009

Chi sceglie il controllore?

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Monaco di Baviera, Germania, gennaio 1998.
A Monaco i trasporti pubblici sono a dir poco eccezionali, specie dato il traffico non poco caotico del centro città ed il fatto che al contrario che in Italia (purtroppo...) le multe ad esempio per divieto di sosta sono pressoché implacabili.
I trasporti integrati [autobus, tram, U-Bahn (metropolitana "sotterranea") e S-Bahn (metropolitana "di superficie") sono tutti gestiti direttamente dalla compagnia ferroviaria "Deutsche Bahn".
Monaco è una città molto ampia, suddivisa in "quartieri" che dispongono ognuno dei suoi uffici periferici, del suo borgomastro e via discorrendo. Il trasporto pubblico integrato fa uso di biglietti particolari, che dispongono di piu' aree per la timbratura: infatti a seconda del numero di quartieri che devono essere superati con il mezzo pubblico è necessario timbrare una o due tacche del biglietto.
Data la confusione sull'argomento, e la mia poca dimestichezza con la lingua tedesca [la frase più utile che ho imparato in tedesco è "sprechen sie englisch?" (ossia "parla inglese?")], dietro consiglio della persona che mi ha ospitato, ho preso una "Grüne Karte" [la "carta verde", un abbonamento mensile che vale su tutti i mezzi pubblici cittadini senza limite di spazio, tempo o aree urbane ed è attivo dalle sei di mattina alla mezzanotte (con possibilità comunque di concludere la corsa iniziata a quell'ora)].
Al contrario del biglietto, la carta verde non va timbrata a bordo dei mezzi e va solo esibita al personale di controllo (ad esempio nelle stazioni U-Bahn c'è il varco per i possessori di carta verde: la si mostra all'impiegato mentre si passa); nonostante la sua grande comodità, il costo non indifferente della stessa (all'epoca 89 marchi, circa una quarantina di euro) rispetto al costo dei biglietti comuni fa sì che solo particolari pendolari ne facciano uso.
Dato che a Monaco mi spostavo spessissimo con i mezzi pubblici (soprattutto per andare da Gräfelfing, dove ero ospitato, al centro città); una sera, dopo una cena al volo in un ristorante italiano, presi la S-Bahn fino a Planegg, e poi alla stazione mi misi ad aspettare l'autobus che sarebbe arrivato, appunto, a Gräfelfing. Saranno state le 22 circa. Arriva il mezzo. Salgo. Ci sono una decina di persone. L'autista non mi guarda nemmeno mentre faccio un cenno verso il taschino della camicia per prendere la carta verde, ma l'autista si limita a chiudere le porte e riparte; mi aspettano altri dieci-quindici minuti prima di arrivare a casa, e sono stanchissimo, per cui mi limito a sedermi. In quella si avvicina una signora abbastanza anziana (direi oltre la settantina) con uno scialle sulle spalle, un sacchetto della spesa sgualcito in mano e una faccia dolcissima (da nonnina delle favole) incorniciata da un ciuffo di capelli argentanti.
Mi guarda, sorride e mi abbaia qualcosa di incomprensibile in tedesco stretto. Dato che l'autobus è pressoché deserto e sono relativamente sicuro che non voglia il posto, balbetto con poca convinzione: "Entschuldigung: ich nicht sprechen deutsch..." ("scusi: non parlo tedesco").
Mi guarda con un sorriso a 32 capsule (-: poi sprofonda la mano nel sacchetto e...

... ESTRAE UN TESSERINO DELLA DEUTSCHE BAHN dicendomi, con una pronuncia inglese a dir poco inoppugnabile: "may i see your ticket sir, please?"

era il controllore!

Io: "Ah, sure! I've got a green card, ma'am"
e prendo dal taschino la carta. Molto rinfrancata, si siede accanto a me e discutiamo un po' (in inglese). Mi dice di essere un'insegnante di inglese in pensione (e mi pareva!) che svolge questa attività come lavoro socialmente utile, tanto per arrotondare un po'. Parliamo dell'Italia per qualche minuto, mi dice che è la prima volta che incontra un italiano che parla inglese così bene [guuuu! (-: ] e poi ci salutiamo quando arrivo alla mia fermata.

... Che posso dire? Semplicemente PAZZESCO! (((((-:

sabato 14 marzo 2009

Chi controlla il controllore?

