giovedì 18 marzo 2010

L'ipocrisia delle piccole cose

Quando ho scelto di percorrere la strada del volontario di protezione civile. Proprio all'inizio, dico, quando avevo quindici-sedici anni e un baracchino CB, con la concessione a me per mezzo di mia madre dato che ero minorenne. Quel periodo lì, il 1991/1992.
Mi riferisco a quel periodo lì. Quando conobbi prima "il primo dei B." quale presidente dell'associazione FIR-CB che poi passò sotto l'egida di FT1.
Proprio allora. Avete presente? Quando Siracusa era fresca di terremoto, e ancora in giro si vedevano i container dei terremotati.
Parlo di quel periodo lì. Ma forse prima ancora, parlo di quando ho intrapreso la strada dello scoutismo, cercando di intraprendere una via. Ma se dovessi parlare di quello, dovrei tornare indietro sin dai miei nove-dieci anni, quando il Siracusa Secondo aveva sede in via dell'Olimpiade. Dovrei parlare della meta' degli anni '80, quando forse lo scoutismo cominciava ad essere "di moda", ma soprattutto quel periodo in cui gli scout avevano abbondantemente dimostrato di funzionare molto meglio di altri sistemi di soccorso sul territorio, quando stavano facendo vedere a tutto il mondo che forse quel pittoresco baronetto, dopotutto, aveva visto giusto.
Ma sto divagando. Dicevo: quando ho scelto di percorrere la strada del volontario di protezione civile.
In quel momento storico che è fissato, con un bel chiodo, in mezzo alla mia vita, sono cambiate alcune cose.
Mi sono preparato con il cuore e con il fisico ad alzarmi le maniche, e a mettermi a disposizione degli altri non per un tornaconto, ma per una soddisfazione personale. La soddisfazione di aver fatto del mio meglio per lasciare ai miei successori un mondo migliore, anche solo in un puntino. D'altronde ogni lungo viaggio comincia sempre con un singolo passo.
Ora. Quando ho fatto la scelta di percorrere quella strada, l'ho fatto anche ma non solo per lo spirito del mio animo, forse nobile, forse legato piuttosto al bisogno di non trincerarmi dietro l'ipocrisia di chi si commuove davanti alle immagini del telegiornale e poi si gira dall'altra parte a fumarsi una sigaretta come se niente fosse.
Eppure i motivi che spingono le persone a diventare volontari di protezione civile sono i più disparati, e io non sono nessuno per dire se i loro motivi siano migliori o peggiori dei miei, anzi, al contrario a guardare bene non sono neppure sicuro che i miei motivi per fare quello che faccio siano effettivamente validi. Mentre ero in Abruzzo a lavorare per il campo mi ha chiamato qualche cliente. Sapere che ero nell'Aquilano a movimentare un magazzino alimentare e ripulire una cucina da campo ha fatto cambiare idea su di me a moltissime persone. Ma io non l'ho fatto perché Tizio o Caio si facessero qualche idea più o meno errata su di me.
Io da quando ho fatto la scelta di diventare un volontario di protezione civile, da quando ho scelto di entrare in un'associazione e rendermi utile nei confronti degli altri, fosse anche non per fare la "protezione civile" in sé stessa, ma magari solo per rendere la mia opera nei confronti di un'associazione, l'ho fatto per portare la mia opera agli altri, non per portare notorietà e/o pubblicità a me o a chi mi stava intorno.
Il lavoro è una cosa, il volontariato un'altra, e le due cose non devono miscelarsi.
Per questo nel passato ho avuto accesi dibattiti con le due associazioni che ho frequentato, e per questo ho abbandonato nel passato la strada della protezione civile: il passaggio da aiuto a ipocrisia purtroppo in questi frangenti è breve, specie in questa regione dove sembra che tutti siano abituati a fare le cose, come si suol dire, "a sugo di mafia".
Pensavo che le cose fossero cambiate. Pensavo sinceramente che le idee portate in comune con tutti funzionassero sul serio. Ma di nuovo, per l'ennesima volta, mi sono dovuto ricredere. Di nuovo io devo vedere i miei sogni più importanti sulla solidarietà che si scontrano con il bisogno di protagonismo di pochi. Di nuovo scopro l'ipocrisia che già conoscevo: quella di chi in assemblea ci insegna a rispettare i grandi valori quali scuola, lavoro, famiglia, e che poi quando c'è da tirare le somme non ha remore a criticarmi perché sto mettendo il mio lavoro o la mia famiglia davanti all'associazione.
Di nuovo l'ipocrisia di chi ha bisogno della collaborazione di tanti volontari solo per poter fare bella figura con l'organizzazione, a scapito della figura quantomai barbina con i volontari. Di chi sa solo comandare e, messo di fronte a qualcuno che sa ANCHE ragionare con la sua testa, cerca di sottometterlo lo stesso: una testa in grado di ragionare potrebbe anche far aprire gli occhi e far vedere quanto schifo si sta creando.
Perché questo è rimasto: lo schifo. Mi sento schifato. Mi passa la voglia di essere un volontario. Ma seguirò il consiglio del mio collega Maurizio: continuerò a fare la protezione civile, continuerò a fare il volontario per aiutare chi sta soffrendo, ma sarà molto difficile che io faccia altro, perché di fronte a persone che hanno tanto bisogno di aiuto, ci sono persone che avrebbero solo bisogno di una ripassata di papagni a due a due finché fanno dispari, e io sono una persona di indole particolarmente non-violenta. L'unico dispiacere che mi resta nel cuore è che non so quanti nella mia stessa situazione avrebbero il coraggio di continuare, anziché mandare affanculo chi se lo merita per chiudere l'esperienza per restare solo con il proverbiale pugno di mosche in mano. Continuerò, perché prima di tutto sono uno scout, e fedele alle parole di B.-P. voglio poter cambiare nel mondo quella virgola che magari sarà il punto da cui i miei figli, e i figli dei miei figli, potranno continuare verso la strada del miglioramento del mondo.
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AGGIORNAMENTO - 1 giugno 2010 - E se pensate che l'ipocrisia sia poca, leggete anche questo!

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