venerdì 10 aprile 2009

Il senso dell'ipocrisia nella beneficenza

Quando è partita la prima squadra, lunedì sera, con il camion cucina, con l'autobotte per il servizio antincendio (ma in questo caso utile perché può trasportare 6500 litri di acqua potabile), il gruppo elettrogeno e la prima squadra logistica con un camion di attrezzatura e un bel po' di gente...
... sì, proprio quella sera, poco prima che l'autocolonna partisse, per viaggiare tutta la notte in un tour-de-force di proporzioni bibliche: quella sera: lunedì 6.
Quella sera c'erano un paio di persone del Dipartimento Regionale di Protezione Civile, con noi. C'erano e discutevano con il coordinatore, il quale fece notare l'uso di un furgone prestato da un amico per portare attrezzature: "perché noi non abbiamo molto, come attrezzature specifiche ci manca parecchia roba, ma stiamo partendo lo stesso. E non partiamo perché ce lo ha chiesto la Regione, perché a noi della Regione, per dirlo chiaramente, non ce ne fotte un cazzo: noi partiamo per la povera gente che è rimasta senza nulla!"
Perché lo spirito che mi muove, che ci muove tutti, che ci ha fatto dare le nostre disponibilità, alla fine, è quello: quello di aiutare la gente che ha bisogno. Ma non è solo il nostro fine, è anche quello della gente che viene, che si fa sentire, che cerca di dare il suo contributo.
Vedo cose che voi umani non potete neppure immaginare.
Vedo il capo della protezione civile Guido Bertolaso che invita la gente a non raccogliere generi alimentari o di conforto, mentre contemporaneamente parliamo con il coordinatore a Tornimparte che ci dice, senza mezzi termini: "Brioche e biscotti mandatemene a valanga: qua la mattina a dover dare ai bambini, col latte, quattro biscotti di numero mi casca la faccia per terra..."
(NON MANDATE CIBO, COMUNQUE! Contattate le associazioni di Protezione Civile della vostra città che abbiano squadre logistiche sul luogo, e chiedete loro come potete aiutarli: qui a Siracusa sono in molti che hanno raccolto anche dei fondi, ma abbiamo chiesto loro di non darci soldi, che lì servono a poco, ma piuttosto di usare quei soldi per comprarci direttamente infrastrutture e materiali: pannolini, prodotti per celiaci, cibo a lunga conservazione et cetera)
Ma vedo anche gente che mi viene in associazione e chiede: "Ma noi vorremo spedire degli abiti in Abruzzo"
Il mio collega, giustamente, fa notare: "Guardi, noi facciamo solo cucina, se volete lasciare degli abiti, portateli alla Caritas..."
E lì mi arriva la domanda, quella per la quale esco dalla stanza e mi accendo una sigaretta per non pensarci: "Ma se li portiamo alla Caritas, poi li spediscono in Abruzzo?"
No. Li rivendono.
Ma porca puttana! Ma pensate che siccome c'è stato il terremoto in Abruzzo, non esistono più gli altri poveri? La gente in Abruzzo ha bisogno di vestiti, di mangiare... e per strada non ci sono più pensionati con 350 euro al mese che non arrivano non già alla fine del mese, ma manco alla metà del mese!
Ma che cazzo è? Facciamo le guerre di religione a chi è più povero??
Che schifo.
La beneficenza si fa indipendentemente da un fatto che scuota le coscienze, e non si fa in una sola direzione!
Che dire dei volontari di Cosenza che non sono partiti per l'Abruzzo e hanno cercato quel bambino per tutto il giorno e tutta la notte? Quelli sono forse scemi?

1 commenti:

Francesco ha detto...

Mamma mia quanto e' vero ...