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Trento. Estate. Qualche anno fa.
A Trento i mezzi pubblici funzionano. Molto bene. Ci sono i parcheggi di scambio fuori città con gli autobus che passano continuamente. Ci sono i controlli per i biglietti. Molti controlli, e poche multe perché tutti pagano il biglietto.
Il biglietto integrato costava 90 centesimi e valeva 90 minuti. Poi, se uno deve spostarsi spesso coi mezzi pubblici, a 4 euro c'è anche il biglietto giornaliero.
Comincio la mia mattina in giro per luoghi vari. Alle 9 e qualcosa timbro il mio bel biglietto giornaliero e comincio a spostarmi per la città con il biglietto già obliterato (si oblitera solo la prima volta, e vale fino alla mezzanotte sulla tratta urbana, fino alle due di notte su quelle pendolari extraurbane.
Mezzogiorno. Prendo l'autobus per giungere alla stazione delle autocorriere e prendere la navetta verso il parcheggio di scambio. Devo fare un po' di strada perché sono relativamente decentrato. Sale il controllore. Sembra uno con la luna storta, ma non ci faccio caso. Sull'autobus ci sono una decina di persone.
Chiede i biglietti a tutti. Infilo la mano in tasca, prendo il biglietto giornaliero (quelli normali sono azzurri, quello giornaliero è identico ma color porpora) e glielo passo. Lo prende in mano, guarda la timbratura e mi dice solo un laconino: "no" guardandomi storto.
Io: "Eh? Come no? Ma se è un..."
Lui: "(interrompendomi) Ehi, furbetto: hai timbrato alle nove, ormai è scaduto!" e STRAPPA IN DUE IL BIGLIETTO.
Lo guardo.
Lui: "Documenti!"
Io: "... ha appena strappato un biglietto *giornaliero*, CRETINO!"
Mi guarda. Strabuzza gli occhi. Osserva i due pezzi di biglietto che ha ancora in mano. Impallidisce.
Lui: "Ah, scusami, io... veramente... l'orario"
Io: "(lo interrompo) Anzitutto mi dia del lei. Alla prima edicola vi fermate, e lei mi ricompra un bel biglietto giornaliero, lo timbra lei stesso e me lo da, perché ho ancora da girare in autobus oggi."
Lui: "Ma no... ma le firmo il biglietto, ma faccio una dichiarazione, ma eventualmente configuro gli antani con la supercazzora prematurata e confermo lo scappellamento quadratico con piega verso sinistra..."
Io: "Accanto alla prossima fermata c'è una tabaccheria, si muova!"
L'autobus si ferma. L'autista è diviso fra il prendere le difese del collega e ridere, e per ora propende alla seconda ipotesi soffocando risate chiaramente percettibili. Il tizio scende, ritorna dopo 30 secondi con un biglietto giornaliero in mano, mi guarda un po' stravolto, lo oblitera e me lo riconsegna. Fa per scendere dall'autobus.
Io: "Scusi!"
Lui: "Sì?"
Io: "Se non le dispiace, vorrei vedere il suo tesserino: dovrei segnarmi nome e numero di matricola"
Lui: "(diventa sardonico) E se io non avessi intenzione di darglieli?"
Io: "(metto la mano sinistra avanti, con la destra prendo il cellulare) Che problema c'è? Chiamo subito i carabinieri e vediamo se la possono arrestare direttamente per interruzione di pubblico servizio..."
Lui: "No, no... va bene, va bene..." ed estrae dalla tasca della giacca il tesserino, montato in un portatessera da agganciare al taschino. Poso il telefonino e prendo la penna, scrivo due appunti sul retro di un biglietto da visita, glielo porgo indietro e gli indico la mollettina del portatessera.
Io: "Questo, per la cronaca, è fatto per essere messo a vista, non tenuto in tasca."
Si aggancia il tesserino alla giacca, scende dall'autobus e fa un segno fra lo stizzito e il liberatorio in direzione dell'autista, che chiude le porte e riparte.
Io: "Ma roba da matti..."
L'autista mi fa: "Non gli faccia passare dei guai, che di certo non l'ha fatto apposta"
Io: "Tu non strappi il biglietto valido di un utente, perché non è per quello che ti pagano uno stipendio"

Mah. Mi ricorda una battuta di Beppe Grillo: siamo un popolo di approfittatori, di furbi. L'altro giorno a Roma sono salito sull'autobus. Da bravo cittadino ho timbrato il mio biglietto: DLIN/DLON. L'autista ha tirato una frenata: "CHE CA$$O E' STATO QUEL RUMORE???"